I PERSONAGGI

Arrivabene, Giovanni: patriota e uomo politico lombardo (Mantova 1787-1881). Di idee liberali, fondò a Zaita, presso Mantova, una scuola di mutuo insegnamento che fu soppressa dal governo austriaco. Arrestato insieme al Pellico, perché sospettato di far parte della Carboneria, fu assolto dopo qualche mese di carcere, ma costretto a peregrinare all'estero. Rientrato in Italia nel 1838, partecipò alla I guerra d'indipendenza, ma il suo insuccesso lo costrinse di nuovo ad espatriare in Belgio. Nel 1859 tornò in Italia e fu nominato senatore del nuovo Regno. Scrisse opere di economia e due volumi di memorie: Intorno a un'epoca della mia vita (1861-1864).
Bandiera, Attilio ed Emilio (Rispettivamente, Venezia 1810 e 1819 - Cosenza 1844), patrioti italiani. Aderirono alle idee di Giuseppe Mazzini e fondarono una società segreta, l'Esperia, che reclutò adepti tra gli equipaggi della Marina austriaca, nella quale i fratelli Bandiera prestavano servizio come ufficiali. Denunciati alle autorità, dopo aver disertato tentarono un'insurrezione sbarcando in Calabria con una ventina di compagni, allo scopo di organizzare una rivolta contro il governo borbonico (vedi Borboni). Fallita l'impresa, furono catturati, processati e giustiziati, insieme con sette dei loro compagni.
 Bixio, Nino (Genova 1821- Sumatra 1873), patriota, generale e uomo politico italiano, fu al fianco di Garibaldi nella difesa della Repubblica Romana (1849), durante la seconda guerra d'indipendenza italiana e nella spedizione dei Mille. Organizzò la repressione delle sollevazioni contadine dirette contro i grandi proprietari terrieri in Sicilia. Nel comune di Bronte ordinò la fucilazione di alcuni ribelli; l'episodio venne in seguito giudicato come la prova della caratterizzazione eminentemente politica del Risorgimento italiano, entro la quale la questione sociale non trovò particolare attenzione neppure tra le forze democratiche. Partecipò anche alla terza guerra d'indipendenza e alla presa di Roma.
Fu eletto deputato (1861) e senatore (1870). Morì per un attacco di febbre gialla
Carlo Alberto di Savoia Carignano(Torino 1798-Porto1849), re di Sardegna(1831-1849), figlio di Carlo Emanuele di Carignano e di Maria Cristina di Sassonia Curlandia. Appartenente al ramo cadetto dei Savoia-Carignano, cercò di assicurarsi la successione al trono di Sardegna, approfittando della mancanza di eredi maschi nel ramo principale della famiglia Savoia.
Durante i moti del 1820-21 diede il proprio consenso ai progetti della Carboneria piemontese, sperando di svolgere un ruolo di mediazione. Dopo l'abdicazione di Vittorio Emanuele I concesse la Costituzione; la sua politica seguì però una linea di intransigente legittimismo che lo portò a reprimere durante i moti carbonari e mazziniani (1833-34), ma al tempo stesso il sovrano seppe avviare un'opera di modernizzazione dello Stato. In seguito si riavvicinò agli ambienti liberali e aderì, all'ideale di unificazione nazionale.
Nel biennio rivoluzionario1848-49 ebbe una parte di primo piano nelle vicende che portarono alla concessione dello Statuto Albertino, emanato il 4 Marzo 1848, e alla prima guerra d'indipendenza. Sconfitto a Novara, nel 1849, dopo aver abdicato a favore del figlio Vittorio Emanuele II si ritirò in esilio a Porto, in Portogallo.
Cavour, Camillo Benso Conte di (Torino 1810 - Torino 1861). Lasciata nel 1831 la vita militare, per quattro anni viaggiò in Europa, studiando particolarmente gli effetti della rivoluzione industriale in Gran Bretagna, Francia e Svizzera e assumendo i principi economici, sociali e politici del sistema liberale britannico.

Rientrato in Piemonte nel 1835, si occupò soprattutto di agricoltura e si interessò anche di economie e della diffusione di scuole ed asili. Grazie alla sua attività commerciale e bancaria Cavour divenne uno degli uomini più ricchi del Piemonte.

Nel 1847 fondò il quotidiano "Il Risorgimento" iniziando il suo impegno politico. Nel 1850, Cavour fu chiamato a far parte del gabinetto d'Azeglio come ministro dell'agricoltura, del commercio e della marina. Successivamente fu nominato ministro delle Finanze, fino a diventare egli stesso presidente del Consiglio (4 novembre 1852).

In politica interna egli mirò innanzitutto a fare del Piemonte uno Stato costituzionale, nel quale la libertà fosse la premessa di ogni iniziativa. Egli si dedicò ad un radicale rinnovamento dell'economia piemontese:

  • l'agricoltura: venne valorizzata e modernizzata grazie ad un sempre più diffuso uso dei concimi chimici e ad una vasta opera di canalizzazione
  • l'industria: venne rinnovata ed irrobustita attraverso la creazione di nuove fabbriche e il potenziamento di quelle già esistenti specialmente nel settore tessile;
  • il commercio: fondato sul libero scambio interno ed estero e agevolato da una serie di trattati con la Francia, il Belgio e l'Olanda (1851-1858) subì un forte aumento .

Inoltre provvide:

  • a rinnovare il sistema fiscale, basandolo non solo sulle imposte indirette ma anche su quelle dirette, che colpiscono soprattutto i grandi redditi;
  • al potenziamento delle banche con l'istituzione di una "Banca Nazionale" per la concessione di prestiti ad interesse non molto elevato.

In un primo momento egli aderì al programma di Carlo Alberto che mirava all'allontanamento dell'Austria dal Lombardo-Veneto e alla conseguente unificazione dell'Italia settentrionale sotto la monarchia sabauda, tuttavia in seguito abbracciò il programma unitario di Mazzini, sia pure su basi monarchiche e liberali. Il 21 luglio 1858, incontrò Napoleone III a Plombières dove fu firmato un trattato ufficiale che stabiliva:

  • la Francia sarebbe intervenuta a fianco del Piemonte, solo se l'Austria lo avesse aggredito;
  • in caso di vittoria, si sarebbero formati in Italia quattro Stati riuniti in una sola confederazione posta sotto la presidenza onoraria del Papa, ma dominata sostanzialmente dal Piemonte: uno nell'Italia settentrionale con l'annessione al regno di Sardegna del Lombardo-Veneto, dei ducati di Parma e Modena e della restante parte dell'Emilia; uno nell'Italia centrale, comprendente la Toscana, le Marche e l'Umbria; un terzo nell'Italia meridionale corrispondente al Regno delle Due Sicilie; un quarto, infine formato, dallo Stato Pontificio con Roma e dintorni.
  • in compenso dell'aiuto prestato dalla Francia il Piemonte avrebbe ceduto a Napoleone III il Ducato di Savoia e la Contea di Nizza.

Ma un simile trattato mirava soprattutto ad eliminare il predominio austriaco dall'Italia senza tenere conto delle aspirazioni unitarie della maggior parte della popolazione.

La II guerra d'indipendenza permise l'acquisizione della Lombardia, ma il timore del crearsi uno Stato Italiano unitario troppo forte convinse i Francesi all'armistizio di Villafranca provocò il temporaneo congelamento dei moti e la decisione di Cavour di allontanarsi dalla guida del governo.

Ritornato alla presidenza del Consiglio egli riuscì comunque ad utilizzare a proprio vantaggio la momentanea freddezza nei rapporti con la Francia, quando di fronte alla Spedizione dei Mille e alla liberazione dell'Italia meridionale potè ordinare la contemporanea invasione dello Stato Pontificio. L'abilità diplomatica di Cavour nel mantenere il consenso delle potenze europee e la fedeltà di Garibaldi al moto "Italia e Vittorio Emanuele" portarono così il 17 marzo 1861 alla proclamazione del Regno d'Italia.

Francesco Giuseppe I D'Absburgo-Lorèna (Vienna, 1830 - Vienna 1916), imperatore d'Austria (1848-1916) e re d'Ungheria (1867-1916). Figlio dell'arciduca Francesco Carlo (secondogenito dell'imperatore Francesco I) e dell'arciduchessa Sofia, principessa di Baviera. Nel 1848, dopo essersi distinto nel corso della guerra in Italia (combattimento di Santa Lucia), il 2 dicembre il diciottenne principe fu proclamato imperatore (a Olmütz) in seguito all'abdicazione di Ferdinando e alla rinuncia di suo padre arciduca Francesco Carlo. Fin dal principio il nuovo imperatore rivelò doti di carattere nella difficile situazione in cui era venuto a trovarsi. Posto infatti di fronte ai gravi problemi suscitati dalla rivoluzione del 1848 nei domini absburgici, trovò un'abile guida e consigliere nel cancelliere Schwarzenberg, che riuscì a ristabilire la preponderanza austriaca nell'Impero soffocando i movimenti nazionalistici e liberali in Italia, in Ungheria e nella stessa Austria. Francesco Giuseppe si propose di mantenere la monarchia, appoggiandosi all'esercito e a un apparato burocratico centralizzato. Introdusse un sistema assolutistico e centralista, basato sulla stretta sorveglianza poliziesca stabilita in tutto l'Impero (ma in particolare nel Lombardo-Veneto: processi di Mantova e della commissione d'Este; repressione dopo il tentativo insurrezionale del 6 febbraio 1853 a Milano; sequestro dei beni degli emigrati lombardi in Piemonte, ecc.), sulla concessione di importanti prerogative al clero (concordato del 1855) e sul rafforzamento della politica di germanizzazione nelle province. In politica estera, non riuscì ad evitare l'isolamento diplomatico e la sconfitta nella guerra del 1859 con la conseguente perdita della Lombardia e la formazione del regno dell'Italia Unita. Inoltre incontrò l'oppossizione della Prussia che portò alla guerra ed alla disfatta (sconfitta di Sadowa, 1866). Ciò lo indusse a riconoscere la divisione dell'Impero in due Stati uguali e cingere la corona di Santo Stefano. In Austria Francesco Giuseppe stabilì un regime parlamentare, Nel 1879 le tensioni interne lo costrinsero a formare un gabinetto federalista, ma nel 1893 ritornò all'assolutismo, però, anziché ristabilire la calma, esasperò le opposizioni nazionali, così che Francesco Giuseppe dovette tornare nel 1904 al sistema liberale concedendo il suffragio universale, senza riuscire per questo a indebolire l'antagonismo tra Tedeschi e Slavi.
Dopo la perdita del Veneto (1866) e l'estromissione dalla Germania, l'imperatore si avvicinò a Bismarck aderendo al patto dei Tre imperatori (1872-1873) e poi, dopo l'allontanamento dallo zar dovuto alle frizioni nei Balcani, alla Duplice (1879), divenuta poi Triplice per l'adesione dell'Italia nel 1882. Fece quindi dei Balcani il terreno principale della sua politica di potenza, urtando però nell'opposizione della Russia e nel nazionalismo dei popoli balcanici, tra i quali andava sempre più diffondendosi 'idea del panslavismo. L'occupazione della Bosnia e dell'Erzegovina, effettuata nel 1878, e la conseguente annessione di questi territori nel 1908 accentuarono i pericoli dell'irredentismo ai confini meridionali. Dopo l'attentato di Sarajevo e la morte dell'erede (il nipote Francesco Ferdinando) l'imperatore si decise a dichiarare guerra alla Serbia (28 luglio 1914), sebbene personalmente non fosse convinto dell'esito favorevole del conflitto che ne sarebbe derivato. Morì nel corso della prima guerra mondiale, dopo una breve malattia, il 21 novembre 1916, senza vedere quindi lo sfaldamento del suo impero.
Garibaldi Giuseppe, (Nizza 1807-Caprera 1882), trascorse la giovinezza navigando sulle rotte dell'Oriente e del Mediterraneo. Nel 1833 entrò a far parte della società segreta Giovine Italia, fondata da Mazzini con l'obbiettivo di conseguire l'unità politica della penisola italiana e l'indipendenza dal dominio straniero, e di costituire un governo democratico e repubblicano.
Condannato a morte dopo il fallimento dei moti del 1834 in Piemonte, Garibaldi si rifugia in America Latina. Garibaldi rimpatria nel 1848 in Italia e prende parte alla prima guerra d'indipendenza e alla difesa di Roma, ma deve nuovamente espatriare e va negli Stati Uniti. Nel 1854 torna definitivamente in Italia e aderisce alla Società Nazionale.
Nel 1858 Cavour affidò a Garibaldi la formazione di un corpo di volontari come sostegno dell'esercito lungo l'arco prealpino nella seconda guerra d'indipendenza (1859); Garibaldi fu però bloccato dall'armistizio di Villafranca (11 Luglio 1859) che peggiorò i suoi rapporti con il governo sardo, dove Cavour era stato sostituito.
Passò in seguito a capo dell'esercito formato da truppe regolari e cercò di estendere i territori liberati, ma Vittorio Emanuele, timoroso delle reazioni internazionali, lo fermò ed egli si ritirò.
Nel 1860 organizzò la
spedizione dei Mille: riuscì ad occupare tutto il Regno delle Due Sicilie che consegnò, a Teano, a Vittorio Emanuele giuntovi con l'esercito.
Il 17 Marzo 1861 il primo Parlamento nazionale, al quale Garibaldi fu eletto deputato, proclamò Vittorio Emanuele re d'Italia. Il nuovo regno però non comprendeva ancora il Veneto, il Trentino, Roma e il Lazio.
Nel 1866, nella terza guerra d'indipendenza, Garibaldi ottenne contro gli austriaci l'unica vittoria italiana nel Trentino. Ricevuto l'ordine di fermarsi in seguito all'armistizio, obbedì, ma poi ricominciò, fu sconfitto e costretto a rifugiarsi a Caprera.
Nel 1870, Garibaldi, andò ad aiutare la Repubblica francese impegnata nella guerra franco-prussiana. Nei suoi ultimi anni si avvicinò alle teorie socialiste, che andavano affermandosi in Italia e all'estero.
Muore a Caprera il 2 Giugno del 1882.
Gioberti, Vincenzo (Torino 1801 - Parigi 1852), scrittore e filosofo italiano; sacerdote, fu un teologo liberale con interessi politici in senso neoguelfo, cioè a favore di una federazione di stati italiani comandata dal papa. Costretto nel 1833 all'esilio per le sue idee, lavorò e insegnò in Francia e a Bruxelles. Le sue tre opere più importanti sono l'Introduzione allo studio della filosofia del 1840 (l'impostazione va contro il soggettivismo dei contemporanei, compreso quello di Antonio Rosmini), il Primato morale e civile degli italiani (1843) e Del rinnovamento civile in Italia (1851). In queste ultime due opere, molto influenti nel corso del Risorgimento, Gioberti dapprima elaborò e poi riconsiderò criticamente la sua proposta neoguelfa. Dopo essere rientrato in Italia e aver svolto incarichi ministeriali (fu presidente della Camera subalpina) si ritirò definitivamente in Francia.
Graziòli (Bartolomeo), patriota italiano (Fontanella, Mantova, 1806 - Mantova 1853). Educato nel seminario di Mantova, ordinato sacerdote nel 1827, parroco di Revere nel 1842, schieratosi apertamente contro l'Austria nel 1848, entrò successivamente nella cospirazione antiaustriaca del Tazzoli; arrestato nel giugno 1852 e condannato a morte alla fine del febbraio 1853, venne giustiziato il 3 marzo a Belfiore, nel secondo gruppo dei martiri di Belfiore. (Secondo alcuni, non era destinato al patibolo, non essendo stata rilevante la sua parte nella congiura, ma venne compreso all'ultimo momento fra i condannati a morte, in sostituzione di A. Lazzati, difeso e salvato dal generale austriaco Wratislaw.)
Griòli (Giovanni), patriota italiano (Mantova 1821 - Belfiore 1851). Entrato nel 1836 nel seminario di Mantova (dove fu discepolo del Tazzoli), ordinato sacerdote nel 1846, fu vicario suburbano alla Levata (presso Mantova) e poi vicario parrocchiale a Cerese. Entrato nell'organizzazione clandestina del Tazzoli, fu arrestato il 30 ottobre 1851 e condannato a morte e fucilato (5 novembre) dietro l'accusa di subornazione di soldati boemi di guarnigione a Mantova. Fu il primo dei "martiri di Belfiore" e uno dei primi arrestati della congiura di Mantova, nei riguardi della quale non gli sfuggì alcuna rivelazione, nonostante le lusinghe austriache.
Mario Alberto, patriota e scrittore italiano (Lendinara, Rovigo, 1825-1883). Studente nell'università di Padova, partecipò alla manifestazione antiaustriaca dell'8 febbraio 1848 e poi alla prima guerra d'Indipendenza. Mazziniano, Collaborò alla preparazione della spedizione del Pisacane a Sapri e al tentativo insurrezionale repubblicano genovese del giugno 1857, in conseguenza del quale fu arrestato (insieme alla fidanzata, l'inglese Jessie White), rimanendo poi in carcere per alcuni mesi. Espulso dal Piemonte, si recò dapprima in Inghilterra (dove si sposò con la White), e poi negli Stati Uniti, dove tenne insieme alla moglie un ciclo di conferenze a favore della causa nazionale italiana. Tornato in Italia nel luglio 1859, dovette nuovamente esulare a Lugano, dove collaborò alla direzione della rivista mazziniana Pensiero e azione, prendendo poi parte con i garibaldini alla liberazione del Mezzogiorno. Passato su posizioni federalistiche per l'influenza del Cattaneo, fu tra i collaboratori principali della fiorentina Nuova Europa (1861-1864), prese parte alla campagna garibaldina del 1866, svolgendo in seguito un'intensa attività giornalistica (diresse la Provincia di Mantova, 1880, la Rivista repubblicana e la Lega della democrazia, 1880-1883). Tra i suoi scritti: Camicia rossa (1875), Teste e figure(1877) e le raccolte pubblicate postume: Scritti letterari e artistici (1884), Scritti politici (1901).
Mazzini, Giuseppe nasce a Genova nel 1805. Giuseppe Mazzini dopo il fallimento dei moti del 1833-1834 è condannato a morte e si rifugia in Svizzera, dove fonda la giovane Europa, chiamando a raccolta esuli Tedeschi, Polacchi e Italiani.
Cacciato dalla Svizzera, va a Londra, dove lo raggiungono forti critiche dai suoi connazionali: lo accusavano di avere sacrificato la vita di molti giovani.
Giuseppe Garibaldi, mazziniano dalla prima ora, in seguito lo rimprovererà di fare le rivoluzioni soltanto per corrispondenza, standosene cioè al sicuro all ' estero. Mazzini è sul punto di abbandonare la lotta ma poi superata la tempesta del dubbio riprende a tessere le file dell'insurrezione. Dopo nuovi fallimenti tra cui quella della repubblica romana, vede realizzarsi l ' unita e l'indipendenza dell'Italia: non repubblicana, ma monarchica. Muore nel 1872.
Napoleone III (Parigi 1808 - Chislehurst, Kent 1873), imperatore dei francesi (1852-1870). Era nipote dell'imperatore Napoleone I. Alla caduta dello zio, tutta la famiglia Bonaparte venne bandita dalla Francia. Dopo la Rivoluzione del 1848, che detronizzò Luigi Filippo, Napoleone propose, con successo, la sua candidatura alla presidenza della nuova Repubblica francese. Napoleone III seppe conquistarsi il favore dei conservatori, dei cattolici e dei militari con un'azione di forza contro la Repubblica romana (luglio 1849) L'anno seguente trasformò la Seconda Repubblica nel Secondo Impero. Egli decise di assumere il nome di Napoleone III.. La politica estera, all'insegna del prestigio della Francia, fu inizialmente confortata da successi, quali la vittoriosa guerra di Crimea e l'intervento a fianco del Piemonte contro l'Austria nella seconda guerra d'Indipendenza italiana, che fruttò alla Francia l'annessione di Nizza e della Savoia. Nel 1870, senza aver valutato con cura la gravità della minaccia prussiana, trascinò la Francia in una guerra contro la Prussia (Vedi Guerra franco-prussiana) risoltasi nella repentina sconfitta francese e nella cattura dello stesso Napoleone nella battaglia di Sedan. Il 4 settembre 1870, il regime da lui instaurato venne rovesciato. Scarcerato nel marzo del 1871, si ritirò a vita privata in Inghilterra
Nievo, Ippolito (Padova 1831 - mare Tirreno 1861), scrittore italiano. Figlio di un magistrato mantovano e di una nobile friulana, si avvicinò presto agli ideali mazziniani e, mentre era studente di legge, partecipò alle azioni politiche studentesche. Dopo la laurea (1855), volendo sottrarsi all'atteggiamento d'ossequio verso le autorità austriache che l'avvocatura avrebbe comportato, si ritirò due anni nel castello dei parenti materni, a Colloredo presso Udine, ma nel 1857, quando fu spiccato un ordine di cattura nei suoi confronti, fuggì a Milano. Nel 1859 partì con i cacciatori a cavallo di Garibaldi nella campagna del Trentino, e l'anno dopo partecipò alla spedizione dei Mille. Garibaldi lo nominò colonnello e, conquistata la Sicilia, gli affidò l'incarico, troppo burocratico e amministrativo per Nievo, di intendente militare. Nel 1861, mentre i compagni, attraversato lo stretto, risalivano la penisola, partì da Palermo alla volta di Napoli e morì, appena trentenne, nel naufragio della goletta Ercole.
Nievo produsse tutta la sua opera nel giro dei pochi anni. Scrisse in pochi mesi, nel 1858, Le confessioni di un italiano, pubblicate postume nel 1867 con il titolo Confessioni di un ottuagenario, uno dei capolavori della letteratura italiana.
Orsini Felice. La vita di Felice Orsini è caratterizzata da episodi che evidenziano la sua natura irrequieta e idealista.
A 17 anni avendo ucciso un servo fu costretto ad entrare in un monastero dove sarebbe diventato un gesuita ma fuggì e iniziò una vita errabonda che lo portò a cospirare contro il governo pontificio.Fu condannato all'ergastolo ma venne graziato nel 1846. Partecipò alla prima guerra d'indipendenza, poi recatosi in Ungheria, cercò di far disertare alcuni soldati dell'esercito imperiale.
Fu arrestato e inviato a Mantova dove riuscì a fuggire dal castello di S. Giorgio con l'aiuto di Emma Hervegh, una donna svizzera che lo aveva preso in simpatia.
Gli mandò alcune lime nascoste nella copertina di un libro.
Orsini, fingendosi malato, ottenne di essere posto in una cella abbastanza tranquilla e con poca sorveglianza.
La notte del 28 Marzo 1856 riuscì ad evadere, ma per un errore di calcolo abbandonò la presa a sei metri da terra e nel cadere riportò una grave lussazione ad una caviglia.
Stette tutta la notte nel fosso asciutto del castello. Il mattino dopo riuscì a richiamare l'attenzione di un cacciatore che lo soccorse. Fingendosi ubriachi riuscirono ad allontanarsi senza essere notati dai soldati.
Dopo essere guarito, partì per la Francia e il 13 Gennaio 1858 davanti al teatro dell'Opera compì l'attentato contro l'Imperatore che rimase indenne, ma provocò la morte di molti innocenti. Il 13 Marzo 1858 Orsini fu ghigliottinato.
PIO IX: Giovanni Maria Mastai Ferretti (1792-1878).
Divenne papa nel '46 alla morte di Gregorio XVI, suscitando l'entusiasmo popolare e dei patrioti italiani illusi di vedere in lui un autentico fautore della libertà e dell'indipendenza d'Italia. In realtà i suoi primi gesti furono liberali: amnistiò i detenuti politici, istituì un governo costituzionale ed allo scoppio delle ostilità tra Piemonte ed Austria non si oppose all'invio di un corpo di spedizione pontificio. Ma d'improvviso la sua posizione mutò: Pio IX dichiarò che come padre di tutta la cristianità della Terra non poteva muovere guerra ad una potenza cristiana. L'assassinio di Pellegrino Rossi ed i moti popolari lo convinsero a lasciare Roma ed a rifugiarsi a Gaeta. Mentre a Roma si istituiva la Repubblica Romana, Pio IX chiese ed ottenne l'intervento della Francia, dell'Austria, della Spagna e di Napoli. Rientrato nella capitale adottò una politica di rigido autoritarismo. Condannò le teorie liberali e respinse qualsiasi apertura e concessione alle idee moderne. Radunò il Concilio Vaticano I che, non senza contrasti, nel 1870 proclamò l'infallibilità pontificia. A seguito della conquista di Roma si chiuse in Vaticano respingendo sdegnosamente i benefici della legge delle Guarentigie votata dal Parlamento Italiano.
Poma Carlo, patriota italiano (Mantova 1823 - Belfiore, Mantova, 1852). Medico nell'ospedale civico di Mantova, prese parte attiva alla cospirazione antiaustriaca che metteva capo a Enrico Tazzoli. Arrestato il 17 giugno 1852, fu accusato di alto tradimento e di aver organizzato il tentato omicidio del commissario di polizia Filippo Rossi (ma questa imputazione non rispondeva a verità, perché anzi il Poma si oppose al progetto). Condannato a morte, fu impiccato il 7 dicembre sugli spalti di Belfiore.
Tazzoli, Don Enrico. Una grande figura di cristiano e di italiano: cannetese di nascita, professore di filosofia nel seminario, spirito libero e altruista quanti altri mai, nel '48 era stato diffidato dalle autorità per aver pronunciato in chiesa una predica violentemente antitirannica. Aveva parlato delle potenze imperiali durante il < sacco di Mantova > del 1630, ma era evidente che intendeva alludere agli <imperiali > austriaci di quell'anno 1848.
Don Tazzoli non poteva aderire in tutto al pensiero di Mazzini, che credeva in un Dio non rivelato e considerava ormai esaurita la missione cattolica. Tuttavia, Tazzoli era convinto che il movimento mazziniano della <Giovine Italia > era l'unico che garantisse dinamismo, serietà organizzativa, vastità di adesioni, e insieme anche concretezza d'azione. Era tanto convinto di questa <unità nella diversità > che non solo seppe fare aderire all'organizzazione preti, moderati, repubblicani della corrente di Cattaneo e socialisti < nel più stretto senso della parola > ma vinse anche le diffidenze di alcuni < mazziniani puri >, che si ritenevano unici depositari del pensiero del maestro.
Spèri (Tito), patriota italiano (Brescia 1825 - Belfiore, Mantova, 1853). Nato da modesta famiglia, entrò nel 1846 nel seminario di Brescia, ma ne uscì l'anno dopo per frequentare il liceo di Lodi. Accorso a Milano nel marzo 1848 per partecipare all'insurrezione contro gli Austriaci, prese poi parte alla campagna del 1848 in un corpo di volontari combattendo a Governolo. Tornato a Brescia dopo l'armistizio Salasco, fu membro del comitato clandestino filosabaudo, che mantenne rapporti con il governo piemontese e con gli esuli del Lombardo-Veneto riparati a Torino per preparare l'azione dei patrioti bresciani nell'eventualità di una ripresa delle ostilità contro l'Austria. Iniziatesi le Dieci giornate di Brescia (23 marzo - 1º aprile 1849), fu uno dei principali animatori della resistenza popolare, comandando il 26 la difesa di Porta Torrelunga e capeggiando il 28 una sortita su Sant'Eufemia. Costretto a recarsi in esilio dopo la caduta di Brescia (a Lugano e poi a Torino), si accostò alle posizioni di Mazzini e, tornato nella sua città natale in seguito ad amnistia all'inizio del 1850, fu l'anima del comitato segreto bresciano che era in rapporti con il centro mantovano di E. Tazzoli. Arrestato il 18 giugno 1852 e portato a Mantova il 28, tenne in carcere un comportamento esemplare. Condannato a morte il 28 febbraio 1853, fu impiccato il 3 marzo sugli spalti di Belfiore.
Vittorio Emanuele II di Savoia (1820-1878), primogenito di Carlo Alberto di Savoia-Carignano e di Maria Teresa d'Asburgo-Lorena.
Allo scoppio della prima guerra d'indipendenza (1848) seguì l'esercito, al comando di una divisione di riserva. Alla battaglia di Goito (30 maggio) guidò personalmente all'assalto la brigata Guardia, rimanendo ferito. Dopo la battaglia di Novara e l'abdicazione di Carlo Alberto (23 marzo '49) si trovò di colpo sul trono di Sardegna, in un momento difficile per il Paese. Per l'impossibilità a continuare la guerra Vittorio Emanuele II dovette subito firmare l'armistizio di Vignale (24 marzo '49) con il maresciallo austriaco Radetzky.

SOMMARIO