EMERGENZE
PER UNA SCUOLA INCLUSIVA È NECESSARIO RIFORMARE RADICALMENTE
IL SISTEMA DELL’INTEGRAZIONE SCOLASTICA?
MARISA FALOPPA *
E’ stata presentata nel mese di giugno a Roma la ricerca curata dall’Associazione TreeLLLe, dalla
Caritas Italiana e dalla Fondazione Giovanni Agnelli dal titolo Gli alunni con disabilità nella scuola italiana:
bilancio e proposte.
Si tratta di un testo, pubblicato da Erickson, gigante nazionale dell’editoria sulla disabilità , che propone
una riforma radicale dell’attuale sistema di integrazione scolastica. La proposta, in linea con i progetti
di cambiamento della scuola pubblica attuati dal MIUR a costo zero, ha destato diffuse perplessità nel
mondo della scuola, della ricerca e nelle associazioni impegnate nella difesa del diritto all’istruzione
degli studenti con disabilità.
La prima parte del lavoro inquadra il tema dal punto di vista dell’evoluzione storica, fa una rapida
rassegna del quadro normativo, confronta gli approcci che caratterizzano i sistemi educativi dei diversi
paesi ed i dati internazionali riferiti sia agli allievi con disabilità che a quelli con bisogni educativi speciali.
Alcune osservazioni e proposte sono condivisibili altre devono essere approfondite e confrontate con
punti di vista diversi.
Importante dal punto di vista sistemico e pedagogico la sintesi riferita alle linee di sviluppo del modello
italiano di integrazione: “dalla scuola come organizzazione burocratica alla scuola come comunità
professionale ed educativa; dalla scuola centrata sull’insegnamento trasmissivo alla scuola centrata
sull’apprendimento e sulla ricerca”. Affermazioni che contrastano con altre indubbiamente discutibili come
quelle riferite agli allievi con disabilità gravi ed alla scuola secondaria considerata “meno adeguata alla
presenza di alunni con disabilità, che richiede un’organizzazione più flessibile, un approccio non
disciplinaristico, un forte lavoro d’equipe…”
* Presidente Comitato per l’Integrazione Scolastica.
I dati statistici descrittivi evidenziano che negli ultimi dieci anni il numero complessivo degli alunni
certificati come disabili è costantemente cresciuto, sia in valori assoluti che in termini di incidenza rispetto
alla popolazione scolastica complessiva. Si è passati dall’1,59% del 2001/02 al 2,24 del 2009/10 con una
maggiore concentrazione nella scuola secondaria di primo grado dove gli studenti con disabilità
raggiungono il 3,3% sul totale della popolazione studentesca.
Disomogenei anche i dati riferiti ai diversi contesti territoriali: con oscillazioni dal 3% del Trentino Alto
Adige all’1,7% della Basilicata.
Gli insegnanti di sostegno che nel 2002/03 erano 75.288 sono aumentati, seppure in modo più contenuto,
fino a raggiungere nel 2006/07 il numero di 90.032. Successivamente, per effetto delle disposizioni
della Legge Finanziaria 2008, sono diminuiti fino a raggiungere nel 2009-10 le 89.164 unità a fronte
di un aumento costante del numero degli alunni certificati. Il rapporto fra insegnanti di sostegno e
allievi con disabilità è passato pertanto dall’ 1,9 del 2002/03 al 2 del 2009/2010. Il contingente dei docenti
di sostegno risulta distribuito in modo disomogeneo sul territorio nazionale: nel mezzogiorno si riscontra
una maggiore incidenza rispetto al Centro ed al Nord.
In merito ai dati riferiti agli allievi stranieri con disabilità rimandiamo alle considerazioni riportate
nell’articolo
Sempre più disabili tra gli alunni stranieri in questo numero nella rubrica Senza distinzione .
Il rapporto prende poi in considerazione le risorse umane esterne alla scuola impegnate dagli enti locali
o appartenenti ad associazioni del terzo settore e la presenza di accorgimenti per il superamento delle
barriere architettoniche analizzando in particolare l’accessibilità dei servizi igienici, dei percorsi esterni
e di quelli interni.
La ricerca prosegue con l’analisi dei nodi critici del modello attuale:
• eccessiva discrezionalità nelle certificazioni;
• assenza di coordinamento e di corresponsabilità con i servizi sociali e sanitari;
• mancanza di un profilo professionale, eccesso di mobilità degli insegnanti di sostegno e delega
all’insegnante di sostegno dell’attuazione dei progetti educativi,
• ruolo debole dei dirigenti scolastici, assenza di figure professionali, personale ATA scarsamente
utilizzabile,
• necessità di formazione e di coinvolgimento responsabile delle famiglie;
• opportunità e limiti del volontariato;
• assenza di valutazione dei processi e dei risultati;
• orientamento inadeguato e rischi di segregazione;
• difficile transizione alla vita attiva ed al lavoro;
• difficoltà nell’integrazione nei contesti sociali e nel tempo libero.
All’analisi delle criticità segue la definizione di linee progettuali e di proposte per una riforma radicale del-
l’attuale sistema di integrazione che desta perplessità e preoccupazioni a partire dall’ambizione di
raffrontare in termini di efficienza il risultato ottenuto con i costi sostenuti e di delineare una proposta che
con un miglior utilizzo delle attuali risorse consenta di raggiungere i risultati attesi.
L’ipotesi progettuale prevede il passaggio dell’8090% degli insegnanti di sostegno attualmente in servizio
all’organico normale come insegnanti curricolari contitolari mentre il 10 o il 20% verrebbe selezionato,
distaccato dall’attività didattica e formato per diventare figura di tutoraggio e di supervisione con
una funzione di consulenza tecnica ad alta competenza a disposizione delle scuole appartenenti a un
ambito territoriale provinciale o sub-provinciale.
Da sottolineare il fatto che, a fronte della riduzione del numero di insegnanti assegnati alle scuole, del-
l’aumento del numero di allievi certificati e delle situazioni di gravi disabilità, sul piano finanziario non
si prevede un adeguamento dell’organico alle effettive esigenze rilevate ma si propone il mantenimento
dell’attuale livello di risorse dedicate. La ricerca peraltro non pone attenzioni particolari alle situazioni
di disabilità grave, cui fa un breve cenno sottolineando con qualche superficialità che i problemi che le
riguardano “risultano di impossibile soluzione nelle condizioni date”, invece in più punti amplia l’analisi
dei dati, le osservazioni e le proposte ad altre situazioni di difficoltà al di là della disabiltà.
Le linee progettuali prevedono anche l’abolizione degli effetti scolastici della certificazione di disabilità
sostituita da un profilo di funzionamento costruito sulla base del modello bio-psico-sociale proposto
dall’ICF (la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, definita
nel 2001 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità), alla quale dovrebbe seguire per ogni alunno
con bisogni educativi speciali un Piano Educativo Individualizzato.
Verrebbero istituiti Centri Risorse per l’Integrazione Scolastica (CRI) a livello provinciale o sub-provinciale,
dotati di autonomia amministrativa, organizzativa e personalità giuridica cui non solo spetterebbe
gestire e coordinare le risorse e le competenze riferite all’integrazione scolastica, ma assumerebbero
compiti di orientamento e funzione di “sportello unico” per le famiglie per “garantire un’unica fonte
coerente e continua di informazioni e aiuto nell’accompagnamento dalla nascita all’età adulta nel rapporto
con la scuola e gli altri servizi di territorio”.
Fortemente condivisa è la proposta di una formazione iniziale obbligatoria per tutti i futuri docenti
curricolari, anche per quelli della scuola secondaria, sulle competenze educativo-didattiche in tema
di integrazione scolastica e l’esigenza di avviare un intenso percorso di aggiornamento di tutti gli insegnanti
curricolari, sulla base di un syllabus nazionale di competenze essenziali. Riteniamo che le
esperienze positive di integrazione scolastica e di buone prassi, basate anche sul riconoscimento
delle competenze e delle conoscenze dei genitori, dovrebbero costituire il fondamento delle iniziative
di autoaggiornamento obbligatorio degli insegnanti.
Le istituzioni scolastiche dovrebbero costituire dei dipartimenti per l’integrazione composti da una
qualificata rappresentanza di insegnanti della scuola.
Nessun cenno alla presenza di altre componenti essenziali e delle famiglie la cui partecipazione è
prevista negli attuali gruppi di lavoro a livello di istituto.
La ricerca descrive famiglie segnate profondamente per tutta la vita nei sentimenti e negli atteggiamenti
che affrontano in solitudine la complessa sfida della disabilità. Famiglie da sostenere e da “formare” più
che da coinvolgere come risorse preziose e fonti di conoscenze imprescindibili.
A coronamento del progetto di riforma si prevede l’attivazione di “un sistema virtuoso per cui verranno
premiate le scuole che sapranno utilizzare meglio le risorse umane e materiali presenti, «risparmiando»
richieste di organico aggiuntivo”.
Per garantire un coordinamento ed un monitoraggio centrale dei processi di integrazione scolastica si
propone l’attivazione di un Comitato Interministeriale che potrebbe essere coordinato MIUR e di un
Consiglio Nazionale per la Disabilità, dotato di relativa autonomia,con funzioni di controllo, valutazione e
proposta. Peccato che l’unico importante organismo di monitoraggio, l’Osservatorio Nazionale per
l’Integrazione scolastica, da diversi anni non venga più convocato dal Ministero della Pubblica Istruzione.
Prima di definire nuovi assetti e costituire nuovi organismi, piuttosto complessi anche dal punto di
vista burocratico, sarebbe fondamentale verificare se l’assetto previsto dalle norme che regolano
l’integrazione scolastica è effettivamente messo in atto nelle scuole del nostro paese. Gli allievi con
disabilità grave hanno un accesso prioritario ai diversi servizi?
Le loro esigenze vengono considerate? Comuni e province intervengono con personale qualificato per
sostenerne le situazioni più complesse? I genitori sono coinvolti nei gruppi di lavoro? I progetti educativi
sono realmente condivisi con gli operatori sociali del territorio? I dirigenti scolastici convocano
regolarmente i diversi gruppi di lavoro a livello di scuola e sui singoli casi? E’ curata la continuità nei
passaggi da un ordine di scuola al successivo? I collegi docenti vengono convocati almeno una volta all’anno
per discutere dei fondamenti dell’integrazione?
La scuola italiana potrà rinunciare alla figura del docente di sostegno sulle situazioni meno complesse
a condizione che tutti gli insegnanti curricolari siano formati sui temi della disabilità ed acquisisca-
no competenze chiave per un’efficace didattica dell’integrazione, che le classi non siano numerose e
che per alcune ore la settimana sia garantita la presenza di due insegnanti affinchè si possano realizzare
attività laboratoriali, apprendimento cooperativo, interventi educativi individualizzati. Ma sui casi
più complessi, sulle disabilità che coinvolgono la sfera relazionale o che limitano gravemente l’autonomia
e la comunicazione deve essere garantita una risposta puntuale alle esigenze che famiglia, scuola
e curanti (non la scuola da sola) individuano come necessarie.
Istituire nuove strutture dotate di personalità giuridica e autonomia amministrativa, cambiare nome
alle organizzazioni non dà garanzia di farle funzionare.
In questi tempi difficili è estremamente pericoloso modificare le leggi sarebbe più efficace un impegno
collettivo per chiedere che si realizzino compiutamente le indicazioni normative, i servizi previsti, le
collaborazioni necessarie. E’ auspicabile inoltre che le ricerche sul sistema di integrazione e le proposte
di riforme radicali si aprano al confronto ed all’ascolto di chi l’integrazione la pratica, la vive sulla pelle, la
osserva da anni e la difende dalle inadempienze.