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RICORDANDO GLI APPARATI RADIO DEGLI ANNI 50 |
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Quando imbarcavo, il locale adibito alla stazione
radio era sempre o quasi pulito, spesso era anche ben
illuminato e facevano bella foggia sulla consolle integrata
i vari apparati. Sulle navi costruite nel nord Europa erano
in genere equipaggiate dalle compagnie radio Nera o Marconi
o Face Standard. Queste navi, dopo un decennio di onorato
lavoro venivano vendute ad armatori vari, per lo piu’ a
societa’ di bandiere di comodo ed in genere a greci ed
italiani. In linea generale il complesso nave, pur avendo
problema di vistose perdite di olio sui motori principali e
paralleli con i generatori in sala macchine, in plancia o
ponte di comando alcuni radar funzionavano a calci, ma
erano navi robuste e si comportavano bene nelle tempeste. In
porto la nave, se era sprovvista di condizionatore d’aria,
aveva sempre un oblò semichiuso bloccato dal suo
chiavistello di sicurezza, cosi’ che la brezza marina
entrasse insieme agli immancabili fumi provenienti dal
fumaiolo e dagli estrattori di cucina. Il primo passo nel
passaggio di consegne era sempre la contabilità’ radio
relativa ai radiotelegrammi e alle radiotelefonate trasmesse
via IAR o via stazione estera, HEB (Svizzera) e PCH
(Olanda), o alle stazioni costiere di destinazione, dove la
nave effettuava la discarica o la caricazione. Insomma, su
queste navi, dopo tutte le prove di routine effettuate, come
stabilito dal passaggio di consegne, mi ritrovavo
responsabile delle stesse.
Ricordo che quando ero giovane, desideravo fare
più imbarchi, magari brevi, per poter transitare da una nave
all’altra e potermi così impadronire con vera pratica dei
vari TX-RX di bordo aumentando e valorizzando la mia
casistica in merito. In genere in porto accendevo solo il
ricevitore per controllarne la funzionalità e la precisione
della scala parlante analogica. Usciti dal porto, il
comandante era già sulla porta con il famoso quaderno dei
telegrammi in partenza. Accensione del trasmettitore
principale, il solito alimentatore unico che alimentava i
tre cassetti onde medie grafia, onde medio corte RTF-AM e
le onde corte A1-A3. Dopo pochi minuti mentre tutte le
valvole iniziavano a scaldarsi, l’odore era piu’ di
bruciato che di valvola in riscaldamento e si faceva sempre
più intenso. A quel punto, era buona norma spegnere tutto,
prasi che eseguivo immediatamente lasciando passare qualche
minuto prima di riprovare e spesso il problema persisteva
anche se dalle piccole feritoie circolari protette da vetro,
osservavo velocemente, senza notare alcun fumo o fiamme. Era
solo quell’odore che sanno emanare gli apparati valvolari
vetusti. |
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Tranquillizzato, iniziavo a chiamare prima sulla 500khz per dare il
QTO e la destinazione con prevista ETA e poi dopo , con manovra
machiavellica, commutavo l’alimentazione sul cassetto delle onde
corte, dove, dopo una rapido accordo, seguendo le famose tabelline
di sintonia potevo regolare la minima corrente di assorbimento delle
valvole finali con la massima uscita di Rf (plate / load/ wattmetro
nelle classiche stazioni radioamatoriali) osservando il ventre di
tensione, l’intensita’ luminosa della lampadina al neon posta sul
tubetto di rame. Dopo la chiamata iniziale, passavo a quella
classica, finche’ non ricevevo l’agognato “de” a cui rispondevo con
il nominativo nave seguito dalla frequenza di lavoro per poter
trasmettere il traffico RT. La problematica era sempre la stessa,
ossia, più l’apparato restava acceso più intenso era l’odore dei
tubi termoionici surriscaldati accompagnato dal surriscaldamento del
trasformatore che reclamava in quei casi la sua parte. |
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Stazione radio navale anni 50
appartenuta alla |
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M/n APOLLONIA - ZACC |
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Era
praticamente inutile porlo in stand-by, manovra ritenuta azzardata
in quanto la stazione costiera poteva chiamare in qualsiasi momento.
A quei tempi, la telegrafia era ancora molto usata e pertanto le
navi in QRY erano molte. Una cosa che confortava era la scritta
riportata sugli apparati “ servizio H24 o continuato”. La
problematica di non aver l’aria condizionata nel locale rt si faceva
sentire all’equatore.
L’umidità faceva cambiare la sintonia dello
stadio finale, anche spostandosi di pochi decine di chilocicli e
quindi bisognava volare dalla sedia, portarsi davanti al
trasmettitore, premere il pulsante manual key e riprovare ad
aggiustare il plate e il load. Non effettuare questa operazione
voleva dire portare lo stadio finale a risuonare fuori del suo range
di impedenza, con conseguenze alla lunga immaginabili anche se le
valvole classe 813 erano dei veri muli da battaglia ed erano
alimentate al massimo a 3000 volt, per avere una potenza media di
uscita di 350 W, più che sufficiente per un collegamento
radiotelegrafico. Nella normativa ITU tutti gli apparati imbarcati
sulle navi dovevano rispondere alla costruzione tropicale e classe F
(resistenza all’umidità e al calore). Era buona norma lasciare gli
apparati in stand-by in quanto durante le soste nei porti tropicali,
l’umidità era considerata fattore di rischio. Non ricordo di aver
mai avuto stazioni radio dotate di apparati per il mantenimento e
controllo della temperatura/umidita’ interna onde ridurre tal
effetto o se mai fossero state previste come per i motori elettrici
di bordo. Devo dire che tutte queste esperienze mi sono tornate
utili in un secondo tempo, quando terminai di navigare dopo quasi 14
anni ed andai alle dipendenze di una famosa ed affermata ditta
tedesca con agenzia in Italia. |
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di Adolfo Brochetelli
- IK1DQW |
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