SCUOLA MEDIA
STATALE
PANNI
ANNO SCOLASTICO
2002/2003
Il
complesso panorama della nostra società attuale è caratterizzato da pluralismo
culturale, da
molteplici etnie, da crescente mobilitazione emigratoria, istantanee
comunicazioni dei
mass media, dimensioni che influiscono ed interagiscono sulla
mentalità, sulla
cultura, sul costume, creando nuove visuali, interpretazioni, rapporti,
alleanze.
Di fronte a questa variegata realtà in movimento, ricca di novità, di stimoli, di provocazioni, noi docenti e alunni non vogliamo essere contenitori passivi, disattenti, distratti o indifferenti, bensì protagonisti attivi e liberi, aperti alla modernità, al dialogo, all’incontro, al confronto, al diverso, allo scambio per costruire il progetto uomo, la casa comune dal respiro umanitario, europeo, universale.
Da questi presupposti base parte l’iniziativa del nostro “Giornalino di classe”, quale finestra aperta che vuol contribuire - sia pure modestamente - a riscoprire l’ambiente, ad avvicinare i luoghi dell’educazione, a promuovere occasioni di incontro, a vivacizzare dibattiti sui vari problemi, perché la scuola viva la sua vocazione di esperta in umanità e socialità, di maestra di vita, con la consapevolezza che la qualità del livello di preparazione dei futuri cittadini nella società molto dipenderà dalla scuola, con questa convinzione ideale iniziamo la nostra avventura, speriamo di riuscire nell’intento.
Il rapporto fra me e i miei genitori è buono. Ma non si sa perché i genitori dettano leggi ai propri figli. Credono, forse, di educarli nel modo migliore o semplicemente perché hanno dovuto subire a loro volta l’oppressione di chi comandava. Quando mamma o papà mi sgridano dicono sempre che quando erano ragazzi tutte le cose che io e i miei fratelli facciamo a loro era vietato.
Si,
è vero, prima erano altri tempi, non esistevano molti divertimenti, e quelli
che c’erano erano fatti solo per infrangere quel “NO” detto dai genitori
che non si accorgevano, che molto spesso, venivano presi in giro, perché tanto
le cose di nascosto si sono sempre fatte e sempre si continueranno a fare, anche
con il divieto estremo dei genitori. Quando io vado a giocare a pallone e torno
a casa sudato, mio padre si arrabbia e mi ricorda che lui alla mia età non
poteva farlo, perché doveva aiutare nei lavori i nonni, ed anche quando qualche
volta di nascosto riusciva ad andare a giocare, al ritorno doveva inventarsi
sempre scuse e dire bugie.
I
nostri genitori, a volte si dimenticano di essere stati ragazzi anche loro, di
aver desiderato cose che a loro volta ai genitori sembrano assurde, di non aver
avuto il coraggio di chiedere il consenso per una festa, una pizza
con gli amici, di un semplice “SI” per uscire, che poi venivano
negati inevitabilmente per motivi futili.
Spesso
mio padre mi ricorda che quando era ragazzo era costretto ad andare a dormire
dopo “Carosello”
senza
avere l’opportunità di poter insistere per fermarsi ancora. Ci ripete spesso
che oggi noi siamo dei ragazzi fortunati perché viviamo nel benessere e
possiamo avere facilmente tutto quello che vogliamo, mentre lui doveva lavorare
per potersi togliere qualche “sfizio”. Prima nei giorni feriali si indossava
sempre lo stesso vestito e le stesse scarpe, mentre per i giorni di festa
c’era il cosiddetto vestito della
domenica.
Oggi invece è sempre domenica, perché ci vestiamo sempre in modo elegante e tutto questo grazie a mamma e papà.
Mi ritengo un ragazzo fortunato di vivere in questo periodo e soprattutto di avere accanto dei genitori sempre presenti e disponibili al dialogo.
Il corpo bandistico della Città di Panni ha una lunga
storia che risale al 1848, quando un sarto di Mirabella Eclano Michele
Pansa, arrivato nel nostro paese in cerca di lavoro e appassionato di
musica, invogliò i cittadini pannese a costituire una banda musicale.
Gli strumenti per
l’intero corpo bandistico furono regalati dal Sig. Francesco Procaccini,
avendo vinto un terno al Bancolotto. Le spese di mantenimento del Maestro
all’inizio furono sostenute dalla Congrega del SS. Sacramento poi
dall’Amministrazione comunale.
Il
primo maestro diplomato fu Emanuele Senerchia di Panni, maestro di contrapunto e
compositore di diverse suonate, e compagno del celebre Pietro Mascagni.
Purtroppo
dopo qualche tempo, per problemi economici, lasciò la direzione della banda ed
emigrò in America.
A
lui successero altri Maestri, come Raffaele
Senerchia di Napoli e Pasquale Ferrante
di Bitonto.
Nel
1898 la banda musicale fu sciolta perché il Comune non riusciva a sopportare le
spese per i maestri. Ma nello stesso anno il Sig. Vito Procaccini, a proprie
spese comprò altri strumenti, ed il giorno 15 giugno, in occasione della festa
di San Vito, la banda ancora una volta allietava la nostra città.
Qualche
anno dopo, per varie vicissitudini e per l’emigrazione dei musicanti, fu di
nuovo sciolta.
Fu
ricomposta dal M.to Vito Senerchia che
la guidò fino al 1956, ed a lui successe il M.to Gerardo
Rainone, all’età di 22 anni, primo flicorno baritono solista suonava nei
migliori concerti. Si affermò al primo posto come bombardino solista nel
concerto musicale di Sturno. La sua direzione durò fino al 1985 lasciando la
sua eredità ai Signori amatori di musica Tonino
Liscio e Alfonso Mansolillo.
Luciano Liscio III C
IO MI… RACCONTO
“Fai la scelta migliore! Ne vale
il tuo futuro!”.
Ẽ
questa la consueta frase che tutti
i
miei amici mi hanno ripetuto
insistentemente durante l’ultimo anno scolastico trascorso tra i banchi
della scuola media e continuamente ribadito dopo aver superato
gli
esami.
Nonostante
l’unico mio interesse dopo il conseguimento della licenza media fosse quello
di godermi finalmente l’estate in buona parte già trascorsa sui libri,
ovviamente con molto dispiacere, dovevo senza dubbio già preoccuparmi della
questione:“ Come affronterò questa nuova ed
importante tappa della mia vita?”. Non nascondo che le parole ripetutemi dai
miei cari che prima mi avevano quasi irritato ora si rivelano di immenso aiuto
ma al contempo accentuano ancor di più la mia indecisione. Sicuramente avevo
già una mezza idea sugli studi da intraprendere: le mie particolari
attitudini per le materie umanistiche, il mio notevole distacco da tutto ciò
che può definirsi “matematico”, nonché i consigli di mio cugino che poco
prima di me aveva affrontato tale situazione mi avevano indirizzato verso il
“Liceo Classico”.
La
spinta definitiva verso la risoluzione finale mi fu stranamente data dalla
lettura di un libro dove il protagonista affermava o meglio perseverava nel
dire che la conoscenza della lingua greca fosse indispensabile per una
completa padronanza della maggior parte delle lingue correnti.
Bhè,
può sembrare una strana storia e per certi versi lo è ma è proprio
attraverso la scoperta di questo libro che il fato (per rifarci al greco) ha
voluto implicitamente indicarmi il percorso del mio futuro.
Generalmente
le scelte inizialmente più impegnative si rivelano sempre le migliori: era
questo forse il motto che più mi tranquillizzava sulla decisione ormai quasi
definitivamente presa, anche se non mancavano i soliti pareri che
contribuivano a rimettere in discussione tale scelta: “Ma dove vai, quella è una scuola di secchioni, lì si studia fino ad
impazzire, chi te lo fa
fare…”. Forse le mie più grandi virtù sono la caparbietà e la
testardaggine, spesso qualità negative del mio carattere, ma a volte, come in
questo caso indispensabili per arrivare ai miei obbiettivi “con le mie
gambe!”. Sono trascorsi sei mesi da quando ho messo piede in questa scuola
(il liceo classico, sono testarda ve lo avevo detto) e devo dire che se mi
chiedete un consuntivo specifico su ciò che ho testato in questo arco di
tempo non potrei fornire un’analisi dettagliata su quanto concerne questa
esperienza, poiché il tempo che ho avuto a disposizione è stato
relativamente breve ma se quel che conta è una revisione d’insieme, lo
sguardo a 360° sul contesto socio-culturale che ho
trovato, e allora posso con certezza affermare che la mia scelta è
stata proprio azzeccata. È nata una sinergia tra quelle che erano le mie
aspettative e quello che questa scuola realmente mi offre, vale a dire, a
parte il greco, il latino, la letteratura italiana, la matematica (che, ahimè,
è presente anche qui, scherzo!) e tutte le altre discipline che singolarmente
contribuiscono all’arricchimento della mia cultura, forse il magico rapporto
di amicizia e complicità che ho instaurato con i miei
compagni,
nonché con i miei docenti ed anche il metodo di studio che ho acquisito per
fatto mio, che mi portano ad essere ancora più convinta della decisione presa e soprattutto ad essere veramente
felice. Ora mi resta
altro che porgere i miei più sentiti ringraziamenti prima di tutto
alla mia famiglia, che mi
sostiene giorno dopo giorno, ai miei insegnanti della scuola media che
mi hanno guidata per tre anni, alla mia
nuova scuola, nonché alla mia capacità.
Ma il gentile lettore di questo mio elaborato “mi consenta” di
rivolgere il mio più sentito ringraziamento
ai due miei amici di Perugia, che mi hanno gentilmente regalato il libro,
“Fatti non foste a viver come
bruti,
ma per seguire virtute e conoscenze”.
Carmela
Procaccini IV Ginnasio
11
La
scuola è come un’ amica
che
ti accompagna nella vita
è
qualcosa di particolare
pochi
altri valori la possono eguagliare.
È
una musica che ti allieta la mente,
è
come uno scrigno prezioso
che
brilla nel cielo gioioso.
Ti
accompagna per la vita
e
il tuo domani sarà sereno.
LA
VITA
Ho
guardato il cielo e ho detto:
“Quante
meravigliose stelle!”
Ho
guardato il mare e ho
detto:
“Quante
stupende onde cavalcanti!”
Ho
guardato la terra e ho detto:
“Quanti
immensi prati verdi!”
Ho
guardato dentro me stessa e ho detto:
“Quant’è
meravigliosamente,
stupendamente,
e
immensamente bella la vita”.
Quando
una persona è libera, vuol dire che non è sotto il dominio di altri, non ha
ostacoli davanti a sé ma può fare quello che vuole secondo la propria volontà
rispettando, però, sempre la libertà degli altri.
Tutti dovremmo sentirci liberi e abolire le cose
negative che la vita quotidiana ci presenta soprattutto i sentimenti di odio
verso il proprio simile.
Senza libertà una persona non è se stessa, non è
capace di manifestare le proprie opinioni, le proprie idee i propri sentimenti.
Spesso in un gruppo il più debole è il più
emarginato perché si lascia facilmente sopraffare,
è sempre sotto il controllo dei più forti che soffocano la sua libertà.
Ognuno
di noi nasce libero, “libero arbitrio”, di seguire la strada del “bene”
o del
“male” ma nell’età dell’adolescenza è molto
difficile scegliere forse sempre per il
“bene”, perché è l’età dove si sbaglia più
facilmente, è l’età delle incertezze, dei
turbamenti e delle incomprensioni. Per questo si è sempre
sotto il controllo dei
genitori e degli insegnanti che ci vogliono aiutare nelle
decisioni che spesso soffoca
no la nostra
libertà.
La parola libertà è collegata alla parola “pace”, perché
quando si è in pace con se
stessi, con Dio e con gli altri si è anche liberi, e quindi può
stare e vivere bene.
I capi di Stato devono garantire la pace per tutti gli uomini
e prima di questa
assicurare la libertà proprio perché la “libertà” è
sinonimo di “pace”.
Rina Calitri
A LI UAGLIUNE
R PANN
Pann iè lu paèse miie
Pann
iè lu paèse tuie
c
stu
paèse nuost.
Tène l’aria fine…
ma
se pote campà sule cu st’aria fine?
Giuvene
a spass
a
guardà lu sole
ra
la matine a la sère
a
la tavèrne a verè chi pass
a
lu castièdd a sparlà r chi pass.
Basta
uagliò, basta figliò
s’adda
fatià pe mangià.
Tnite
na bèlla cape
cu
rind nu cirvièdd…
arraggiunate
cu lu cirvièdd
vuost,
nu lu facite arruzznì.
Ausate
la capa pe pensà cume s’adda mangià
no
cume se pote arrubbà.
Pann
iè lu mègl paèse r lu mun
aunimice
pe fa bène
pe
nuie, pe tutt quant
no
sule pe chi vole cumandà
e
sule cumandà
pure
rind a re case nost.
Lu
passate iè passate
ma…
cume iè passate…
che
puonne truà st figli nuost
se
niènte s’è fatt pe lu paèse?
Chi
sèmne raccogl
ma
se non si sèmne
chè
si pote raccogl?
Uagliù,
figliò, ausate
lu
cirvièdd vuost
guardate
cu l’uocch vuost
amate
stu paèse cu lu core vuost.
Calate
la cape, studiàte,
lavorate,
sbracciateve, pensate
cume
se pote fa
pe
campà cu onestà
sule
accussì putite
vèramènte
respirà st’aria fine
r
lu paese vuost
prof.ssa
Lucia Colomba Mauriello
La pace
non è solo una parola o un gesto: è la prima cosa che un uomo dovrebbe
sentire di avere
dentro di sé. La pace deve essere il progetto di vita di ogni uomo.
Il
Papa in occasione del suo 25° anniversario di pontificato ha voluto introdurre
nel rosario i misteri della luce, perché Gesù è la luce e la pace nel mondo.
In
quell’occasione ha invitato tutti i cristiani ad impegnarsi per la pace ed
egli con i capi dei vari Paesi ha insistito tanto per eliminare ogni motivo di
intervento armato.
Risuonano
ancora nell’aria le sue parole: “ Preghiamo
innanzitutto per la pace: che Dio ce la conceda al più presto, illuminando i
responsabili in modo che abbandonino quanto prima un simile cammino non degno
dell’umanità e cerchino con fiducia la giustizia tramite il dialogo e i
negoziati! Siano coronati da successo gli sforzi di coloro che, generosamente,
continuano a proporre iniziative per l’interruzione del conflitto”.
In
questo periodo in tutto il mondo risuona la parola “PACE”. Ovunque vengono
organizzati manifestazioni.
La pace è stata rappresentata da una bandiera contenente i colori dell’arcobaleno in fasce orizzontali con la scritta ”pace” al centro.
Alcuni ragazzi per dire no alla guerra hanno bloccato i treni che trasportano materiali bellici.
La guerra è una ingiustizia, a causa sua muoiono migliaia di bambini innocenti e persone che non hanno commesso nessun crimine.
Per chiedere il dono della pace a Dio bisogna pregare, però quest’anno il Santo Padre Giovanni Paolo II non
solo ha incitato i cristiani alla recita del
Santo Rosario ma anche indetto una giornata di digiuno a imitazione di Cristo quando
si ritirò nel deserto.
Anche
se la guerre è cominciata c’è
ancora tempo per la pace. Non è mai tardi per comprendersi e continuare a
trattare, prima però bisogna rendere quelle popolazioni libere e non sottomesse
a regimi dittatoriali. Solo così si può vivere in pace con sé stessi e con il
mondo intero.
Libertà
e pace chiediamo noi ragazzi che viviamo in un mondo libero per i nuovi coetanei
che non conoscono né cosa vuol dire “libertà”
e nè di conseguenza cosa vuol dire “pace”.