Molti sono i punti oscuri
sulla morte di Benito Mussolini...
Giulino di Mezzegra - 28 Aprile '45 ore 16,10
Una vita che ufficialmente è
finita alle 16,10 di una domenica pomeriggio, in un
paesino lungo il lago di Como. Una storia che però
è stata raccontata in almeno 15 modi diversi
C'è chi sostiene, infatti, che non fossero le
16,10, e che non fosse una domenica pomeriggio...
Di sicuro, in questa storia, ci sono solo, oltre alle
vittime, alcuni personaggi-chiave come Pedro, Bill,
Neri, Moretti, Valerio, Lampredi e Caio Mario Cattabeni.
Per ripercorrere questa storia dall'inizio dobbiamo
andare a Milano e portare il calendario all'Aprile del
1945
Milano. Prefettura - 25 Aprile 1945
- 72 ore prima della morte.
Nella prefettura di Milano Mussolini
passa i suoi ultimi giorni alla guida della Repubblica
Sociale Italiana. Arriva il 18 Aprile 1945. Ne uscirà
la sera del 25 Aprile per dirigersi verso Como mentre
in tutta l'Italia del nord iniziava l'insurrezione partigiana.
I giorni di Mussolini a Milano sono convulsi: riceve
numerose persone, molte delle quali gli propongono di
fuggire in vari modi. Ma la sua idea è un'altra:
salvarsi sì, ma restando in Italia e facendo
valere i dossier compromettenti raccolti in tanti anni
di governo. Pensa di averne per tutti: per i nemici
interni ed esterni ma anche per gli alleati tedeschi.
Da tutti pensa di potersi difendere
attaccando.
E proprio qui prepara la sua difesa personale. A modo
suo: riempendo casse e borse di dossier e documenti
riservati che lo accompagneranno fino a Dongo e che
forse saranno la causa indiretta della sua fine. Ma
prima di pensare a se stesso, Mussolini si preoccupa
di non lasciarsi un fiume di sangue alle spalle. Per
questo, il pomeriggio del 25 Aprile, prima di partire
per Como, accetta di andare in Arcivescovado per incontrare
i capi partigiani.
Milano- Arcivescovado - 68 ore prima
della morte.
Ad attenderlo c'è l'Arcivescovo
di Milano, Ildefonso Schuster, successivamente fatto
beato da Giovanni Paolo II. Lo scopo dell'incontro è
quello di trattare una resa, senza spargimento di sangue.
Ma non se ne farà niente:
i partigiani pretendono una resa senza condizioni, che
Mussolini non intende concedere. E in più, durante
l'incontro, emerge un'altra notizia che convince Mussolini
che non c'è tempo da perdere: i tedeschi stanno
trattando la resa per conto proprio, senza preoccuparsi
dei fascisti.
Fallite le trattative, Mussolini rientra in Prefettura
e ordina l'immediata partenza per Como. Ma non sa che
ha ancora solo poco più di 60 ore da vivere.
Fino a questo momento gli storici sono sostanzialmente
concordi nella ricostruzione dei fatti. Ma per quanto
riguarda i due giorni successivi, i misteri e i punti
interrogativi lasciano spazio ad ipotesi molto diverse
dalla versione ufficiale.
Como - Prefettura - 65 ore prima della
morte.
Mussolini arriva a Como nella tarda
serata del 25 aprile e si stabilisce in Prefettura.
Ci resterà poche ore: poi, prima dell'alba del
26 aprile, d'improvviso ordina di partire di nuovo,
destinazione Menaggio, un paesino a pochi chilometri
a nord, lungo la sponda sinistra del Lago di Como. Accetta
che lo seguano pochi uomini di scorta e alcuni ministri
e gerarchi. Ma perché rinunciare alla protezione
di migliaia di fascisti armati presenti già a
Como per andare a Menaggio? E perché perdere
tempo in un paesino per oltre 24 ore, non facendo altro
che aspettare? A rendere ancora più enigmatico
il comportamento di Mussolini c'è l'improvvisa
partenza per il vicino paesino di Grandola, sui monti
sopra Menaggio. La mattina del 26 Aprile il dittatore
decide improvvisamente di partire e cerca - lungo la
strada - di seminare i tedeschi della sua scorta.
Grandola, ex hotel Miravalle - 26 Aprile
1945, mattina - 60 ore prima della morte.
Lo strano comportamento di Mussolini
in quelle ore ha fatto nascere numerosi interrogativi.
Per molto tempo si è pensato che il dittatore
cercasse l'occasione per fuggire in Svizzera, magari
scappando a piedi da un sentiero che da qui porta al
confine svizzero, non molto lontano.
Ma c'è anche chi, ritenendo improbabile una fuga
a piedi, ha sposato un'altra tesi: e cioè che
Mussolini avesse un appuntamento e che stesse aspettando
qualcosa o qualcuno proveniente dalla vicina Svizzera...
Un appuntamento andato a vuoto, ma che forse spiega
il fatto che ai ministri che lo invitano a Menaggio
Mussolini risponde, proprio a Grandola: "Aspettiamo
ancora un pò".
Però, scesa la sera, si arrende e decide di tornare
a Menaggio. Siamo alla mattina del 27 aprile. Quasi
d'incanto a Menaggio arriva una colonna militare tedesca,
forte di alcune centinaia di uomini. Probabilmente anche
questo fatto convince Mussolini ed i suoi a riprendere
la strada per la Valtellina.
Da Menaggio a Dongo - 27 Aprile - 36
ore prima della morte.
Nonostante la forza dei tedeschi, la
colonna dove viaggia Mussolini non fa molta strada:
dopo circa 12 km, un piccolo posto di blocco partigiano
tra Musso e Dongo costringe la colonna italo-tedesca
a fermarsi.
Di fronte all'ostacolo, italiani e tedeschi si dividono:
i fascisti vogliono aprirsi la strada con le armi, mentre
i tedeschi, nonostante una evidente superiorità
militare, accettano subito di trattare con gli uomini
della 52° Brigata Garibaldi: il loro comandante
perde molte ore a trattare, mentre i fascisti rimasti
nella colonna continuano a consultarsi tra loro. Molti
abitanti della zona, ad esempio, notano la presenza
di Mussolini tra le macchine ferme lungo la strada.
Dopo varie ore, il comandante tedesco torna a comunicare
i termini degli accordi: i tedeschi possono passare,
i fascisti devono fermarsi a Dongo. Da qui nasce l'idea
di far salire Mussolini su un camion tedesco, con un
cappotto tedesco addosso: inizialmente il dittatore
non vuole accettare questo escamotage, poi, per le insistenze
dei suoi, accetta. Ma forse è un tranello. Infatti
la testimonianza dell'attendente di Mussolini, Piero
Carradori, ci offre un particolare poco noto e inquietante.
Carradori infatti doveva rimanere con Mussolini, ma
i tedeschi gli impediscono di salire sul camion...
Piazza Dongo - 30 ore prima della morte.
Nella piazza di Dongo avviene la perquisizione
della colonna tedesca: è probabile che i partigiani
sappiano già che Mussolini è in zona,
e ispezionano più volte i camion tedeschi. Una
volta, due volte, tre volte: invano. Non trovano nessuno.
Poi, anche grazie alla soffiata di alcuni soldati tedeschi,
evidentemente desiderosi di riprendere al più
presto la strada di casa, finalmente i partigiani individuano
Mussolini e lo arrestano.
Dongo Municipio - 24 ore prima della
morte.
Mussolini viene condotto all'interno
del Municipio, al piano terra. Per poche ore sarà
questa la sua prigione mentre, al piano superiore, vengono
radunati i gerarchi più importanti. E con le
persone, nel municipio di Dongo confluiscono anche documenti
importanti e forti somme in denaro, lingotti d'oro e
vari gioielli
Mussolini la sera stessa del 27 aprile viene trasferito
in una piccola caserma della Guardia di Finanza a pochi
chilometri da Dongo: a Germasino
Germasino - 16 ore prima della morte.
A Gemasino, in una piccola caserma della
Finanza, Pedro, cioè Pier Bellini delle Stelle,
porta Mussolini, intuendo che il suo prezioso prigioniero
è in pericolo. Bellini delle Stelle è
un moderato, vuole che Mussolini sia consegnato alle
autorità italiane e processato. E' contrario
alla giustizia sommaria che invece prevarrà.
E poiché in quelle ore Dongo è lontanissima
da Milano decide di prendere tempo e di "nascondere"
Mussolini in attesa di capire come procedere
Intanto a Milano era giunta la notizia che Mussolini
era stato arrestato e i capi partigiani iniziano ad
agire
Mentre si sta decidendo la sua sorte, Mussolini rimane
qui, a Germasino, sotto il controllo della Guardia di
Finanza. Dialoga con i suoi carcerieri che gli fanno
tante domande, mangia qualcosa, scrive un breve biglietto
dove dichiara di essere stato trattato bene. Poi si
addormenta. Ma per poco
Germasino
- Notte tra il 27 e il 28 Aprile.
In piena notte, Bellini delle Stelle
e il Capitano Neri, un altro dei capi partigiani di
Dongo, vengono a prenderlo. Con la scusa di volerlo
proteggere gli fasciano completamente la testa per impedire
che sia riconosciuto
Si apre così uno dei capitoli più misteriosi
in una storia che è fatta di mille misteri. Infatti,
nel giro di poche ore il destino di Mussolini e di Claretta
Petacci, a cui viene riunito dopo aver lasciato Germasino,
cambierà più volte...
Lago Moltrasio - 10 ore prima della
morte.
Sembra che la destinazione di Mussolini,
una volta lasciata Germasino, sia Moltrasio, a 40 km
verso sud. Lì deve arrivare un motoscafo incaricato
di portare i prigionieri sull'altra sponda e, il giorno
dopo, ad un campo d'aviazione, dove era in attesa un
aereo che li avrebbe portati al quartier generale alleato
Quel motoscafo non è mai arrivato. E così,
sembra per volere del partigiano Neri, Mussolini e la
Petacci vengono portati a Bonzanigo, 20 km a nord, in
una casa di contadini amici dei partigiani: i De Maria
Bonzanigo - Casa De Maria 28 Aprile
- poco prima della morte.
E' a casa De Maria che, probabilmente,
finisce la vita di Mussolini e Claretta Petacci. Sulla
loro fine sono stati versati fiumi di inchiostro, ma
la cosa più inquietante è che esistono
almeno una quindicina di versioni che raccontano la
stessa morte, una morte comunque violenta e improvvisa.
Giulino di Mezzegra, cancello di Villa
Belmonte - 28 Aprile 1945, ore 16,10
C'è comunque una versione considerata
ufficiale: è quella riportata dall'Unità,
il quotidiano dell'allora PCI, nei giorni successivi
all'esecuzione di Mussolini e poi confermata da quello
che viene considerato il giustiziere, il colonnello
Valerio, al secolo Walter Audisio.
Secondo questa versione, Audisio accompagnato da alcuni
partigiani comunisti del comasco e da un alto dirigente
del PCI, Aldo Lampredi, arriva nel primo pomeriggio
del 28 Aprile a Casa De Maria, ordina a Mussolini e
alla Petacci di seguirlo. Li fa salire in macchina per
poche centinaia di metri. Poi ordina l'alt davanti al
cancello di Villa Belmonte, li fa scendere e li uccide
con il suo mitra. Ma da molto tempo questa versione
è sottoposta a dure critiche...
La verità su questa storia non è facile
da trovare. Tuttavia, oltre alle testimonianze discordanti,
ci sono alcuni elementi che possono aiutare a fare chiarezza.
Ad esempio il risultato dell'autopsia effettuata sul
corpo di Mussolini, realizzate in circostanze non certo
adeguate.
L'anatomopatologo Gianluca Bello, dell'università
di Pavia, ha studiato quei documenti e dalle ferite
di Mussolini sembrerebbe che il dittatore avesse le
braccia legate dietro la schiena, in completa discordanza
con la testimoniaza del partigiano Valerio.
Ci sono poi altri dettagli che fanno
pensare che gli uomini venuti da Milano si siano trovati
di fronte ad una serie di imprevisti che fecero cambiare
i loro piani.
Al primo piano del municipio vennero concentrati i gerarchi
catturati con Mussolini. Molti di loro vennero fucilati
il pomeriggio del 28 Aprile, meno di 24 ore dopo la
cattura. Anche in questo caso fu Valerio a decidere
ogni cosa, a cominciare da chi doveva finire davanti
al plotone di esecuzione
I gerarchi vennero schierati davanti ad un parapetto
e fucilati poco dopo le 17 del 28 Aprile 1945. Vennero
uccise 15 persone, tante quante i fascisti ne avevano
giustiziate l'anno prima a Piazzale Loreto per rappresaglia
dopo un attentato partigiano.
Tranne forse un paio di casi nessuno di loro sarebbe
stato condannato a morte da un tribunale normale. Ma
la cosa che qui interessa è che si fucilarono
in pubblico, con tanto di foto e filmato, dei personaggi
secondari e si giustiziò in tutta fretta e di
nascosto il personaggio più importante, Mussolini
appunto. Che logica può avere tutto questo?
Forse davvero Valerio e i suoi ebbero
una sorpresa arrivando a Casa De Maria? Una sorpresa
che impedì di giustiziare con il massimo della
pubblicità possibile il nemico numero uno dei
partigiani.
Nel corso degli anni sono state avanzate varie versione
sulla morte di Mussolini e Claretta Petacci. Versioni
diverse tra loro ma tutte accomunate dal fatto di escludere
il cancello di Villa Belmonte e di collocare l'ora della
morte dei due molto prima di quanto dichiarato dal colonnello
Valerio
Forse i due vennero uccisi nel cortile di Casa De Maria,
prima lui e poi lei, di cui alcuni testimoni ricorderebbero
le urla strazianti, da una scarica di mitra a bruciapelo
daa parte di un commando composto da partigiani italiani
e agenti inglesi.
La versione della morte di Mussolini non risulta credibile,
ma dopo sessant'anni nessun'altra certezza è
arrivata a sostituirla a pieno titolo. Qualunque sia
il modo in cui andarono le cose resta il mistero più
grande. Perché si sarebbe dovuta nascondere la
verità per così tanto tempo? Ci sono state
realmente responsabilità inconfessabili in quei
fatti? E di chi?