Il mais o granoturco:
dalla pannocchia alla
farina
Al tempo dei nonni
la coltivazione del granoturco era molto diffusa perché con la farina
preparavano la polenta che era il piatto principale.
La semina (somenare)
In primavera
arrivava il momento della semina del mais: i contadini seminavano a mano
spargendo alcuni chicchi lungo le righe precedentemente preparate con
l’aratro.
La raccolta delle pannocchie (sunare)
A settembre i contadini andavano nei campi
con il carretto attaccato al mulo, con i cesti e con i sacchi di iuta.
Appena arrivati prendevano i cesti e cominciavano a
“sunare” cioè a raccogliere le pannocchie a mano e quando avevano riempito
tutti i cesti li svuotavano dentro i sacchi quando i sacchi erano pieni, li
caricavano sul carretto e andavano a casa, poi scaricavano le pannocchie
sull’aia facendo un grosso mucchio.
Quando avevano finito di raccogliere le pannocchie,
tagliavano le canne: la parte più tenera le impastavano come cibo
per gli animali, con la parte più dura invece facevano il letto alle mucche.
La sfogliatura delle
spate
(scapoiare)
Le
donne e i bambini si sedevano in cerchio sull’aia e iniziavano a togliere le spate
a mano.
Preparavano
due mucchi: uno con le pannocchie l’altro con le spate.
Le
spate venivano lasciate ad asciugare al sole sull’aia e poi con esse facevano
i materassi:
prendevano un sacco
di stoffa
con delle aperture
e inseriva
dentro le brattee.
Ogni
mattina si dovevano rimuovere le spate perché durante la notte si formavano le
conche.
La
sgranatura delle pannocchie
(sgranare)
Per
sgranare le pannocchie i contadini, soprattutto i ricchi, avevano lo sgranatoio
che permetteva loro di fare meno fatica.
Facevano
entrare le pannocchie dall’ alto e poi giravano una manovella a mano: da una
parte uscivano i chicchi, mentre dall’ altra parte uscivano i tutoli (casteloni).
Chi
non aveva lo sgranatoio se lo faceva prestare in cambio di granturco.
Per
finire prima le donne sgranavano a mano con l’aiuto di un tutolo e i bambini
sgranavano con le dita.
Dopo
aver sgranato, stendevano i chicchi sull’aia.
I
tutoli invece venivano usati per riscaldarsi e per cucinare.
L’essiccazione
al sole
(secare)
Il
contadino al mattino prendeva la pala
e il rastrello e stendeva bene i
chicchi sull’aia.
A
mezzogiorno giravano i chicchi strisciando lentamente con i piedi fino a formare
ordinate righe.
Alla
sera invece coprivano i chicchi con le
canne tagliate o con sacchi e
mettevano delle
pietre sugli angoli, perché non volassero
via.
Certe
volte pioveva, quindi il contadino lasciava ammucchiati i chicchi per più
giorni.
Dopo
alcuni giorni facevano
due parti
: una la
mettevano nel granaio
e la
davano agli
animali;
l’altra
parte la portavano al mulino.
La
macinatura dei chicchi (masenare)
Dopo
l’essiccazione del sole “ventolavano” con la pala o il “tamiso”
i chicchi per pulirli, poi con il carretto li portavano al mulino
dentro ai sacchi.
Al
mulino c’erano due grosse, grandi, pesanti ruote di pietra che non andavano a
corrente, ma erano fatte continuamente girare dai muli e si stancavano il
mugnaio li bastonava per farli andare avanti.
Dal
mulino il contadino portava a casa la farina, una parte però veniva usata per
pagare il mugnaio.
La
setacciatura della farina (tamisare)
Dopo
aver macinato i chicchi e aver ottenuto la farina bisognava
setacciarla,in modo che venisse separata dai pezzi di chicchi meno macinati.
Il
setaccio (tamiso) ero rotondo, attorno era di legno, sotto aveva una rete o di
crine o di metallo.
Ogni
tanto setacciavano la farina per fare la polenta.
A
colazione gli uomini mangiavano polenta fredda con l’olio del “sardelon”,
il lardo di maiale cotto o crudo e donne e i bambini polenta e latte.
Alla
sera preparavano la polenta calda nel paiolo di rame e la
mangiavano con il pesce, il salame, il cotechino o la carne in umido.
Testo collettivo
Alunni di classe terza