"Ascolta le voci...
ascolta il tuo bambino...
lui ti dirà di ucciderlo...
solo così potrai liberarti di lei...
ascolta le voci... ascolta il tuo bambino…"
(Tratto dal Film "The Ring 2")

"Io non sono più che l'ombra di un'ombra
che si contorce in mani che non sono mani
che rotea cieca oltre le spettrali notti
di questo putrescente cimitero dell'Universo..."
(H.P. Lovecraft, Nyarlathotep)

"Il cuore di un uomo è più duro della pietra, Louis.
ogni uomo coltiva i propri affetti come può
e ha cura delle persone che ama,
perché l'amore per le persone che ci sono care è la vera, unica ricchezza;
e l'amore è un sentimento che supera anche
il limite invalicabile della morte..."
(Stephen King, Pet Sematary)

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Chi non ha mai sentito parlare di Re Artù? La sua leggenda ha radici solide, anche se la storia ufficiale non aiuta molto a capire cosa cosa vi sia di vero nel racconto della sua vita...
Una storia che fa capolino in luoghi tra loro lontani: la Gran Bretagna, la Francia, la Toscana e poi, andando ancora più a sud, la Puglia, a Bari.

E' nella Basilica dedicata a San Nicola, che si trovano tracce sorprendenti del mito di Re Artù e della reliquia che è ormai indissolubilmente legata a questa figura leggendaria: il Santo Graal...
In questa chiesa che ha quasi mille anni si fondono storia e leggenda, coincidenze e messaggi criptici, miracoli e venerazione popolare.

Il 9 maggio 1087 alcuni mercanti portano a Bari i resti di Nicola, che oltre 700 anni prima era stato vescovo cristiano di Myra, l'attuale città di Kale in Turchia. Si dice che dietro questa operazione ci fosse ben altro: la missione dei mercanti - che in realtà sarebbero stati dei cavalieri cristiani - era stata commissionata da papa Gregorio VII in persona. E non per impossessarsi delle ossa di San Nicola, ma per prelevare il Sacro Graal che era stato individuato nel Medio Oriente, all'epoca sotto il controllo dei musulmani.
Gregorio VII non vedrà il successo della missione che aveva ordinato: morirà infatti nel 1085.
Ma anche al suo successore, Urbano II, furono chiare le ragioni per le quali sottrarre agli infedeli una reliquia che poteva infondere forza agli eserciti...

Che con le ossa di San Nicola sia giunto a Bari qualcosa di miracoloso lo può forse dimostrare il curioso fenomeno della manna, simbolo biblico di abbondanza, accomunata alle ossa di San Nicola. Del resto la figura di San Nicola, "dispensatore di abbondanza", è all'origine di una delle immagini più forti della nostra civiltà: quella di Santa Claus, una deformazione latina di Sanctus Nicolaus, il nostro Babbo Natale, l'uomo che porta i doni a Natale...

C'è poi un'altra circostanza che porta a considerare la Basilica di San Nicola come un luogo legato al Graal e a Re Artù: qui è infatti conservata una riproduzione della Lancia di Longino, un'altra importante reliquia della cristianità. Si tratta infatti della Lancia che il centurione Longino usò per trafiggere il costato di Gesù sulla croce. E il sangue di quella ferita sarebbe stato raccolto in una coppa: il Graal, appunto...

Il termine Graal deriva dal latino gradalis, che significa una tazza, un vaso, un calice che, a seconda delle tradizioni, avrebbe avuto utilizzi diversi ma sempre legati alle ultime ore di vita di Gesù Cristo. Secondo alcune versioni il Graal sarebbe il calice dove, secondo la tradizione medioevale e popolare, avrebbero bevuto Gesù e gli apostoli durante l'Ultima cena. Secondo altri sarebbe invece il calice nel quale Giuseppe d'Arimatea avrebbe raccolto il sangue sgorgato dal costato del Cristo crocifisso.

La Basilica di San Nicola, costruita subito dopo l'arrivo delle ossa di San Nicola a Bari, mostra chiari riferimenti al cosiddetto Ciclo Arturiano. Riferimenti che sono antecedenti alla diffusione delle leggende sui Cavalieri della Tavola Rotonda. E' soprattutto nell'archivolto di questa porta, chiamata "Porta dei Leoni", realizzata nel XII secolo dallo scultore Basilio, che Artù e i suoi cavalieri sono chiaramente raffigurati...

Vi sono quindi numerosi elementi a sostegno dell'ipotesi che la preziosa reliquia si nasconda proprio in questa Basilica. Per scoprire dove, bisogna unire due tracce. Una è nell'archivolto e l'altra nella misteriosa iscrizione, nota come il crittogramma di San Nicola, incisa su una lamina d'argento che ricopre l'altare del Patrocinio.
Se si fa attenzione, quella che sembra una cornice dei vari riquadri è in realtà una sequenza di lettere che, in apparenza, non formano alcuna parola.
Da anni questa serie di 622 lettere, molte delle quali non perfettamente leggibili, rappresenta un autentico rompicapo.

Ecco una possibile soluzione: sulla "Porta dei Leoni" la decodifica del glifo "In Tectae Cryptae" (nelle segrete cripte) sembra riferirsi a "due cripte", una nota e l'altra ancora sconosciuta. Una decodifica del crittogramma dell'altare d'argento, realizzata dallo studioso Vincenzo Dell'Aere, confermerebbe questa traduzione:

Arca testa tecta a cripta in mira et
gradale a sacel(lo) in (ihs)
galva(ni) sepulcr(o)

ovvero:
la cassa ed il vaso provenienti dalla cripta di Mira
ed il Gradale proveniente dal sacello
dell'Eremo di Galvano (Galgano)
sono qui nascosti

Gli studiosi ne sono a tutt'ora alla ricerca, all'interno della Basilica, al momento senza successo...

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