Chi
non ha mai sentito parlare di Re Artù? La sua
leggenda ha radici solide, anche se la storia ufficiale
non aiuta molto a capire cosa cosa vi sia di vero nel
racconto della sua vita...
Una storia che fa capolino in luoghi tra loro lontani:
la Gran Bretagna, la Francia, la Toscana e poi, andando
ancora più a sud, la Puglia, a Bari.
E' nella Basilica dedicata a San Nicola,
che si trovano tracce sorprendenti del mito di Re Artù
e della reliquia che è ormai indissolubilmente
legata a questa figura leggendaria: il Santo Graal...
In questa chiesa che ha quasi mille anni si fondono
storia e leggenda, coincidenze e messaggi criptici,
miracoli e venerazione popolare.
Il 9 maggio 1087 alcuni mercanti portano
a Bari i resti di Nicola, che oltre 700 anni prima era
stato vescovo cristiano di Myra, l'attuale città
di Kale in Turchia. Si dice che dietro questa operazione
ci fosse ben altro: la missione dei mercanti - che in
realtà sarebbero stati dei cavalieri cristiani
- era stata commissionata da papa Gregorio VII in persona.
E non per impossessarsi delle ossa di San Nicola, ma
per prelevare il Sacro Graal che era stato individuato
nel Medio Oriente, all'epoca sotto il controllo dei
musulmani.
Gregorio VII non vedrà il successo della missione
che aveva ordinato: morirà infatti nel 1085.
Ma anche al suo successore, Urbano II, furono chiare
le ragioni per le quali sottrarre agli infedeli una
reliquia che poteva infondere forza agli eserciti...
Che con le ossa di San Nicola sia giunto
a Bari qualcosa di miracoloso lo può forse dimostrare
il curioso fenomeno della manna, simbolo biblico di
abbondanza, accomunata alle ossa di San Nicola. Del
resto la figura di San Nicola, "dispensatore di
abbondanza", è all'origine di una delle
immagini più forti della nostra civiltà:
quella di Santa Claus, una deformazione latina di Sanctus
Nicolaus, il nostro Babbo Natale, l'uomo che porta i
doni a Natale...
C'è poi un'altra circostanza
che porta a considerare la Basilica di San Nicola come
un luogo legato al Graal e a Re Artù: qui è
infatti conservata una riproduzione della Lancia di
Longino, un'altra importante reliquia della cristianità.
Si tratta infatti della Lancia che il centurione Longino
usò per trafiggere il costato di Gesù
sulla croce. E il sangue di quella ferita sarebbe stato
raccolto in una coppa: il Graal, appunto...
Il termine Graal deriva dal latino gradalis,
che significa una tazza, un vaso, un calice che, a seconda
delle tradizioni, avrebbe avuto utilizzi diversi ma
sempre legati alle ultime ore di vita di Gesù
Cristo. Secondo alcune versioni il Graal sarebbe il
calice dove, secondo la tradizione medioevale e popolare,
avrebbero bevuto Gesù e gli apostoli durante
l'Ultima cena. Secondo altri sarebbe invece il calice
nel quale Giuseppe d'Arimatea avrebbe raccolto il sangue
sgorgato dal costato del Cristo crocifisso.
La Basilica di San Nicola, costruita
subito dopo l'arrivo delle ossa di San Nicola a Bari,
mostra chiari riferimenti al cosiddetto Ciclo Arturiano.
Riferimenti che sono antecedenti alla diffusione delle
leggende sui Cavalieri della Tavola Rotonda. E' soprattutto
nell'archivolto di questa porta, chiamata "Porta
dei Leoni", realizzata nel XII secolo dallo scultore
Basilio, che Artù e i suoi cavalieri sono chiaramente
raffigurati...
Vi sono quindi numerosi elementi a sostegno
dell'ipotesi che la preziosa reliquia si nasconda proprio
in questa Basilica. Per scoprire dove, bisogna unire
due tracce. Una è nell'archivolto e l'altra nella
misteriosa iscrizione, nota come il crittogramma di
San Nicola, incisa su una lamina d'argento che ricopre
l'altare del Patrocinio.
Se si fa attenzione, quella che
sembra una cornice dei vari riquadri è in realtà
una sequenza
di lettere che, in apparenza, non formano alcuna parola.
Da anni questa serie di 622 lettere,
molte delle quali non perfettamente leggibili, rappresenta
un autentico rompicapo.
Ecco una possibile soluzione: sulla
"Porta dei Leoni" la decodifica del glifo
"In Tectae Cryptae" (nelle segrete cripte)
sembra riferirsi a "due cripte", una nota
e l'altra ancora sconosciuta. Una decodifica del crittogramma
dell'altare d'argento, realizzata dallo studioso Vincenzo
Dell'Aere, confermerebbe questa traduzione:
Arca testa tecta a
cripta in mira et
gradale a sacel(lo) in (ihs)
galva(ni) sepulcr(o)
ovvero:
la cassa ed il vaso provenienti dalla cripta di Mira
ed il Gradale proveniente dal sacello
dell'Eremo di Galvano (Galgano)
sono qui nascosti
Gli studiosi ne sono a tutt'ora alla
ricerca, all'interno della Basilica, al momento senza
successo...