CONTO CORRENTE E CONTRATTI DI BANCA E BORSA

Conto corrente bancario

In forza dell'art. 1852 c.c., qualora il deposito, l'apertura di credito o altre operazioni bancarie siano regolati con il sistema del conto corrente, il corren­tista può disporre in qualsiasi momen­to delle somme risultanti a suo credito, salva l'osservanza del termine di preavviso, che, si badi, spetta soltanto se sia stato espressamente pattuito e che di solito è convenuto solo per pre­levamenti di notevole importo, anche tenuto presente il volume di affari del cliente.

Per l'art. 1855 c.c., se l'operazione regolata in conto corrente è a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recedere dal contratto con il preavviso di quindici giorni o con quello diversa­mente previsto nel contratto, il che di regola avviene. Sul sistema del conto corrente possono innestarsi, per accor­do fra le parti, numerose e svariate previsioni di incarichi, della esecuzio­ne dei quali la banca risponde come ogni mandatario.

Il Tribunale di Napoli, 26 settembre 1972, in Foro i'ad., 1973, I, 74, nota che in questo contratto gli interessi devono essere pattuiti per iscritto, ma è anche valida la formula predisposta dagli istituti bancari secondo cui gli interessi sono reciprocamente dovuti alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito della piazza. La Cassazione, 23 giugno 1972, n. 2089, in Rep. Gen. Giur. it., 1972, I, 839, l, precisa che con questo contrat­to la banca, a condizione della esisten­za presso di sé di una disponibilità attuale a favore del cliente (il che può avvenire per effetto di un deposito, come di una apertura di credito, di una anticipazione o di altro dei numerosi contratti praticamente esistenti nel sistema bancario), si obbliga a prestare il servizio consistente nel provvedere, per conto e ordine del correntista, anche a pagamenti e riscossioni del più svariato genere, in nome delle esi­genze di rapidità e praticità specifiche di simili operazioni.

Le parti si tengono aggiornate del dare e dell'avere, per capitali e interessi sia attivi che passivi, mediante estratti conto periodici e a fine anno, la natura dei quali, come osserva la Cassazione, 24 marzo 1972, n. 909, in Mass. Giur. it., 1972, 334, è impostata sulla regola che deve trattarsi di un documento che, rispettando le esigenze contabili interne dell'istituto, in ogni modo rispecchi fedelmente la storia della situazione economica esistente fra le parti, segnando i vari passaggi e i sin­goli atti economici perfezionati. L'approvazione del conto impegna rispettivamente le parti.

Cassette di sicurezza

Con il contratto di cassette la banca assume l'obbligo di destinare al clien­te, detto "cassettista", uno o più conte­nitori metallici, posti in ambiente corazzato, affinché vi deponga e faccia custodire quanto desidera preservare e conservare, sia in denaro, che titoli, gioielli o documenti. L'istituto, come precisa l'art. 1839 c.c., risponde verso l'utente per la idoneità, la sicurezza e la custodia dei locali e per la integrità della cassetta, con la sola esclusione del caso fortuito. Il cassettista corri­sponde alla banca il compenso pattuito nei modi e termini di contratto. Di regola il contratto si intende a tempo determinato, salvo rinnovo. Quando il contratto è scaduto, se il cliente, adeguatamente preavvisato, non provvede o al rinnovo o all'aper­tura della cassetta, dopo sei mesi dal­l'avvertimento la banca può chiedere al pretore di essere autorizzata all'a­pertura, in presenza di un notaio desi­gnato dal magistrato e con le cautele dal medesimo stabilite. II pretore può anche dare le disposizioni per la custo­dia degli oggetti rinvenuti, scrupolosa­mente elencati e descritti nel verbale di apertura, e anche consentire la ven­dita degli stessi nei limiti necessari a soddisfare i crediti della banca per il compenso di canone e per le spese.

II Tribunale di Milano, sez. VIII civile, Pres. dr. Quatraro, ha precisato che la banca, in caso di furto, se non aveva adottato le opportune misure preventi­ve, deve l'integrale risarcimento del contenuto della cassetta .

Apertura di credito bancario

L'art. 1842 c.c. definisce l'apertura di un credito bancario come il contratto con il quale la banca si obbliga a tene­re a disposizione del cliente una somma di denaro per un dato periodo di tempo, o anche a tempo indetermi­nato. Di regola ciò avviene con garan­zie reali o personali; se esse cessano 0 diventano insufficienti, la banca può chiedere, a seconda dei casi, la sostitu­zione del garante, la ricostituzione o la integrazione delle garanzie. Se il clien­te non ottempera, la banca può ridurre il credito o recedere dal contratto.

A parte questa eventualità, l'art. 1845 c.c. stabilisce che, salvo patto contra­rio o naturalmente salvo giusta causa, la banca non può recedere prima della scadenza del termine pattuito. La giu­

sta causa, in pratica, può consistere anche in mutamenti gravi nel modo di vivere del cliente. Il regolamento di quanto il cliente deve versare nel momento del recesso avviene entro quindici giorni, ma il cliente perde immediatamente la disponibilità del­l'apertura di credito: dunque il termine è solo per il pagamento. Se il contratto è a tempo indeterminato, il preavviso di recesso è obbligatorio nello stesso termine dei quindici giorni, salvo quanto pattuito o, in difetto, di quanto stabilito dagli usi bancari in piazza.

La Cassazione, 1 ° marzo 1973, n. 565, in Mass. Giur. it., 1973, 194, stabilisce che questa norma contiene un esplicito rinvio alla volontà delle parti a propo­sito della durata del preavviso e, pro­prio per questa possibilità lasciata all'autonomia privata, non trova alcun ostacolo, né logico né giuridico, la previsione dispositiva dell'esonero del recedente anche dalla concessione di qualsiasi termine e dall'efficacia immediata del recesso comunicata alla controparte. In considerazione di que­sta caratteristica, l'operazione di aper­tura di un credito richiede, da parte del cliente, l'attenta valutazione delle con­crete possibilità di disporre delle somme accreditate, onde evitare il pericolo di una improvvisa chiusura dell'affidamento.

Anticipazione bancaria

II concetto di questa operazione, rego­lata dalle banche con disposizioni minuziosissime, è offerto dall'art. 1846 c.c., in forza del quale l'anticipa­zione può avvenire su pegno di titoli o di merci, con l'avvertimento che obbligatoriamente la banca non può disporre per altre operazioni delle cose ricevute in pegno quando abbia rila­sciato, come di solito avviene, un documento descrittivo di tutto quanto costituisce la garanzia della operazio­ne. Il patto contrario deve essere pro­vato per iscritto.

La banca ha diritto, oltre al corrispetti­vo convenuto (la cui misura è stabilita dagli accordi interbancari, detti "cartel­li"), al rimborso delle spese di custodia delle merci e dei titoli, se non vi è riser­vata la disponibilità delle cose stesse.

7. Sconto bancario

Lo sconto bancario, a mente dell'art. 1858 c.c., è il contratto con il quale la banca, previa deduzione degli interes­si, anticipa al cliente l'importo di un suo credito verso terzi, naturalmente non ancora scaduto, mediante la ces­sione, salvo buon fine, del credito stes­so. L'art. 1858 c.c. stabilisce che, se lo sconto avviene mediante girata di cambiale o di assegno bancario, l'isti­tuto, nel caso di mancato pagamento, oltre i diritti derivanti dal titolo ha anche diritto alla restituzione della somma.

 

GARANZIE PERSONALI E REALI

1. La fideiussione

La fideiussione è il contratto con il quale il fideiussore, manifestando la volontà in forma esplicita, come vuole 1' art. 1937 c.c., si obbliga pèrsonalmen­te verso il creditore, garantendo l'a­dempimento di. una obbligazione altrui. La fideiussione è efficace anche se il debitore non ne è a conoscenza, e può essere prestata anche per una obbliga­zione futura o condizionale. La Cassazione, 15 febbraio 1972, n. 408, in Mass. Giur. it., 1972, 146, nota ché la volontà di prestare fideiussione è espressa sufficientemente anche senza l'uso formale o addirittura senza la forma scritta, purché la volontà stessa risulti manifestata in modo non equivo­cabile o possa desumersi attraverso pre­sunzioni gravi e certe, cioè concordanti. La fideiussione può essere prestata anche per un'obbligazione condiziona­le o futura ma, in quest'ultimo caso, deve essere previsto l'importo massimo garantito.

Il Tribunale di Piacenza, 13 luglio 1971, in Foro Pad., 1971, I, 1033, osserva che il fideiussore per debiti futuri è liberato se il creditore abbia continuato a far credito all'obbligato, nonostante che le condizioni economi­che di costui fossero peggiorate: nella

specie, per avere il debitore alienato i suoi beni immobili.

A mente dell'art. 1941 c.c., la fideius­sione non può eccedere ciò che è dovuto dal debitore, né essere prestata a condizioni più onerose rispetto all'obbligazione principale.

In forza dell'art. 1944 c.c., il fideius­sore è obbligato in solido con il debi­tore principale al pagamento del debi­to. Le parti però possono convenire che il fideiussore non sia tenuto a pagare prima della escussione del debitore principale. In tal caso, il fideiussore che sia citato dal creditore e intenda avvalersi di tale beneficio deve indicare i beni del debitore prin­cipale da sottoporre a esecuzione.

II fideiussore che ha pagato il debito subentra nei diritti che il creditore aveva contro il debitore principale. Nello stesso tempo, per l'art. 1950 c.c., gli è riconosciuto il diritto di regresso contro il debitore principale, benché questi non fosse consapevole della prestata fideiussione.

Per l'art. 1957 c.c., il fideiussore rima­ne obbligato anche dopo la scadenza dell'obbligazione principale, purché il creditore, entro sei mesi, abbia propo­sto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate. II ter­mine è ridotto a due mesi se il fideius sore aveva espressamente pattuito che la sua garanzia personale doveva esse­re circoscritta entro lo stesso preciso termine dell'obbligazione principale. Importante è che l'istanza proposta contro il debitore interrompe la pre­scrizione anche nei confronti del suo garante.

La disposizione è commentata dalla Cassazione, 27 ottobre 1972, n. 3315, in Rep. Gen. Giur. it., 1972, I, 1462, 18, nel senso che la dichiarazione espressa di voler limitare la propria garanzia allo stesso termine dell'obbli­gazione principale, dichiarazione cui la legge ricollega l'effetto di ridurre i termini di decadenza da sei a due mesi, va riferita non già alla durata del rapporto cui la fideiussione accede, ma alla scadenza della obbligazione garantita.

2. L'anticresi

L'anticresi è il contratto con il quale il debitore, o un terzo, si obbliga a con­segnare un immobile al creditore a garanzia del credito, affinché il credi­tore stesso ne percepisca i frutti, imputandoli agli interessi, se dovuti, e quindi al capitale che costituisce il suo credito.

È richiesta la forma scritta, per atto pubblico e trascrizione.

II creditore, salvo patto contrario, ha i seguenti obblighi.

l. Deve pagare le imposte e le tasse dell'immobile ricevuto.

2. Deve conservare, amministrare e, nel caso di fondo agricolo, coltivare lo stesso con la diligenza del buon padre di famiglia.

Le spese relative devono essere prele­vate dai frutti.

Come può il creditore liberarsi da tali obblighi? Restituendo l'immobile al

debitore, purché non abbia rinunziato preventivamente a tale facoltà.

In ogni caso 1' anticresi non può avere una durata superiore a dieci anni.

A norma dell'art. 1963 c.c., è nullo qualunque patto, detto commissorio, anche posteriore alla conclusione del contratto, con il quale si conviene che la proprietà dell'immobile passi al cre­ditore nel caso di mancato pagamento del debito. La ragione di questo divie­to è soprattutto di moralità commercia­le, per impedire che, stretto dal biso­gno, il debitore finisca con il rasse­gnarsi alla perdita di un bene di valore superiore all'importo del credito.

3. La cessione dei beni si creditori

La cessione dei beni ai creditori è il contratto con il quale il debitore inca­rica gli stessi o alcuni di loro di liqui­dare tutte oppure parte delle sue atti­vità e di ripartirne il ricavato in soddi­sfazione dei loro crediti. La cessione deve farsi per iscritto sotto pena di nullità.

II debitore non può disporre dei beni ceduti ma, ai sensi dell'art. 1983 c.c., ha il diritto di controllare la gestione e di averne il rendiconto alla fine di ogni anno, oltre che a chiusura dell'opera­zione. I creditori che hanno concluso il contratto o vi hanno aderito devono anticipare le spese per la liquidazione, prelevandone l'importo sul ricavo ottenuto da questa, e ripartendo fra loro le somme ricavate in proporzione dei loro crediti. La cessione può essere annullata se il debitore, avendo dichia­rato di cedere tutti i suoi beni, in realtà ne ha dissimulato una parte notevole, oppure ha occultato delle passività o ne ha esposte delle inesistenti. Questo istituto non opera alcun trasferimento della proprietà dei beni, ma costituisce s emplicemente un mandato a vendere nell'interesse dei creditori.

4. Il pegno

Il pegno è costituito a garanzia del­l'obbligazione sia dal debitore perso­nalmente o da altri per lui. Può essere costituito sui beni mobili e sulla uni­versalità di tali beni, come per esem­pio sugli elementi componenti di una azienda; sui crediti e su altri diritti sempre aventi per oggetto beni mobili. II pegno si costituisce mediante la con­segna al creditore della cosa o del documento che ne conferisce l'esclusi­va disponibilità. Tl creditore è tenuto a custodire la cosa ricevuta in pegno, rispondendo della perdita e del dete­rioramento secondo le regole generali di chi detiene cose altrui. Non può però usarne, salvo che l'uso stesso sia necessario per la conservazione; non può darla in pegno né concederne ad altri il godimento.

In forza dell'art. 2794 c.c., chi ha costituito il pegno non può ottenerne la restituzione se non sono stati intera­mente pagati il capitale e gli interessi e rimborsate le spese.

A parte l'eventualità dell'alienazione anticipata della cosa, per evitarne il deterioramento, la vendita stessa di norma avviene a mente degli artt. 2796 e 2797 c.c., allo scopo di far con­seguire al creditore quanto gli è dovu­to. Prima di procedere alla vendita egli deve, a mezzo dell'ufficiale giudizia­rio, intimare al debitore il pagamento della somma dovuta, avvertendolo che in mancanza si procederà alla vendita e notificando l'intimazione anche al terzo che per il debitore abbia costitui­to eventualmente il pegno.

Anche per il pegno è vietato il patto commissorio.

5. Le ipoteche

L'ipoteca è una forma di garanzia reale, che può essere legale, giudiziale o volontaria, ed è costituita su beni immobili, e inoltre sui seguenti cespiti: a) sull'usufrutto dei beni immobili;

b) sul diritto di superficie;

c) sul diritto dell'enfiteuta e su quello del concedente sul fondo enfiteutico. Sono anche capaci di ipoteca le rendite dello Stato, con determinate formalità, le navi, gli aerei e gli autoveicoli. L'ipoteca attribuisce al creditore che l'ha accesa il diritto di espropriare i beni vincolati a garanzia del suo credi­to, soddisfacendolo con diritto di pre­ferenza rispetto agli altri eventuali cre­ditori. Il diritto del creditore alla espropriazione si esercita anche nei confronti di chi abbia acquistato il bene ipotecato, e si costituisce neces­sariamente mediante iscrizione nei registri immobiliari. L'ipoteca legale spetta ai seguenti soggetti, elencati nell'art. 2817 c.c.

1. A1 venditore sui beni immobili ven­duti, a garanzia degli obblighi che derivano dalla vendita.

2. Ai coeredi, ai soci e ad altri aventi diritto sugli immobili assegnati.

3. Alla moglie sui beni del marito per la dote.

4. Allo Stato sopra i beni dell'imputato e della persona civilmente responsabile.

L'ipoteca giudiziale è costituita in forza di ogni sentenza che comporti obbligo di pagamento, o dell'adempi­mento di altra obbligazione od obbligo di risarcimento dei danni. Lo stesso ha luogo negli altri provvedimenti parifi­cati dalla legge alla sentenza. Nel caso di ipoteca volontaria, essa può essere concessa anche mediante una dichiara­zione, purché redatta per atto pubblico o scrittura privata, a pena di nullità.

La ragione per cui la legge richiede l'iscrizione nei registri immobiliari consiste nella tutela degli interessi dei terzi i quali, se acquistano l'immobile gravato dall'ipoteca stessa, subiscono quel gravame che, colpendo diretta­mente la cosa, la segue nelle mani di chiunque. Tutti gli sviluppi della vita dell'ipoteca devono ugualmente essere resi pubblici mediante annotazione sui registri immobiliari, compresa natural­mente la cancellazione.

Come può liberarsi il terzo acquirente? Egli ha facoltà di abbandonare l'im­mobile ai creditori, di pagare la somma dovuta o di offrire il prezzo pagato per l'immobile, secondo il pro­cedimento particolare che si chiama di "purgazione". L'efficacia della ipoteca dura per vent'anni, cosicché il credito­

re non ancora soddisfatto deve rinno­varla prima della scadenza di tale ter­mine per evitare che la garanzia reale ipotecaria perda qualsiasi utile effetto. Interessante la fattispecie giudicata dalla Cassazione, 17 febbraio 1979, n. 1062, in Mass. Dec. Ciu, 1979, 753. Un comproprietario di beni indivisi, dopo la domanda di divisione, ipoteca la propria quota di comproprietà, con riferimento a un certo immobile. Questo viene poi assegnato ad altro comproprietario, per vendita all'in­canto: ebbene, il Supremo Collegio ha stabilito che il relativo decreto di tra­sferimento doveva anche far cancella­re l'ipoteca, perché la divisione ha effetto retroattivo, e quindi il conce­dente l'ipoteca non aveva alcun titolo di proprietà.