ROMA > LE
ORIGINI
Le origini di Roma sono avvolte
nel mistero. La tradizione vuole che l'eroe greco
Enea, scampato alla guerra di Troia, approdasse in
centro Italia (tutti i re e gli imperatori di Roma
e del Sacro Romano Impero, in età medievale,
vanteranno queste origini troiane). Lì prese
come moglie Lavinia, figlia di un re del luogo, e
in suo onore fondò la città di Lavinia
(attuale Pratica di Mare, ad una ventina di km a sud
di Roma). Qui infatti gli archeologi hanno rinvenuto
una serie di dodici altari preistorici, dimostrando
che gli uomini del tempo adoravano già degli
dei, probabilmente gli stessi adorati dai greci di
allora, e portati in Italia proprio da Enea.
Ascanio, figlio (o discendente) di Enea, andò
poi a fondare un'altra città, Alba Longa. Alla
sua morte altri cercarono di prendere il potere e
i suoi amici abbandonarono i suoi figli, Romolo e
Remo, affinché nessuno li potesse trovare e
uccidere.
Questi vennero "allevati da
una lupa" (la Lupa potrebbe essere stata una
sorta di donna dei boschi, chiamata "Lupa"
per via del modo "selvaggio" in cui viveva),
e quando divennero abbastanza grandi, incominciarono
ad organizzarsi per riprendersi il loro legittimo
trono, ma forse non ci riuscirono. Decisero quindi
di andare un po' più a nord per fondare una
nuova città, Roma. Romolo uccise il fratello
Remo e divenne il primo re della città appena
fondata. Dopo di lui, vennero altri sei re (sette
in tutto quindi), ma di questi, solo degli ultimi
tre è stata provata l'esistenza storica. Gli
altri quattro rimangono ancora una leggenda. Poco
tempo fa, gli archeologi hanno trovato sotto la pavimentazione
del Foro romano un altare arcaico, con pavimentazione
in lastre scure (lapis niger), e su una pietra compariva
la parola "REX", per cui ciò proverebbe
l'esistenza di "RE" nel periodo regio romano,
a sostegno delle storie raccontateci nelle fonti.
Quindi, i sette re di Roma furono Romolo, Numa Pompilio,
Tullo Ostilio, Anco Marzio, Tarquinio Prisco, Servio
Tullio e Tarquinio il Superbo (questi ultimi tre in
verità erano etruschi ). Dal 510 a.C. in poi,
con la cacciata dell'ultimo Tarquinio, Roma dal sistema
regio passa al sistema repubblicano e sarà
così fino a che con Ottaviano (poi Augusto)
non si creerà l'Impero, nel 24 a.C.
GALERIA > LA
CITTÀ MORTA
Originariamente era una città
etrusca denominata Careiae. Dopo la scomparsa
degli etruschi, fu colonizzata dai romani che la chiamarono
Galeria (probabilmente dal nome della tribù
dei Galerii). Dalle notizie storiche si apprende limportanza
logistica che ricoprì fino al XV sec. quando,
passato sotto il dominio dei Sanseverino, divenne
da luogo fortificato un centro agricolo. Nella metà
del 1700 la gente del luogo cominciò a morire
misteriosamente. Oggi si suppone che la moria fosse
dovuta alla malaria (tale ipotesi è avvalorata
delle zone paludose create dal fiume Arrone, che cinge
la collina di tufo dove sorge
il borgo). Sul finire del 1700 la popolazione era
ridotta a 150 abitanti e poco dopo fu completamente
abbandonata. Uno dei particolari che lascia perplessi
è che gli abitanti, nel lasciare le loro case,
abbandonarono anche le suppellettili di uso quotidiano
e si trasferirono a circa 4 km., ove fondarono lattuale
S. Maria di Galeria Nuova. Lasciarono persino i cadaveri
dei loro concittadini non seppelliti. Queste salme
rimasero senza sepoltura fino alla metà dell800.
Tra il verde della vegetazione fa capolino il campaniletto,
risalente al 1700, ultimo baluardo della chiesa di
San Nicola. Un tempo tale chiesa era annessa al castello
di cui purtroppo non rimangono che poche macerie.
Si hanno notizie di altre 3 chiese presenti nel borgo.
Una era dedicata a SantAndrea e venne distrutta
da un incendio nel 1816; Santa Maria della Valla,
detta anche dellospedale vecchio, fu completamente
distrutta da un fulmine sul finire del 1600; quella
di San Sebastiano (destinata alla celebrazione liturgica
della festa del santo) fu demolita intorno al 1682.La
città sorgeva su un quadrilatero di rocce vulcaniche
che cadono a picco creando una difesa naturale. Sul
fondo della valle scorre il fiume Arrone, emissario
del lago di Bracciano. Il fiume è scavalcato
da un ponte antico che risulta completamente coperto
dalla vegetazione. Molti visitatori asseriscono di
sentire il rumore di zoccoli ed un lamento provenire
dallantico mulino a valle del borgo. La leggenda
vuole che sia Senzaffanni, menestrello
morto tre secoli fa durante unepidemia. Tutti
gli anni tornerebbe sul suo destriero per suonare
il mandolino e cantare per la sua amata. Gli scettici
dicono che si tratta solo delle acque del torrente
che, attraversando le grotte poste sotto il borgo,
emettono un suono provocato dalla caduta dellacqua.
Alcuni sostengono addirittura di sentire le voci dei
morti non sepolti, abbandonati dei propri cari in
fuga, che tutte le notti di plenilunio escono alla
ricerca di pace...
ROMA > LE
LAMPADE ETERNE
Fin dai tempi più antichi,
troviamo a Roma, le cosiddette lampade eterne. Ne
troviamo una ad esempio su un tempio di Numa Pompilio.
P. M. Elsen scrive: "Quando il sepolcro di Pallante
fu aperto nei pressi di Roma nel 1401, lo si trovò
illuminato da una lampada che aveva brillato per oltre
2000 anni...". Sulla via Appia venne scoperta
intorno alla metà del XVI secolo una tomba.
In essa venne trovato il corpo di una giovane galleggiante
in un liquido sconosciuto (come ci informa Wilhelm
Schrodter), che era riuscito a mantenerne incorrotto
il corpo, tant'è che sembrava stesse dormendo.
Ai suoi piedi, una lampada accesa, che si spense a
contatto con l'aria, quando la tomba venne aperta.
Secondo
certe iscrizioni si scoprì che si trattava
di Tullia, figlia di Cicerone, morta nel 45 a.C. La
si portò in Campidoglio e la gente affluì
in massa per vederla. Ma, pensando ad un miracolo,
iniziò ad adorarla come una santa. Cosicché
il papa Paolo III ebbe l'idea di fare gettare la salma
nel Tevere.
Un fatto analogo avvenne a Budapest,
nel 1930, quando alcuni operai ritrovarono durante
dei lavori il corpo di un'altra giovane donna, perfettamente
conservato, immerso in un misterioso liquido blu.
E ai suoi piedi, ardeva anche in questo caso una lampada
eterna, immersa nell'acqua. In pochi minuti, il liquido
evaporò e la lampada si spense. Gli studiosi
non riuscirono ad arrivare in tempo e tutto rimase
avvolto nel mistero. Due di queste lampade eterne
sarebbero state ritrovate in un monastero in Inghilterra
intorno alla metà del XVI secolo ed ora sarebbero
custodite nel museo di Leida, in Olanda. Un altra
lampada simile venne trovata nel 1717 in un tempio
sotterraneo dei Rosacroce, in Gran Bretagna.
Ma lampade eterne si trovano
nella storia anche precedentemente all'antica Roma.
Il gesuita Atanasio Kircher ci parla di lampade eterne
in alcune tombe scavate nella roccia a Menfi, in Egitto,
risalenti a millenni prima. Anche S. Agostino ci descrive
una lampada simile trovata in un santuario di Iside,
in Egitto, che "né il vento, né
l'acqua potevano spegnere..." Per Charroux, tali
lampade sarebbero state una sorta di pile nucleari
in scala ridotta, create per splendere oltre 5000
anni, ovvero il tempo di disintegrazione del radium.
Altri studiosi sostengono, invece, che si tratti di
pile al plasma, ma ancora non si è giunti alla
soluzione dell'arcano...
ROMA > LA
CARROZZA DI OLIMPIA PAMPHILI
Si narra che a piazza Navona
vaghi ancora in alcune notti invernali lo spettro
di Olimpia Pamphili, a bordo della sua carrozza trainata
da maestosi cavalli neri. La leggenda vuole che la
nobildonna romana infesti questa piazza ridendo e
incutendo timore nei malcapitati passanti solitari,
per vendetta nei confronti di una città che
in vita -nonostante la ricchezza e il potere- non
la amò.