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SOLDATI REIETTI

Da un articolo di Andrea Chiodi, uno scottante argomento dell'immediato dopoguerra.

 

   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il generale tedesco von Pannwitz in uniforme cosacca

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Andrei

Shkuro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il generale

Pyotr

Krasnov

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alla fine della guerra decine di migliaia di cosacchi che avevano regolarmente combattuto nei ranghi della Wehrmacht, furono consegnati ai sovietici in spregio alla convenzione di  Ginevra che vieta che i prigionieri vengano ceduti ad altri paesi. Tra questi soldati vi erano anche coloro che non erano mai stati cittadini sovietici ma che, a seguito della rivoluzione bolscevica, avevano dovuto abbandonare la Russia, avendo combattuto durante la rivoluzione dalla parte dello zar e dei bianchi. Costoro da quel momento avevano sempre vissuto in paesi occidentali  ottenendo colà  la cittadinanza. Per queste persone combattere il governo sovietico e quindi essere alleati dei tedeschi non era  un tradimento della madrepatria, ma una continuazione della lotta tra bianchi e bolscevichi che tra il 1918 e il 1920 aveva divampato in Russia.

Quando il 22 giugno del 1941 la Germania attaccò l' Unione sovietica, per decine di migliaia di Cosacchi si presentò l' occasione di riprendere, a fianco della Germania, quella che per loro era una guerra di liberazione contro i bolscevichi.  Appena dopo l'inizio del conflitto vi erano già 20 mila tra monarchici dell' emigrazione bianca e cosacchi   inquadrati nella Wehrmacht.

Nel 1942 alcune unità furono autorizzate ad avere proprie insegne, il primo reggimento cosacco fu agli ordini dell' ex maggiore dell' Armata Rossa Ivan Nikitovic Kononov, iscritto al partito sovietico dal 1927, insignito dell' ordine della Bandiera Rossa, ma figlio di un capitano dei cosacchi del Don dell' esercito zarista, che era stato fucilato dai bolscevichi nel 1918.

Kononov nell' agosto del 1941 mentre copriva la ritirata dell' Armata Rossa,  passò con tutta la sua unità (il 436° reggimento di fucilieri della 155ª divisione di fanteria) dalla parte dei tedeschi. Il comando germanico permise a Kononov di comandare un reparto cosacco e di reclutare truppe tra i prigionieri di guerra e tra i disertori dell' esercito sovietico nel nome della rivolta contro i bolscevichi.  Nel campo di prigionia di Mogilev in Bielorussia, nei campi di Bobruisk, Orsha, Smolensk, Propoisk e Gomel l' alto ufficiale cosacco ricevette migliaia di adesioni tanto che solo una parte dei volontari fu effettivamente subito arruolata.  

Il 19 settembre 1941 il nuovo regimento cosacco contava 77 ufficiali e 1799 soldati di cui per il momento circa il 60% erano cosacchi (quasi tutti del Don) e gli altri provenivano da altre nazionalità dell' Unione Sovietica. L' unità dapprima battezzata 120° reggimento di cosacchi del Don, quindi 600° Battaglione Cosacchi, infine 17° Battaglione corazzato cosacco fu inquadrato nella III Armata tedesca e fu assiduamente impegnato nelle operazioni militari.

L'unità era caratterizzata da un forte spirito anticomunista, effettuò numerosi raids anche nelle retrovie dell' armata sovietica ed in un'occasione in vicinanza di Velikyie Luki (nord-ovest della Russia) 120 uomini di  Kononov operando in territorio nemico fecero prigionieri tutti i componenti di un tribunale militare sovietico  insieme con le loro guardie e liberarono i 41 soldati che stavano per essere messi a morte.  

Ovviamente  l'unità di Kononov si distinse anche nella guerra di propaganda e nel distribuire proclami e volantini al di là delle linee nemiche La propaganda era sopratutto basata sulla promessa che la caduta del regime bolscevico avrebbe portato all' abolizione del collettivismo e alla reintroduzione di varie  libertà personali. 

Ai volontari cosacchi che affluivano numerosi per combattere i sovietici,  si unirono, o diedero il loro appoggio politico e morale, celebri anziani ufficiali cosacchi  zarista (la gran parte rifugiati nei paesi occidentali)  quali Nikolai Lazarevitch Kulakov, l'anziano capo cosacco che tutti fino a quel momento avevano creduto morto nel 1920 durante la lotta contro i bolscevichi, e i generali cosacchi Krasnov, Shkuro e Naumenko.

Dalla parte dell' Asse passò anche il leader (Atamano) dei cosacchi del Don  Sergei Vassilevic Pavlov, il quale  assunse  l' autorità amministrativa sul territorio cosacco e si insediò nella vecchia residenza degli Atamani dei tempi dello zar nella città di Novoczerkassk lungo il basso corso del  Don (poco a nord-est di  Rostov).  

Verso la fine del 1942 Pavlov era a capo di  una assemblea  regionale cosacca (krug) che contava 200 rappresentanti del popolo cosacco. Poiché un numero sempre maggiore di volontari andava ad ingrossare il corpo cosacco, il comando germanico affidò al generale von Pannwitz il compito di organizzarlo su base più ampia; da quel momento i destini del tedesco generale von Pannwitz e dei suoi cosacchi furono indissolubilmente legati fino al tragico finale. 

Per ordine di von Pannwitz vengono conservate importanti caratteristiche cosacche nelle uniformi e nei distintivi, anche la lingua parlata è il russo oppure spesso (essendoci comunque una percentuale di ufficiali tedeschi) gli ordini vengono impartiti in  una sorta di lingua mista composta  con parole tedesche e russe.  Nel 1943 nasceva la prima divisione cosacca. 

L'effettivo controllo dei cosacchi sulla loro terra liberata durò pochi mesi; dopo la sconfitta di Stalingrado la Wehrmacht iniziò la lenta ritirata verso ovest: i soldati cosacchi seguirono la ritirata dell' esercito tedesco con al seguito tutti i loro cari per evitare le sicure rappresaglie dei bolscevichi. Quando dopo l' estate del 1943 l' esercito tedesco, sotto la pressione sovietica,  iniziò a ritirarsi dal territorio cosacco,   quasi cinque milioni di russi antisovietici si mossero verso occidente per sfuggire al totalitarismo comunista o perché, in qualche modo, legati ai tedeschi. 

Nell' autunno del 1943 la divisione cosacca viene spedita in Jugoslavia a combattere la guerra contro i partigiani titini. I cosacchi si distinguono nel tenere sgombro il territorio dalle infiltrazioni partigiane collaborando con Ustascia e Cetnici.  Nel giugno del 1944 la divisione viene elevata al rango di corpo d' armata (XV corpo d' armata cosacco) e viene impiegato nel quadro delle Waffen SS di cui però non farà mai formalmente parte mantenendo tutte le sue peculiarità. Il XV corpo d' armata cosacco giungerà a contare 50.000 uomini, in totale, comprese altre formazioni,  i cosacchi che operarono nella wehrmacht furono circa 250.000.   

Nel luglio del 1944 Pannwitz riesce ad ottenere, per i cosacchi, la possibilità di essere decorati con la croce di ferro, cosa originariamente non prevista per i volontari ex-sovietici.

Nel frattempo, allontanandosi la possibilità di ritornare in tempi brevi nella terra madre, si fa largo l' esigenza di trovare una nuova patria per i cosacchi e per le loro famiglie.

i cosacchi riuscirono ad ottenere dai tedeschi la concessione per occupare un'area dove creare uno stato cosacco. Quell'area si trovava in Italia, corrispondente alla Carnia, in Friuli, ribattezzata "Kosakenland". 

Il 1945 vede i cosacchi impegnati in  battaglie di retroguardia, sotto la pressione sia dell’Armata Rossa che, soprattutto, dell’Armata Popolare Yugoslava del Maresciallo Tito. I cosacchi ripiegano in Friuli, in Carnia dove già nell' autunno 1944 avevano preso posizione alcuni reparti in funzione antipartigiana.

Da ottobre a dicembre i reparti cosacchi e caucasici liberarono le valli dai partigiani e occuparono le vallate praticamente fino agli ultimi giorni di guerra. Come sempre assieme alle truppe  cosacche si muovevano anche  le loro famiglie. In tutto circa 40.000 persone si stanziarono in Carnia. Nella tarda primavera del 1945 sotto la spinta dell' offensiva angloamericana, i cosacchi sono costretti ad abbandonare questi territori ed a muovere verso nord, verso l' Austria anche al fine di operare un congiungimento con le truppe russe anticomuniste del generale Vlasov.

Il 3 maggio le truppe arrivano in Austria; sostano a Peggetz, tra Oberdrauburg e Lienz. E' Pasqua ed i cosacchi festeggiano.  Gli ufficiali si rendono ben conto che la guerra è finita.

Una delegazione composta da alcuni ufficiali (il generale Vasiliev ed il tenente Nikolai Krasnov, nipote del generale Krasnov) contatta gli inglesi per trattare la resa. Inizialmente i cosacchi si fidano degli inglesi, 25 anni prima il generale Krasnov si era anche guadagnato la Military Cross combattendo contro i bolscevichi al fianco del generale Alexander. a sua volta Alexander si fregiava dell' Ordine Imperiale Russo.

Era evidente che per queste persone era incredibile che i britannici potessero essere alleati dei sovietici.  Gli inglesi intanto prendevano tempo perchè non avevano in zona truppe sufficenti per minacciare e costringere con la forza le divisioni cosacche ad arrendersi. Il generale Krasnov scrive una lettera per  il suo vecchio amico Alexander. Non riceve risposta alcuna. Con ogni probabilità la lettera non fu nemmeno recapitata.

L' unica condizione che i cosacchi esigevano è che fosse loro garantito che non sarebbero stati rimpatriati. L' ufficiale di collegamento che si occupava dei rapporti con i cosacchi, il mite maggiore Davies all' inizio non capiva perchè questi rifiutassero di arrendersi finchè non avessero ricevuto l' assicurazione richiesta, finchè un giorno una anziana donna non gli mostrò ambo le mani da cui tutte le unghie erano state strappate via, allora capì perchè i cosacchi accettassero di andare da qualunque parte eccetto che in Russia.

Ancora di più i cosacchi acquartierati a Lienz, si preoccuparono quando i britannici confiscarono i loro cavalli.  A seguito delle loro proteste i britannici risposero che non c' erano cavalli cosacchi in quanto i cosacchi erano prigionieri. Era la prima volta che gli inglesi si riferivano a loro come a dei prigionieri. 

Il 27 maggio il maggiore Davies comunicò alle truppe cosacche che avrebbero dovuto consegnare  tutte le armi per mezzogiorno. 

Quella mattina il generale britannico Musson aveva dato delle istruzioni alle truppe: "Mi rendo conto che abbiamo a che fare con persone che parlano una lingua diversa dalla nostra e che ci sono donne e bambini... se diventerà necessario far fuoco su di loro, voi lo farete e considererete questa come un' operazione di guerra..."

Il giorno dopo ai cosacchi fu comunicato che gli ufficiali dovevano partecipare ad una "conferenza" per parlare del loro futuro, i cosacchi divennero sospettosi, alcuni non salirono sui camion che erano venuti a prelevarli. Il corpo ufficiali presenti a Lienz era composto da 35 generali, 167 colonnelli, 283 tenenti-colonnello, 375 capitani, 1,752 ufficiali subalterni, 136 funzionari militari e dottori, 2 comandanti di banda musicale, 2 fotografi, 2 interpreti. In tutto  2,756 persone; di questi, 2201  salirono sui  camion  inviati dai britannici, gli altri si rifiutarono.

Quando arrivarono al luogo indicato non trovarono nessuna "conferenza" ma il generale britannico Musson che li informò che aveva ricevuto l' ordine di consegnarli ai sovietici. Durante il trasferimento, 55 ufficiali cosacchi si suicidarono,  2,146 furono effettivamente consegnati all' NKVD. Tra di loro c'erano  1,856 ufficiali Cosacchi, 176 Russi, 63 Ukraini, 31 Caucasici, e un manipolo di altre nazioni.

Questo il destino loro toccato:  12 generali furono spediti a Mosca; 120 ufficiali furono uccisi lungo la strada per Vienna dai soldati sovietici che sorvegliavano il convoglio; 1,030 ufficiali morirono durante gli interrogatori condotti dall'   NKVD; 983 ufficiali "sopravvissero" per essere mandati a lavorare nelle miniere negli Urali dove furono privati del diritto a risalire in superficie. 

Una volta eliminati gli ufficiali i britannici ebbero buon gioco a consegnare con la forza  soldati e civili  ai sovietici.

Il 1° giugno, circa 25000 persone furono consegnate ai sovietici dal campo dei cosacchi presso Linz, dove erano acquartierate circa 32000 persone, la maggior parte dei quali anziani, donne e bambini che erano di fatto dei rifugiati. In seguito missioni militari sovietiche fecero improvvisi raids in campi di prigionia nelle zone americana e britannica prelevando molte altre persone con la  forza. In tutto si stima che oltre 150.000 cosacchi furono consegnati all' URSS. 

Un analogo trattamento, effettuato in spregio alla convenzione di Ginevra ed al diritto internazionale (che non rispondeva nemmeno ad alcun accordo tra le potenze vincitrici),  fu quello riservato agli  anticomunisti slavi meridionali cioè croati, sloveni, serbi e montenegrini che furono consegnati   a Tito il quale evidentemente, non aveva alcun diritto rispetto queste persone.

Questa  operazione venne compiuta segretamente, illegittimamente e ingiustificatamente e  venne attuata senza lasciare nulla di scritto. Il conte Nikolai D. Tolstoy, inglese figlio di emigrati russi,  qualche anno fa effettuò lunghe ed accurate ricerche per scoprire  gli artefici di questo complotto. Tolstoy alla fine delle sue lunghe ricerche giunse alla conclusione che Harold Macmillan (che in seguito fu primo ministro inglese  dal 1957 al 1963) aveva  architettato l'intera vicenda. 

Fra il 17 e il 31 maggio, circa 30-35 mila persone fra sloveni, croati, serbi e montenegrini vennero consegnati agli uomini di Josip Broz detto Tito. Finirono tutti infoibati.

Fra gli ufficiali troverà la morte anche il generale von Pannwitz, che vuole condividere il destino dei suoi uomini e degli altri ufficiali superiori cosacchi, mentre gli sarebbe stato facile sfuggire tale sorte dichiarandosi tedesco e così restare con gli Alleati e godere del trattamento riservato dalla Convenzione di Ginevra ai prigionieri di guerra.

La stampa sovietica (Prava, Izvestia, ecc.) annuncia processo ed esecuzione degli ufficiali cosacchi il 17 gennaio 1947, anno che è assunto come quello della loro morte.

Il rimpatrio forzato delle truppe antisovietiche in Russia è stato definito l' olocausto di due milioni di persone.

 

 

L' ARMATA DEL GENERALE VLASOV

I cosacchi, come abbiamo visto, non erano stati gli unici a combattere sotto le insegne tedesche contro i sovietici: praticamente ognuno dei popoli  assoggettati all' Unione Sovietica fornì volontari per la Wehrmacht. I tedeschi riunivano i soldati provenienti dallo stesso paese in unità omogenee, vi furono così unità composte da georgiani, armeni, azerbaigiani, osseti,  tartari,  russi ed altri. (in coda a questa stessa pagina sono riportati i links ad alcuni filmati riguardanti varie unità di volontari stranieri che combatterono a fianco della Germania.

Piuttosto nota  e parallela a quella dei cosacchi, è la vicenda dei volontari anticomunisti russi che combatterono a fianco dei tedeschi  sotto la guida del generale ex sovietico Andrej Andreevic Vlasov nell' Esercito Russo di Liberazione (R.O.A. ovvero Russkaya Osvoboditelnaya Armiya).   

Il generale Vlasov, fedelissimo dello stalinismo combattè con onore nella difesa di Mosca del 1941 e nella difesa di Kiev e fu decorato più volte, nell' estate del 1942 ebbe l' incarico di rompere l' assedio di Leningrado. La missione fallì e segnò  profondamente l' animo di Vlasov. Piuttosto che abbandonare i suoi uomini Vlasov si dette alla macchia nel territorio controllato dai tedeschi che però lo catturarono. In prigionia Vlasov fu contattato dal capitano Wilfried Strik-Strikfeldt, un baltico ex combattente per i bianchi durante la rivoluzione sovietica; Strik-Strikfeldt lo persuase a metter su un' armata anticomunista russa per combattere a fianco dei tedeschi. Assieme al tenente colonnello  Vladimir Boyarsky , Vlasov scrisse una nota, poco dopo la sua cattura,  ai capi militari  tedeschi suggerendo una cooperazione tra i russi anti-sovietici e l' esercito tedesco.  Insieme con altri generali ufficiali e soldati ex sovietici, Vlasov  si poneva l'obiettivo di abbattere il regime stalinista e di creare uno stato russo indipendente. Molti prigionieri di guerra. si dichiararono interessati a far parte di questo esercito di liberazione. 

Nella primavera del 1943, Vlasov scrisse un proclama anti-Bolscevico noto come il "Manifesto di Smolensk"  che,   in milioni di copie, fu scaricato dall' aviazione sopra le postazioni sovietiche. Come diretta conseguenza migliaia di soldati russi disertarono.  

I 13 punti del "Manifesto" promettevano una Russia unita, dove sarebbe stata abolita la collettivizzazione delle campagne, sarebbe stata distribuita la terra ai braccianti, reintrodotta la proprietà privata e di commercio, assicurate le libertà personali e di fede, espressione, stampa, la gente avrebbe potuto scegliere il proprio lavoro.

Inoltre il manifesto proclamava che tutte le nazionalità di cui si componeva l' Unione Sovietica avrebbero partecipato con eguale dignità alla costruzione del nuovo stato. Al "Manifesto di Smolensk" era inoltre aggiunta una dichiarazione tedesca che recitava: "La Germania, guidata da Adolf Hitler  persegue lo scopo di creare un nuovo ordine in un' Europa senza Bolscevismo e Capitalismo"

L' arruolamento di volontari russi nei ranghi germanici e la creazione di unità con forte presenza  di volontari ex sovietici era  incoraggiata dai comandi militari tedeschi che vedevano in questa operazione un mezzo per cercare di riguadagnare l' iniziativa sul fronte est. 

Alla fine del 1943 si calcola che già ben 427.000 soldati ex sovietici militassero in varie unità tedesche: nell' aprile del 1943 era stata creata la prima divisione SS non tedesca, la Divisione Waffen SS di Granatieri Ucraini detta "Galizien" dal nome della regione compresa tra Polonia ed Ucraina che fu, tra l' altro, una delle province dell' impero asburgico.

La visione del generale Vlasov era tuttavia differente: egli aspirava a riunire tutti i volontari ex-sovietici in un vero e proprio esercito di liberazione che operasse al fianco dei tedeschi, con autonomi  comandi intermedi, nonchè insegne e reclutamento propri e distinti.

A tale scopo i tedeschi crearono un organismo apposito il KONR (Comitato per la Liberazione dei Popoli di Russia) a capo del quale era il generale Vlasov, tuttavia molti dei volontari che erano disposti a combattere i sovietici provenivano da popoli che erano stati assoggettati dai Russi e quindi erano anche storicamente anti-russi ed aspiravano all' indipendenza da Mosca.  Come conseguenza non ci fu reale collaborazione ad esempio tra i volontari ucraini,  ruteni  oppure tra le unità georgiane e l' esercito russo di liberazione di Vlasov, un tardivo riavvicinamento fu tentato negli ultimi giorni di guerra con il corpo d' armata cosacco. Come conseguenza benché centinaia di migliaia di cittadini ex sovietici combattessero in varie unità dell' esercito germanico, il ROA come entità autonoma vide ufficialmente la luce piuttosto tardi nell' autunno del 1944. 

Nell' estate  del 1944 ci fu un incontro tra Himmler ed il generale Vlasov in cui Himmler promise finalmente un appoggio pieno alla creazione dell' esercito di liberazione russo, d' altra parte Vlasov prometteva di riconoscere ai vari popoli della Unione Sovietica il diritto all' autodeterminazione.

La nascita ufficiale del ROA porta alla stesura di un nuovo documento firmato da tutti gli esponenti della resistenza antisovietica (anche se ancora in stragrande maggioranza di nazionalità russa) riuniti nel citato KORN e noto come il "Manifesto di Praga". Nel documento vengono ripresi  i   temi del precedente proclama di Smolensk, ma viene posto anche l' accento sulla parità e l' autodeterminazione dei popoli della Russia e dell' Unione Sovietica.

Il "Manifesto" ha  un immediato impatto sul popolo russo, migliaia di volontari accorrono sotto le bandiere di Vlasov, Hitler da ordine di approntare 10 divisioni. Un intero squadrone dell' aviazione sovietica atterrò dietro le linee tedesche passando dalla parte di Vlasov, in un solo giorno, il 20 novembre furono ricevute 60.000 adesioni.

E' rimarchevole come benché nel tardo autunno e nell' inverno 1944-1945 fosse ormai evidente a tutti che la Germania non potesse vincere la guerra, pure l' odio contro Stalin ed il regime fece sì che decine di migliaia di volontari aderissero ad una guerra con ogni probabilità già perduta.

In La "questione russa" alla fine del secolo XX, Aleksandr Isaevic Solzenicyn afferma essere "Indicativo che finanche negli ultimi mesi (inverno 1944-45), quando per tutti era ormai evidente che Hitler aveva perduto la guerra, ebbene proprio in quei mesi molte decine di migliaia di russi che si trovavano all'estero presentassero domanda per arruolarsi nell'Esercito russo di liberazione (Roa) - ecco qual era la voce del popolo russo. E sebbene non soltanto gli ideologi bolscevichi (insieme con i timidi intellettualoidi sovietici), ma anche l'Occidente (incapace di immaginare che i russi potessero avere un loro proprio obiettivo nella guerra di liberazione) abbiano ricoperto di sputi la storia dell'Esercito russo di liberazione, quest'ultimo entrerà comunque nella storia del Paese [...], e ne rappresenterà una pagina significativa e coraggiosa".

Poichè molti dei volontari lavoravano già come manodopera straniera nell' economia bellica tedesca che non poteva permettersi una simile emorragia di personale, alla fine le divisioni furono ridotte a cinque di cui poi solo due e mezzo divennero operative con una forza totale di 50.000 uomini. Le due divisioni KONR, ebbero rispettivamente i nomi di 600ª Divisione Panzer-Granadieren sotto il comando del generale Sergei Kuzmich Bunyachenko e 650ª sotto il comando del generale G. A. Zveryev.

In marzo e aprile la 600ª combattè contro i sovietici sul fronte dell' Oder, ove subì pesanti perdite; verso la fine di aprile la divisione si spostò verso il confine ceco, mentre Hitler moriva nella cancelleria a Berlino e tutto attorno il Reich collassava. Vlasov tentò di contattare  gli angloamericani per arrendersi ad essi e per negoziare che non sarebbero stati costretti a rimpatriare.  

Nel frattempo i cosacchi di von Pannwitz avevano abbandonato il Friuli e marciavano verso nord per congiungersi alle truppe di Vlasov. Alla fine sembrò che la 600ma  potesse attendere a Praga l' arrivo degli americani ed i russi antisovietici furono anche contattati dalla resistenza ceca che combatteva contro i tedeschi: i cechi offrirono asilo agli uomini del ROA se questi gli avessero consegnato la città.

La  divisione russa si portò a Praga e consegnò la città agli insorti, sperando in tal modo di guadagnare la riconoscenza ed il promesso appoggio della resistenza ceca e poter lì attendere l' arrivo degli occidentali. Nulla di ciò accadde: i comunisti largamente presenti nella resistenza ceca, una volta ottenuta la città, si dimostrarono loro ostili ed inoltre Vlasov venne a sapere che gli occidentali avevano già pattuito con Stalin che Praga avrebbe dovuto essere conquistata dai sovietici. ciò che rimaneva del ROA fu di nuovo costretto a ritirarsi verso occidente per sfuggire all' avanzata dell' Armata Rossa.

Presso il villaggio di Schluesselburg il ROA raggiunse le linee della Settima Armata USA. Il generale  Bunyachenko implorò gli americani di accettare la loro resa. Gli risposero che quella era zona che negli accordi tra i vincitori doveva passare sotto controllo russo e quindi non potevano farli prigionieri. I russi anticomunisti tentarono a piccoli gruppi di ripiegare ancora più ad occidente, ma furono rggiunti dai sovietici. Molti che erano riusciti ad arrendersi alle truppe occidentali furono immediatamente consegnati ai sovietici. Il 12 maggio, in Boemia, i sovietici catturano Vlasov. Circa 17.000 russi del ROA furono rimpatriati a forza verso la Russia, la gran parte nemmeno vi giunse in quanto furono passati per le armi dai sovietici, qualcuno finì i suoi giorni nei gulag.

Vlasov e gli alti comandi del ROA furono processati ed impiccati a Mosca il 1° agosto 1946.

 

 

 

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