Leonarda
Cianciulli nacque a Montella, provincia di Avellino nel
1893 in seguito ad uno stupro subito dalla madre, Emilia
Di Nolfi, che non le volle mai bene. Ella stessa scrive
nel suo memoriale: Ero una bambina debole e malaticcia,
soffrivo di epilessia, ma i miei mi trattavano come un
peso, non avevano per me nessuna delle attenzioni che
portavano agli altri figli. La mamma mi odiava, perché
non aveva desiderato la mia nascita. Ero una bambina infelice
e desideravo morire. Cercai due volte di impiccarmi; una
volta arrivarono in tempo a salvarmi e laltra si
spezzò la fune. La mamma mi fece capire che le
dispiaceva di rivedermi viva. Una volta ingoiai due stecche
del suo busto, sempre con lintenzione
di morire, e mangiai dei cocci di vetro: non accadde nulla.
Si trasferì a Correggio nel 1930,
seguendo il marito 'impiegato dell'ufficio del Registro
Raffaele Pansardi. Avevano perso tutto nel terremoto della
Marsica. Fece quasi fortuna a Correggio con un sedicente
salotto frequentato da maghe e cartomanti e con un commercio
di roba usata che gestì in maniera molto abile.
Notoriamente infedele al marito,
fu però anche un'ottima madre.
Nel tardo pomeriggio del 17 dicembre
1939 Ermelinda Faustina Setti detta "Rabitti",
una tranquilla signora, chiese ad una vicina se poteva
badare ai suoi gatti per qualche giorno. Era di fretta
e, a suo dire, doveva correre alla stazione per una
questione urgente che la rendeva raggiante: era truccata
e profumata. Andò poi,
sempre di corsa, a farsi fare i capelli e a tutti diceva
che stava per sposarsi e che sarebbe andata a vivere
in una città del Sud. La
parrucchiera testimoniò in seguito di averla
vista entrare in un palazzo di Via Cavour, al civico
11/a, dove abitava Leonarda Cianciulli.
Da quel momento la "Rabitti"
non fu più vista in giro a Correggio ma in pochi
si fecero domande: la credevano finalmente felice chissà
dove, in bassa Italia. Invece
Leonarda Cianciulli aveva attirato la "Rabitti"
a casa sua con la promessa di un futuro sposo che la
aspettava a Montella, paese natale della Cianciulli.
La uccise con un colpo d'accetta,
trascinò il cadavere in uno stanzino, le amputò
entrambe le gambe all'altezza del ginocchio e in seguito
le tagliò la testa e sezionò in due parti
in due il busto usando una sega.
Sempre nelle sue memorie la Cianciulli
descrive così il suo primo delitto: ...gettai
i pezzi nella pentola, aggiunsi sette chilogrammi di
soda caustica, che avevo comprato per fare il sapone,
e rimescolai il tutto finché il corpo sezionato
si sciolse in una poltiglia scura e vischiosa con la
quale riempii alcuni secchi e che vuotai in un vicino
pozzo nero. Quanto al sangue del catino, aspettai che
si coagulasse, lo feci seccare al forno lo macinai e
lo mescolai con farina, zucchero, cioccolato, latte
e uova, oltre a un poco di margarina, impastando il
tutto.
Feci una grande quantità di pasticcini croccanti
e li servii alle signore che venivano in visita, ma
ne mangiammo anche Giuseppe e io. All'arrivo
della domestica la Cianciulli dichiarò: "Abbiamo
sapone per i prossimi sei mesi". La "Rabitti"
aveva affidato i mobili di casa e tutto ciò che
possedeva alla Cianciulli, la quale avrebbe venduto,
incassato e le avrebbe inviato i soldi.
Il 5 settembre 1940 un'altra amica della
Cianciulli scomparve. Si trattava di Clementina Soavi,
una zitella che accudiva i figli di donne che lavoravano
nei campi o in fabbrica. Per tutta l'estate aveva parlato
di un conoscente che le aveva trovato un posto di lavoro
come direttrice diun collegio di Firenze. Diceva ad
amici e conoscenti che presto sarebbe partita e che
avrebbe fatto sapere loro il nuovo indirizzo non appena
si fosse sistemata. Nessuno si
allarmò quando non la si vide più in giro.
Anche lei aveva affidato i suoi
beni materiali alla Cianciulli affinchè li vendesse
e le mandasse il ricavato.
La Cianculli iniziò a regalare
sapone a tutto il vicinato.
Un paio di mesi più tardi, il
30 novembre del 1940 anche Virginia Cacioppo, amica
della Cianciulli scomparve subito dopo averle fatto
visita. La Cacioppo da giovane aveva fatto la cantante:
in Libano e in Egitto i giornali le avevano anche dedicato
qualche articolo. Di lei scrisse
la saponificatrice: Finì nel pentolone,
come le altre due (
); la sua carne era grassa
e bianca, quando fu disciolta vi aggiunsi un flacone
di colonia e, dopo una lunga bollitura, ne vennero fuori
delle saponette cremose accettabili. Le diedi in omaggio
a vicine e conoscenti. Anche i dolci furono migliori:
quella donna era veramente dolce.
Probabilmente la saponificatrice un
giorno sarebbe arrivata a regalare sapone a tutti gli
abitanti di Correggio, se i parenti della Cacioppo non
avessero incominciato a farsi domande. La signora Fanti,
cognata della Cacioppo, si rivolse ai carabinieri, insospettita
dal silenzio della cognata che le aveva promesso, prima
di "partire" che le avrebbe scritto per comunicarle
il nuovo indirizzo. I carabinieri le risposero che non
c'erano prove così la signora Fanti iniziò
per conto suo le indagini. Scoperse
che la saponificatrice aveva venduto tutti i beni della
cognata: scarpe, abiti e un cappotto e si domandò
con quali vestiti fosse partita la Cacioppo alla volta
di Firenze. Comunicò quindi i suoi dubbi al questore
di Reggio Emilia che iniziò immediatamente le
ricerche della donna scomparsa.
Verso la metà di gennaio del
1941 il parroco di San Giorgio in Correggio, don Adelmo
Frattini vendette dei titoli, tra i quali risultò
anche il buono del tesoro numero H-241985. Era uno di
quelli di proprietà di Virginia Cacioppo. Il
prete dichiarò di avere ricevuto il titolo da
Abelardo Spinabelli il quale confessarò di averlo
avuto dalla sua amante, Leonarda Cianciulli. La
saponificatrice venne arrestata e in seguito ad una
perquisizione del suo appartamento vennero fuori dei
gioielli nascosti in un mattone e alcuni abiti delle
donne scomparse. Venne ritrovata anche una dentiera
nel pozzo nero e resti di ossa umane frantumate nella
soffitta.
La Cianciulli confessò subito,
raccontando di avere ucciso la "Rabitti" con
un colpo di accetta, di averla fatta a pezzi e di aver
distrutto il suo cadavere bollendolo in un calderone
insieme alla soda caustica. Disse di aver dato le trentaduemila
lire che la donna aveva in tasca al suo amante, lo Spinabelli
che la avrebbe aiutata con la seconda e con la terza
vittima. Al processo però
Leonarda giurò e spergiurò d'aver agito
da sola: prometteva alle amiche un futuro allettante,
le adulava, le irretiva, le convinceva a non confidare
nulla ad alcuno, pena il naufragio del progetto. Al
momento giusto offriva loro un bicchierino (forse un
narcotico), infine vibrava un colpo d'accetta, squartava
i cadaveri, buttava i pezzi nel pentolone insieme alla
soda caustica e ne faceva sapone. A un medico legale
che cercava di dimostrare come fosse impossibile un'operazione
del genere, urlò: "Datemi in quest'aula
di tribunale un cadavere di qualsiasi età e ve
lo dimostrerò".
Alle 13,15 del 20 luglio 1946 nellaula
del tribunale di Reggio Emilia venne letta la sentenza:
Leonarda Cianciulli fu condannata a trent'anni di carcere,
più tre di manicomio giudiziario. La Cianciulli
ascoltò impassibile la condanna e sorrise allorchè
un fotografo le gridò: "Mostro, girati".
Rinchiusa nel manicomio criminale di
Aversa, la saponificatrice scrisse le sue memorie: più
di settecento pagine dattiloscritte nelle quali descrisse
fino nei minimi particolari le tecniche di smembramento
dei cadaveri e la loro bollitura. Pagine e pagine erano
dedicate a torte fatte di sangue umano mescolato alla
marmellata o alla cannella o alla vaniglia e farcite
con polvere di ossa umane di essere servite agli ospiti.
La Cianciulli scrisse anche di come con il grasso delle
vittime che affiorava dal calderone lei realizzasse
delle candele.
Per gli inquirenti fu solo una questione
di soldi ma pare esserci stato qualcosa di più.
Sposò Raffaele Pansardi
mettendosi contro la sua volontà della madre
che l'aveva promessa sposa ad un cugino e questa, in
punto di morte, le lanciò una terribile maledizione
in punto di morte da parte della genitrice: tutti i
suoi figli sarebbero morti prima di lei. E
così era stato. Leonarda aveva partorito diciassette
bambini e solo quattro erano sopravvissuti. Ogni volta
che le capitava di sognare la madre uno dei suoi figli
smetteva di respirare. Per sconfiggere il maleficio
la saponificatrice aveva tentato ogni esorcismo e quando
aveva letto nei libri del figlio universitario di come
nell'antichità si praticassero sacrifici umani
per calmare le ire degli dei, si era forse convinta
che quella doveva essere la strada da perseguire.
Leonarda Cianciulli morì nel
manicomio criminale di Pozzuoli, per apoplessia cerebrale
il 15 ottobre 1970. Fu seppellita
in una fossa comune ed i figli seppero della sua morte
solo a tumulazione avvenuta.