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RADIOTELEGRAFISTI COCCIUTI |
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Una mattina, l’allora signor Bellando, capo RT della Telemar
ricoprente la carica di reclutatore di radiotelegrafisti, mi
contatto’ telefonicamente volendo sapere se ero disponibile
ad imbarcare su una nuova nave a Dubai in golfo persico. Io,
sempre con l’idea del filibustiere del mar dei Caraibi o del
Corsaro Nero, senza proferire altre parole risposi con un
secco “si” riagganciando il vecchio telefono in bachelite
nera attaccato verticalmente al muro, quello a ghiera con i
numeri circolari.
Preparai la solita valigia: metà vestiti estivi, gli altr,i
vestiti invernali. Gli abbigliamenti erano composti
esclusivamente da due divise estive color cachi e due
invernali blu con relative camicie bianche a maniche lunghe,
un paio di magliette di lana, calzini neri e bianchi, slip,
due paie di scarpe, una di tela blu scura ed un comodo
mocassino nero per i miei piedoni.
Al pomeriggio mi recai alla stazione ferroviaria dove acquistai un
biglietto per "Olocene" (1). Il bigliettaio un poco meravigliato
mi getto’ uno strano sguardo, consulto’ l’orario ferroviario
e non trovando la città disse: “glielo faccio fino a
Genova". Mi apprestai a prendere il treno Genova – Torino e
dopo due lunghe ore di viaggio travagliato, tra scioperi
vari degli addetti alla ferrovia, dei lavoratori di Riva
Trigoso, di quelli della sottostazione dei quadri elettrici
di Sestri Levante, degli studenti di Rapallo, scesi
finalmente a Genova Brignole incamminandomi subito per Via
dei Cecchi.
Ricordavo la zona essendoci stato nei precedenti imbarchi. La
ricordavo perche’ era il luogo dove puntualmente andavo a
discutere in modo quasi animato con l’ufficio tecnico per la
pessima qualità delle stazioni radio da loro gestite. Il
signor Bellando, in giacca e cravatta blu, divisa tipica dei
marconisti di bordo imbarcati sulle passeggeri, mi accolse
nel suo minuscolo ufficio e dopo i convenevoli di rito mi
disse: “ ora non potrà piu’ lamentarsi della stazione radio,
la nave e’ nuova ed allestita secondo gli ultimi standard
dell’IMO”. Non capii mai cosa c’entrasse l’IMO con l’UIT,
ancora oggi ripenso a quella frase, ma oramai ero lì,
inutile stare a puntualizzare e rimettersi a discutere
passando per il solito pignolo rompiscatole ligure. La
giornata trascorse velocemente tra pratiche d’imbarco con l’
Agenzia, la Cassa Marittima e la Capitaneria di Porto. Era
buio quando stanco e con i piedi indolenziti, mi recai
all’albergo Aquila, sito in Piazza Principe, dove consumai
un frugale pasto serale, brodino e carne al sugo, prima di
coricarmi. Il giorno successivo, di buon’ora, fui svegliato
dall’infernale suono del telefono seguito dalla cupa voce
del portiere impastata dal sonno che mi comunicava
l’ora. Raggruppai velocemente i miei sensi a tempo di
record, mi preparai e scesi giù in portineria dove ritirai i
miei documenti. Con passo svelto e deciso, mi diressi di
fronte all’albergo dove partivano gli autobus per
l’aeroporto, salii velocemente sul famoso numero tre per
Voltri. Arrivato all’aeroscalo, mi affrettai a ritirare il
biglietto aereo Genova – Roma - Dubai e prima di raggiungere
l’area d’imbarco mi avviai al bar per fare colazione in
quanto all’albergo, data l’ora, non avevano aperto la
cucina.
Dopo un’ora di ritardi a causa della protesta degli assistenti di
volo e degli addetti al piazzale, i primi lamentandosi del
fatto che i concorsi li vincevano solo i laureati ed i
raccomandati a discapito di coloro che avevano volato
facendosi le ossa con la pratica e non solo, mentre i
secondi, per via dell’abbigliamento non adeguato alle
condizioni meteo, riuscii a raggiungere la scaletta
dell’aereo. Partimmo ed atterrammo a Roma dopo un volo di
circa un’ora ed anche qui sciopero dei controllori di volo.
Sostai il tempo necessario per spostarmi dal gate nazionale
a quello internazionale, a quei tempi Fiumicino aveva un’ala
unica per tutti i voli. Appena imbarcato ebbi una prima
discussione con una coppia di sposi diretta in Giappone. La
cappelliera copriva sia i loro due posti che quelli dietro
dove era assegnato il mio, a fatica riuscii ad infilare la
mia “ventiquattrore”. Lui era un grassone sui sessant’anni,
lei una venticinquenne (!). Chiesi all’assistente di volo la
durata del viaggio ma non seppe rispondermi subito, mi disse
in seguito che forse erano tre ore, ma di fatto arrivammo a
destinazione dopo cinque ore. Arrivato a Dubai il tassista
inviatomi dall’Agenzia Marittima mi raccolse all’uscita e mi
accompagno’ in porto. L’aeroporto di Dubai si trovava nella
parte vecchia della città, mentre il porto nella zona nuova,
quindi era come passare da un quartiere indiano a quello di
Beverly Hill.
Con un sospiro di sollievo salii a bordo, ero un po’ sconvolto. Il
collega RT mi disse subito che avrebbe lasciato la nave il
mattino seguente alle ore 12 pertanto mi consiglio’ di
andare subito a riposare, avremmo fatto il passaggio di
consegne il giorno successivo e cosi’ feci. Il giorno dopo
di buon’ora feci colazione e di corsa in stazione radio.
Appena aprii la porta ebbi la netta sensazione che un muro
mi stesse cadendo addosso. La stazione radio presentava un
buco nel pavimento e gli apparati erano del tipo vecchio,
quasi anteguerra. Il radiotelegrafista sbarcante cercò di
spiegarmi velocemente il funzionamento del complicato
trasmettitore e di quello di riserva ad onde medio-corte.
Scrivevo, annotavo tutto come un automa, ma la mente era
buia ed offuscata dalle troppe informazioni ed istruzioni
che mi venivano dettate o meglio sparate a mo di mitraglia.
La delusione era tanta, non ascoltavo piu’ nulla, stavo
diventando sordo? Ad un certo punto il collega mi disse: “ti
devo lasciare mi aspettano per lo sbarco”. Rimasi a
guardarlo come un ebete mentre si allontanava con passo
spedito verso l’uscita. Erano passate quattro lunghe ore ma
non avevo capito nulla. Dove ero capitato?
Presi possesso della mia cabina che al piano inferiore ma, solo dopo
che il cameriere e il mozzo l’avevano ripulita e rimessa a
nuovo, fino a quel momento era l’unica cosa positiva da
quando avevo messo i piedi su quella nave. Pensieroso ed un
pochino incerto, decisi di ignorare tutto e andai a pranzo.
L’equipaggio era giovane e il Comandante, un rude triestino,
mi disse che, dopo la consegna della nave un fulmine si era
abbattuto sull’antenna verticale e questo era caduto nella
stazione radio provocando il buco nel pavimento che non era
stato ancora riparato ma coperto alla meglio con una specie
di materiale tampone. Alla malora! Non avevo nemmeno
l’antenna verticale, mi resi conto che vi era una filare
arrangiata alla meglio. Il comandante prosegui la
chiacchierata sulla nave con dovizia di particolari
ricordando che la prima della serie, di detta nave, si era
spaccata in due in pacifico (!)…..Porca vacca pensai!!
Chiesi quale sarebbe stato il nostro viaggio ed esso rispose
che erano in stand-bay da circa due mesi in attesa di nolo,
ma sicuramente si sarebbe presentata da li a poco
l’occasione per un viaggio con destinazione Giappone o
California.
Pranzai a dir poco sconsolato e subito dopo mi diressi verso le
scale che conducevano direttamente al ponte di comando. Qui
mi accorsi che gli ufficiali non portavano la divisa color
cachi ma quella celestina tendente al colore dei bluejeans.
Mi ricordai che era la divisa che portavano anche quelli
della Esso, rammentai anche, per averlo letto da qualche
parte sulle riviste di nautica, che la prima nave della
serie spaccatasi in due era proprio della Esso. Mi ripresi e
uscito dalla plancia mi diressi verso la stazione radio.
Aprii la porta che si trovava subito a sinistra, mi fermai
un istante, notai il solito sportellino che serviva per far
comunicare a voce l’RT e ufficiale di guardia quando
serviva scandire l’ora GMT e fare il punto nave con il
sestante. Sul tavolo erano sistemati i ricevitori e gli
altri apparati radio che lentamente iniziai a riconoscere.
C’era il quaderno dei radio-collegamenti su appuntamento con
Genova Radio / ICB. Alle 14 GMT corrispondenti alle 19
locali su 16 mhz il primo QRX della giornata. Il quaderno
riportava appuntamenti anche per i successivi 15 giorni. I
contatti venivano effettuati al mattino alla fine della
settimana mentre nel pomeriggio gli altri giorni. Accesi il
ricevitore principale, era uguale identico al ricevitore
secondario, lessi la sigla Redifon R-551. |
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REDIFON R 551 |
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Impostai il commutatore su 16 Mhz e girando la manopola di sintonia
cercai la frequenza di ICB fonia. Ascoltavo debole l’operatore
genovese che parlava con una nave in atlantico, il segnale era
scarso. Mi accorsi che la scala parlante riportava un certo errore
rispetto alla frequenza di ICB nonostante sopra vi si trovasse uno
“strano aggeggio” chiamato calibratore. Mi ricordai del ricevitore
Atalanta della Marconi e mi sudarono le mani dalla rabbia. Portai la
scala a Zero, girai la manopola su calibrate, premetti il pulsantino
nero e feci battimento zero. Risintonizzai ICB e questa volta la
frequenza corrispondeva a quella analogica letta sul disco rotante.
Mi venne la strana idea di sintonizzare IAR fonia che lavorava a una
decina di Khz di differenza da ICB ma di nuovo la scala del
ricevitore non corrispondeva con la frequenza. Bella fregatura!
Altro calibrate e tutto tornava a posto, ovvero, ogni 50 Khz si
rendeva necessario ricalibrare la scala ed ogni volta non potevo
fare a meno di rivolgere il mio pensiero al sig. Bellando a cui era
diretta tutta la mia rabbia. |
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Munito di carta e penna presi i dovuti appunti, accesi il
trasmettitore, un coso brutto che mi sparo’ in faccia prima aria
fredda poi calda in seguito caldissima. Cercai con gli occhi qua e
la qualcosa che mi aiutasse ad impostare la frequenza. Niente! C’era
solo un commutatore con scritto canale 1,2,3 A1, canale 4,5,6,7
A3J. Ero molto imbarazzato, impotente di fronte ad una
situazione che mi fece annebbiare la vista senza tener conto della
mia naturale miopia, ero molto irritato. L’apparato aveva la
quarziera che era una via di mezzo tra un T-300 e un Allocchio
Bacchini, telegrafia e fonia in A3!!. Il vento caldo sparato con
forza dalla ventola tangenziale dell’estrattore dello stadio finale
accresceva il nervoso dentro di me. Accordai con calma il driver poi
lo stadio finale collegato all’antenna a mezzo di un commutatore sul
quale un cartellino riportava la scritta “ antenna corta, ottima per
i 16 Mhz”. Su di un altro cartellino c’era la scritta “onde medie,
tutte le bande escluso i 16 e 22 Mhz”. In quel momento mi torno’
alla mente una nota frase partenopea che non sto’ qui a ripetere.
Sul frontale dell’apparato c’era scritto Redifon G341. Premetti il
tasto test, tutto sembrava regolare, la lampadina al neon raggiunta
dalla RF s’illumino’ e lo strumento della corrente assorbita dallo
stadio finale si poso’ sulla linea verde. Regolai il commutatore di
potenza sulla meta’, ci trovavamo a un paio di miglia dalla costa,
per di piu’ di un porto arabo e l’esperienza raccomandava di porre
la massima attenzione. Selezionai il canale 2, che sulla tabella
corrispondeva al canale di chiamata nazionale, mentre l’ 1 a quella
internazionale e il 3 all’unico canale di lavoro telegrafico…. che
miseria! In telefonia avevo il canale Alfa e Beta di IAR-ROMA RADIO
e il solo Alfa di Genova, mentre il quarto canale corrispondeva a
Berna Radio. Un mezzo urra’ detto sottovoce mi usci dalla bocca ma
subito soppresso per non passare per il solito RT pazzo, cosa che
dimostrai dopo. Sulla consolle, infilato tra i due ricevitori, il
trasmettitore di emergenza ed il pannello dei servizi c’era il tasto
telegrafico, con su scritto “Redifon”, un cosettino così . |
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REDIFON G341 |
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Sintonizzai IAR su 16 Mhz grafia, iniziai a chiamare nel modo che da
anni usavo con le stazioni italiane. Dopo moltissimi minuti,
quantificabili in un quarto d’ora, rattristato smisi ed aumentai la
potenza portandola al massimo insistendo nella mia chiamata per
altri quindici minuti. Nulla !! Misi il trasmettitore in standby ed
andai a verificare l’impianto aerei. Non appena aprii la porta
esterna della plancia per recarmi in contro-plancia, fui
letteralmente investito da un caldo torrido, quasi desertico. Il
sole era accecante e rifletteva sulle bollenti lamiere della nave.
Portai istintivamente una mano a mo di visiera sulla fronte
proteggendo gli occhi dalla luce diretta e gettai contemporaneamente
uno sguardo in direzione delle antenne per verificare le loro
condizioni. Vidi un penzolo da 10 cm che partiva dalla gabbia di
protezione posta sotto al radar e poi andava dritta al fumaiolo che
si trovava poco distante. Anche la seconda filare era al suo posto e
non presentava anomalie, stesso percorso della prima ma che finiva
su un paletto un paio di piani sotto la plancia. Una corta e una
mezza lunga, le solite filari da monografia, una di 14 mt per le
bande alte una da 22 mt per le bande basse. |
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TASTO REDIFON |
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Tutto regolare, nel
frattempo il sudore mi aveva ridotto ad uno straccio bagnato, ero
zuppo da capo a piedi, cosi’ decisi di rientrare e tornare in
stazione radio. Sul ricevitore ricercai IAR-ROMA RADIO, grafia 22
mhz, dopo la solita prassi della ricalibrazione della scala, sentii
Roma a malapena, arrivava un filetto sopra il rumore, l’antenna
ricevente era quella di prua. Selezionai quella di poppa e la ricezione miglioro’ un pochino.
Dovetti ripetere la sintonia sulla filare corta e dopo aver
implorato l’aiuto dell’Altissimo per qualche minuto, riuscii a
tirare fuori un mezzo accordo…… Chiamo……. Nulla!. Risintonizzai la
16 mhz e chiamai TRIESTE RADIO la quale mi rispose subito (!). Mi
affrettai a chiedere quale fosse il mio QSA/QRK ed ebbi in risposta
un 3/3. Chiesi ancora se avessi traffico a IAR e mi rispose, dopo un
breve AS, NIL, QRU, VA. Nell’ora della migliore apertura dei 16 Mhz
per l’Italia arrivo solo a 3, andiamo bene pensai deluso. Alle ore
18 andai a cena e poi tornai subito su in radio. Davanti alla porta
della stazione trovai sette persone che mi attendevano. Erano quelli
in lista che dovevano telefonare. All’ora del QRX RTF, Genova radio
mi chiamo’ con un segnalone, risposi immediatamente e dall’altra
parte qualcuno disse: “eila’ Giuseppe arrivi male come sempre”.
Dissi che non ero Giuseppe, che era sbarcato la mattina, dissi sono
il “Brok”.
D’un tratto sentii nel sottofondo un gran vociare, mi salutavano,
erano quelli che personalmente conoscevo a ICB, qualche trimestrale
della mia scuola e altri dipendenti. Passai le mie richieste
all’operatore. Vennero tutte soddisfatte alla velocita’ della luce,
3 /4 minuti a persona e nel giro di una mezz’ora, tutti felici e
contenti abbandonarono l’area della stazione radio ma, non prima
dell’arrivo del solito ritardatario che mi costrinse ad una nuova
richiesta, pregando cortesemente l’operatore di ICB che,
puntualmente e gentilmente fece passare. Purtroppo questo problema
mi accompagno’ fino a quando il “solito ritardatario” non sbarcho’.
L’operatore di ICB tutte le volte mi chiedeva se volevo telefonare a
casa ma io gli rispondevo di no facendogli presente di avere il mio
sistema collaudato e l’aiuto del mio caro amico Massimo che abita
vicino a casa mia. Il mio impianto era composto da una linea RTX
dedicata con un ricevitore ITT-3026 e un TX da 120 Watt (!),
frequenza di lavoro 12400 fonia alle ore 0600 e 1800 italiane nei
mesi invernali e su 16400 d’estate.
L’operatore a casa era o mia sorella o mio padre, poi negli anni
furono sostituiti da mia moglie. L’antenna, non avendo trovato nulla
di buono sul mercato uno stilo di 8 metri ed una filare per il
ricevitore. (Nota a margine, quando lavoravo con la MSC ed io ero a
casa, facevo io l’RTF agli RT di bordo che avevo conosciuto quando a
Mombasa ci si trovava in due o tre navi. Ci tenevamo sempre in
contatto per i QSO con IAR o HEB, dato che non tutte le navi avevano
apparati per comunicare subito). Dopo un po’ e dopo aver preso una
certa confidenza con gli apparati, mi rammaricava che lo stesso TX
faceva onde medie e onde corte, non c’era un TX principale per le
onde medie, non c’era la telescrivente a bordo. Seppi in seguito che
lo stesso tipo di nave, ma di un altro armatore, aveva sia la telex
Sitor che i primi satelliti standard 211 della Magnavox (il sistema
Saturn 3 doveva ancora venire). Sperimentai varie soluzioni degli
aerei per farmi sentire meglio, ma senza risultati pur capendo che
il tratto verticale dell’ antenna ad L rovesciata era molto buono,
ma non riuscii a migliorare nulla. Quello era, quello rimaneva e
quello mi dovevo tenere. Dopo un ulteriore mese di rada andammo a
caricare a Rastanura per poi ritornare a Dubai per fare bunker ma,
la destinazione era ancora ignota. Dopo due giorni salpammo e
mettemmo la prua per il Giappone.
Lasciato lo stretto di Hormuz
iniziarono le difficoltà per contattare IAR e di riflesso non
mancarono i problemi con l’equipaggio. In navigazione la stazione
radio era il punto di riferimento principale e tutti vi si recavano
attratti come formiche. Telefonia al mattino con IAR e salvataggio
al pomeriggio con ICB che, grazie agli ottimi rapporti e conoscenze
con buona parte degli operatori, questi erano sempre disponibili
anche al di fuori dei consueti orari degli appuntamenti radio.
Quando la giornata si presentava particolare o meglio, quando per
me era negativa, mi capitava di lanciare in aria tutto quello che mi
capitava tra le mani, sedie, nomenclature etc. Ai poveri malcapitati
che si presentavano in stazione radio per telefonare a casa e questo
si verificava puntualmente tutte le sante domeniche dicevo, prima
ancora che potessero aprire bocca: “ Oggi le comunicazioni sono
possibili solo con BERNA RADIO ma il costo e’ di 7 mila lire ogni 3
minuti…….” contro i 3.550 lire di IAR e ICB. Molti accettavano a
malincuore, altri rinunciavano. Per HEB dovevo solo sintonizzare la
frequenza sul canale RTF e subito, come d’incanto, nel silenzio piu’
assoluto si sentiva un fruscio seguito dalla portentosa voce dell’
operatore che in inglese annunciava: “this is BERNA RADIO, listen “.
Dicevo solo il nominativo radio e l’altro in perfetto italiano: “
ok, arrivi molto bene dammi le richieste”.
L’intero traffico passava senza
intoppi e tutti soddisfatti tornavano ai loro impegni contenti e
beati lasciandomi solo con i miei problemi. Non so come facevano a
HEB a sapere la mia posizione nave, avevo l’impressione che un
selettore con sintonia automatica indicasse sul loro canale RTF la
direzione da cui proveniva il segnale. Credo che il sistema, in
qualche modo informasse l’operatore il quale, sintonizzava in
telecomando il trasmettitore e relativa antenna e cosi’ fu per tutto
il mio periodo d’imbarco che feci su quella nave. Mentre le
comunicazioni con casa erano regolari ed ottime, lo stesso non si
poteva dire del servizio radio offerto dai centri nazionali……... a
mio avviso sempre pessimo. I successivi viaggi furono per l’Europa
ma alla fine dei sette mesi, cotto e stracotto sbarcai. Inutile
raccontare il seguito ed il malcontento che riversai al signor
Bellando quando ritornai a Genova per consegnare personalmente la
contabilità radio. Lui, sempre in giacca e cravatta blu, in tutta
calma e senza fare una piega, mi disse che non sapeva assolutamente
nulla (?) del pasticcio trovato a bordo, si era basato solo sul
fatto che la nave era nuova, di conseguenza era fuori discussione
l’utilizzo di apparati obsoleti!!……………Ci salutammo con una stretta
di mano e mi avviai all’uscita. Scesi lentamente la rampa di scale
scarsamente illuminata dalla poca luce che filtrava attraverso il
portone aperto. Mi fermai sulla soglia e gettai uno sguardo veloce
in strada. Attraversai, sbirciai con un gesto veloce l'orologio e mi
diressi alla stazione ferroviaria cercando d'immaginare cosa mi
sarebbe capitato al prossimo imbarco................... |
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(1) -
BIGLIETTO PER OLOECENE:
QUANDO IMBARCAVO, LA TESTA ERA PRESA PIU' DALLE SENSAZIONI DI
NAVE NUOVA , DI STAZIONE RADIO MODERNA, E QUINDI OLOCENE E' IL
PERIODO STORICO INIZIALE IN CUI L'UOMO SI E' EVOLUTO A QUELLO DI
OGGI. QUINDI OLOCENE O IMBARCARE SU una NUOVA NAVE per me era un
nuovo evento, difficile forse da far capire, ma sono solo sensazioni
personali non facili da trasmettere con le parole. |
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di Adolfo Brochetelli
- IK1DQW |
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Le immagini riportate
sono state tratte dal web |
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