Associazione Culturale "I SenzaNome" -  Roma
Editrice della Rivista di Letteratura, Arte, Cinema e Cultura "Spiragli"

  

Archivio Artistico-Letterario:  SCRITTORI

 

 Serena D'Arbela

    Traduttrice, Insegnante e Giornalista

 

Biografia

Serena D'Arbela, nata a Firenze, ha vissuto a Venezia, poi a Roma. Laureata in Scienze Politiche, è inoltre traduttrice, insegnante, giornalista, studiosa dell'immagine filmica, poetica, grafico-pittorica e collabora a giornali, riviste e rassegne d'arte e di cinema.

Ha tradotto "Port-Royal" (di C.A. Sainte-Beuve), Ed. Sansoni, Firenze, 1964. Ha pubblicato "Nuovo Cinema Polacco - L'inquietudine e lo schermo", Ed. Napoleone, Roma, 1981; "Messaggi dallo schermo - Cinema cecoslovacco degli anni ottanta", Ed. Riuniti, Roma, 1987; "I maestri di Praga", Ed. Isca, Milano, 1989; e le raccolte di poesia "Cercare altre mani", Ed. FSP, Avezzano, 1979; "Variazioni", Ed. EDC., Avezzano, 1995;  "Serenissima", Ed. Pangloss, Roma, 1999. 

"Siete proprio veri?" è il suo primo romanzo.

  e-mail: darbela@tiscali.it

Romanzo
pag. 200 - Edizioni Tracce

DALLA QUARTA DI COPERTINA

Un romanzo dalla forma narrativa asciutta ed essenziale, in cui l'atmosfera e l'ambiente di Venezia vengono trasfigurati in allegorie calibrate e incisive, dense di contenuti.
La trama oscilla felicemente tra l'onirico e il realistico, con passaggi di sequenza e situazioni narrative che lasciano riflettere sul disagio esistenziale dell'uomo e sull'importanza dell'immaginazione creativa e dell'espressione artistica.
L'originalità del testo è anche nel punto di vista inedito che l'Autrice ci offre sulla bellissima città lagunare, con grande attenzione alla psicologia dei personaggi e con una suspense narrativa che stimola il lettore e lo affascina.

Se sapessi che è stato di quel sogno che sognai
o che sogno aver sognato
saprei tutte le cose
 

Jorge Luis Borges (da "La Cifra")

 

 NOTE su VALERIA D'ARBELA

Valeria ha cominciato col disegnare per gioco per fantasia insieme a me, sui dieci-undici anni, poi è esplosa come pittrice nel 43-44, con disegni a tempera dai colori vividi e dai soggetti coraggiosi rivolti a un mondo inesplorato suggerito dalla letteratura e dall'arte, specialmente gli Impressionisti. L'arte era qualcosa che aveva dentro e che anticipava la tecnica, anzi la scavalcava con soluzioni creative quasi la forza dell'immaginazione fosse la vera protagonista dell'azione pittorica. Amava Van Gogh e Toulouse Lautrec, l'uno per il colore, l'altro per l'espressività delle figure, ma poi amò anche i fauves e gli espressionisti. Gli anni vissuti dopo il '45, il desiderio di vivere il suo tempo e gli ideali sociali la spinsero verso il realismo. Dipingere la gente come atto anche esistenziale. Scelse l'insegnamento nell'isola di Pellestrina e dipinse i pescatori. Lavorava come maestra anche per essere "dentro" alla società. Comunque la sua vena più profonda rimase quella di un espressionismo fantastico e figurativo in cui si fondono l'elemento onirico e l'ispirazione oggettiva. Tanti furono i cicli del suo lavoro artistico. Oltre a quelli già citati, quello del paesaggio veneziano colto soprattutto nei bianchi e neri graffiati e incisi, quello psicologico ispirato dall'impatto con la metropoli a Milano, con le periferie, la solitudine umana, i personaggi femminili, l'eros e poi il momento della contestazione giovanile, coi simboli di cavallini, cavatappi e tenaglie rappresentativi di una lotta per la libertà, cui seguirono la serie del luna park, eterna illustrazione del sogno e del gioco, e quella dei cicli della natura intesa come realtà, mistero e magia, i giardini, gli alberi. Negli anni '90, il ciclo delle Storia e delle utopie. Il ciclo della guerra durante la crisi del Golfo, e poi ancora un nuovo ciclo della natura (Natura, Arte, spazio), con protagonisti boschi e marine. Nel 99-2000 il ciclo di Aran con grandi tele ispirate al linguaggio delle onde di mari e oceani con un interno significato allusivo della vita e della morte. Nel 2000-2001 il recupero della memoria, la rivisitazione con opere ad olio di soggetti di tempere o chine degli anni 45-50. E il ciclo finale, ancora quello prediletto del nuovo Luna park. Ciò che caratterizza VALERIA è la sua singolarità senza appartenenze a questa o quella tendenza artistica, pur dialogando con le lezioni dell'astrattismo e dell'espressionismo. Non si è appartata dal suo tempo e dai suoi fermenti, ma compenetrata, intenta ad un'intima concentrazione per esprimerli con la propria chiave originale, immaginativa e visionaria. Per VALERIA la forma è il contenuto, il significato visibile e sotterraneo che scorre irrefrenabile, dinamico nel colore e nel segno.
SERENA D'ARBELA

Valeria D'Arbela
Parole e immagini
pag. 52 - a cura di Serena D'Arbela e Simonetta Ferrante

(Ritorno alla terra, 1999, particolare, olio su tela, collezione privata)

(Città flipper, 1975, chine colorate su carta, cm. 50x70, olio su tela, collezione privata)

 
RACCONTO INEDITO
di Valeria D'Arbela

LA TEMPESTA  arrivò d'improvviso. 
Il cielo diventò giallo, grigio, poi nero come la notte. Nello spazio, divenuto come una cupola soffocante sempre più incombente, passavano bagliori d'incendio, immagini scheletriche di case. E, come meteore, espressioni di volti bianchi s'intrecciavano come fasci di riflettori attraverso la scena scura. ELLA aveva sempre temuto la tempesta. E l'aveva evitata scegliendo sempre paesaggi di sogno. Palmizi, ulivi, viti, verdi tranquilli e sereni, scintillanti, formavano i suoi paesaggi. Quel giorno tuttavia, anzi quel mese, non poté impedire che sul suo idillico paesaggio si radicasse e crescesse una città informe, come un alveare e poi abnorme nel suo gioco ritmico di pieni, di vuoti, di facciate metalliche e vitree. Cresceva in tutte le direzioni, con un piglio abile e diabolico, utilizzando ogni minuto per nuove paradossali trovate. Così ELLA allontanò da sé l'idea della tempesta perché mille e mille piani e facciate le nascondevano ormai il cielo, illuminato solo da bagliori artificiali. Dalla luce creata dalla città stessa, fittizia come le vetrine, fittizia come le insegne, sipario di luci create come stoffa che avvolgeva e nascondeva l 'immensa e ignota vita di uno spazio formicolante là dietro. ELLA viveva proiettando la sua forma tra le mille, fittizie, della città. Proiettando la sua ombra componendo se stessa tra altre forze a lei uguali superiori o inferiori. Si dissolse in suono tra musiche armoniche, voci discordi. Percorse le fessure tra le case trascinata dall'infinita e lacerante sirena della salute pubblica. Si specchiò in limpidi cristalli e in lastre offuscate dalla notte e dalle passioni del desiderio e della menzogna. L'amuleto portato con sé dai paesaggi idilliaci brillava nel suo giaciglio, luminoso come un sole. Oro? pensava ELLA. Astro o stella o pura luce di gioia. La sua stanza cadeva nell'ombra quando l'idolo giaceva in fondo a un cassetto. Il crescere della città aveva proiettato nella stanza di ELLA un'ombra cupa, la presenza di spigoli, cornicioni, facciate, vicine e incombenti. Ma l'amuleto brillava nel giaciglio creando l'atmosfera solare dei paesaggi di sogno.
La tempesta arrivò d'improvviso. ELLA non poté evitarla, né poté difendersi. Mobili, cose, idee, sentimenti materializzati furono spazzati via in un turbine irresistibile. Arrivarono i pietosi a spazzar via gli ultimi frantumi. Arrivò un medico per rinnovarle il corpo e l'anima. Osservò con attenzione l'idolo che nel vortice di polvere velenosa aveva perduto tutta la sua luce.  "E' un rottame velenoso" disse il medico, dopo averlo toccato con una calamita-contatore. "Era un amuleto" precisò ELLA. "Ora non è altro che un concentrato di A." continuò il medico. La città specchiava nell'acqua le sue distruzioni. ELLA si trovò sola nel buio della sua tana sconvolta. Ne uscì e accecata, cominciò per un numero ignoto di volte il giro del grande oscuro labirinto.
(tratto da "Valeria D'Arbela Parole e Immagini")

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