"C'è qualcosa là fuori,
quella strega nella cantina
ne è solo una parte,
quella cosa vive fuori nei boschi al buio,
è qualcosa che vuole tornare dal mondo dei morti..."
(Tratto dal Film "La Casa")

"Ma prima di trovare un rifugio,
una voce chiamò in sordina
e così comprese di dover affrontare il suo ospite.
Con occhi che avevano l'impronta di visioni sconosciute,
curioso e gentile,
pieno della magia di insondabili vuoti, di spazio e di tempo…"

(H.P. Lovecraft)

"Le costole sono le ellissi chiuse dei pianeti, con il punto focale nello sterno,
il centro bianco della fotografia.
I polmoni sono le ombre grigie della via lattea contro la nera schermatura di piombo
dello spazio celeste.
Il profilo scuro del cuore è la nube di cenere del sole spento.
Le iperboli annebbiate delle viscere sono gli asteroidi sfuggiti all'orbita,
i vagabondi dello spazio, la polvere cosmica dispersa."
(Peter Hoeg, "Il Senso di Smilla per la Neve")

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Fra tutti i popoli, contrariamente a quanto affermano oggi gli etologi, l'immagine del lupo è stata sempre quella di una bestia feroce e aggressiva.
L'idea che il lupo dovesse guidare le anime dei defunti nell'Oltretomba si perde nella notte dei tempi. Essendo infatti più abile e più forte dell'uomo, l'animale rivestiva un ruolo totemico e nei rituali sciamanici veniva imitato per propiziarsi lo spirito. "Lykaion", territorio del lupo, era invece ad Atene il bosco sacro attorno al tempio di Apollo dove il filosofo Aristotele teneva le sue lezioni, tanto che il termine "liceo" ha significato un luogo di sapere.

La "licantropìa" (dal greco "lykos", lupo e "ànthropos", uomo) è un disturbo mentale delirante di tipo somatico per cui i malati, solitamente isterici, si credono trasformati in belve.
Nelle leggende del nostro continente l'anomalia si collegava al mito del "lupo mannaro" e i soggetti colpiti vagavano di notte, urlando come detti animali. Si poteva divenire Lupi Mannari per una maledizione scagliata da una persona timorata di Dio in seguito ad un cattivo comportamento di un individuo, per stregoneria, per infezione licantropica o vampirica, per un patto col demonio o per altri diversi motivi.

La luna piena, che ha sempre esercitato una forte azione nella fervida fantasia dei romanzieri ed in quella popolare, col suo fascino singolare conduceva l'individuo alla violenza. La metamorfosi animalesca, il nostro satellite, i luoghi di sepoltura avvicinavano sempre più la mentalità degli Avi a quella delle culture primitive. L'influsso negativo è stato anche descritto da noti moralisti, nonché storici greci e latini come Plutarco e Plinio il Vecchio. Gli studiosi hanno riscontrato un'incidenza di crimini durante il Plenilunio, molto più elevata rispetto agli altri periodi.

Essendo il corpo composto per circa due terzi di acqua, la luna determina l'incremento delle "onde di marea umana".
Ai poteri malefici e magici del satellite si collega la licantropìa, già nota in Babilonia dove il re in persona, Nabucodonosor, si riteneva d'essere un lupo.
Anche presso i Romani, Gaio Petronio Arbitro nel "Satyricon" racconta di Nicerote che persuade un suo ospite ad accompagnarlo nel viaggio: "Si trattava di un soldato coraggioso come un leone. Ci avviammo al canto del gallo: splendeva la luna che pareva giorno. Ma, arrivati a certe tombe, il mio uomo si nasconde a fare i suoi bisogni tra le pietre, mentre io continuo a camminare canticchiando e mi metto a contarle. Mi volto e che ti vedo? Il mio compagno si spogliava e buttava le vesti sul ciglio della strada. Mi sentii venir meno il respiro e cominciai a sudar freddo. Senonché quello si mette a inzuppare di orina le vesti e divenne d'improvviso un lupo".

Numerosi episodi del genere vengono riportati da noti scrittori e da studiosi. Nel romanzo postumo dello spagnolo Miguel de Cervantes, "Persiles y Sigismunda", che nella dedica al conte di Lemos del 19 aprile 1916 reca la frase: "Con il piede già nella staffa, nell'angoscia della morte...", s'incontrano isole di Lupi Mannari e di streghe che si mutanoin lupe onde allevare la prole.
Per secoli i "Lupi Mannari" e le "versiere" (donne malvagie e scarmigliate) costituirono il terrore delle foreste, poichè si riteneva che vi fosse nei medesimi l'influsso demoniaco. Il diavolo poteva trasformare in lupi famelici ogni stregone. Lo attestano Strabone, Dionisio Afro, Varrone e tanti altri.
Scrive Virgilio nelle "Egloghe": "His ego saepe lupum fieri et se condere silvis Moerim, saepe animas imis excire sepulchris atque satas alio vidi traducere messis". ("L'ho visto spesso trasformarsi in lupo e nascondersi nel bosco di Moerim, far uscire spesso le anime da profondi sepolcri e trasportare messi ben piantate altrove").
L'imperatore Sigismondo di Lussemburgo, figlio di Carlo IV, che conosciamo per aver costretto l'antipapa Giovanni XIII a convocare il Concilio di Costanza, fece discutere in sua presenza il problema dei Lupi Mannari. Fu stabilito che la trasformazione di questi animali costituiva un fatto positivo e qualunque scroccone poteva spacciarsi per una versiera onde mettere in fuga la gente.

Si riteneva che gli stregoni portassero, fra carne e pelle, pelo di lupo.
Al dire di Fincel, un giorno si prese al laccio un Lupo Mannaro che correva per le vie di Padova. Gli furono amputate le zampe e subito la bestia riprese le sembianze umane, ma con braccia e piedi tagliati.
Si legge ancora nel "Dizionario infernale": "L'anno 1588, in un villaggio distante due leghe da Apchon, nelle montagne d'Alvernia, un gentiluomo, trovandosi verso sera alla finestra, vide un cacciatore di sua conoscenza e lo pregò di recargli la cacciagione. Il cacciatore glielo promise, ed essendosi avanzato nella pianura, videsi un grosso lupo che gli veniva incontro. Egli prese la mira e gli vibrò un colpo che andò fallito. Il lupo gli si scagliò addosso e lo assalì vivamente. Ma l'altro difendendosi, gli tagliò una zampa col suo coltello da caccia, e il lupo storpiato si mise in fuga, né si lasciò più vedere. Siccome avvicinavasi la notte, il cacciatore giunse alla casa del suo amico, il quale gli domandò se aveva fatta buona caccia. Egli trasse la zampa che aveva tagliata al preteso lupo: ma fu meravigliatissimo di vedere quella zampa convertita in mano di donna, e ad un dito stava un anello d'oro, che il gentiluomo conobbe appartenere a sua moglie. Egli andò tosto a trovarla, e la vide seduta presso il fuoco che nascondeva il braccio destro sotto il grembiule. Siccome ricusava di farlo vedere, egli le mostrò la mano che il cacciatore aveva recata, e l'infelice così scoperta, confessò che ella lo aveva assalito in forma di lupo mannaro. Il marito sdegnato la pose in mano alla giustizia che la fece dare alle fiamme".

Un episodio riguardante la "Licantropa di Nicastro", è stato pubblicato nel 1883 a Londra nella guida turistica: "Cities of Southern Italy and Sicily". Il Conte di Masano, appassionato di caccia, aveva sposato la bella figlia del Barone di Arena. Possedendo costui una vasta riserva, per tenere lontani i bracconieri la faceva controllare dai suoi fidati guardiani.
Uno di questi ultimi, tornando dal padrone, raccontò che un compagno durante la notte era stato aggredito da un branco di lupi e che per difendersi aveva ingaggiato un'aspra lotta. Il malcapitato, col coltello, era riuscito ad amputare una zampa ad uno di quei feroci animali. Ma quale non fu la sua sorpresa allorquando, nell'estrarre dal tascapane la zampa, la vide trasformata in una mano di donna che dall'anello il Conte riconobbe essere quella della sua consorte? Effettivamente, chiamata, la signora aveva un braccio fasciato; tolte le bende apparve il moncherino sanguinante. Per punizione la nobile donna, prima fu rinchiusa nel castello e poi venne condannata a morte.
Pure nella nostra società agricola pastorale del passato s'immaginava che nelle notti di plenilunio il Lupo Mannaro ("marcalupu", "lupu minàriu" o "lupupampinu") andasse in giro urlando e depredando, alla ricerca di sorgenti d'acqua per sbrodolarsi. I peli diventavano ispidi, le unghie gli si allungavano e poteva sbranare chiunque incontrasse, compresi amici e familiari.
A S. Martino di Taurianova si consigliava di pungere con una canna appuntita, da un posto sicuro - possibilmente dall'alto, il licantropo che, alla prima perdita di sangue, faceva ritorno alla dimensione umana.
In altre località della Piana di Gioia Tauro, il Lupo Mannaro, appena uscito di casa, custodiva gli abiti in un posto segreto per scorrazzare nei campi e alla periferia del paese. Prima dell'alba, poi, riprendeva i vestiti e raspava alla sua porta, ma soltanto al terzo tentativo i familiari potevano aprirgli. Anzi, in qualche abitazione si praticava un foro nell'uscio per essere certi dell'avvenuta trasformazione del proprio congiunto da lupo a uomo.

Il segno di croce incuteva paura al licantropo che evitava, perciò, di attraversare ogni quadrivio. Lo stesso motivo induceva i nostri antenati a tracciare a Natale con dei carboni accesi, per tre notti consecutive, una croce sotto la pianta dei piedi dei piccoli affinché venisse loro scongiurato da grandi l'eventuale grave disturbo...

Per ciò che concerne la possessione demoniaca all’interno del sabba, ovviamente differente dal concetto di “possessione diabolica” in uso al Cattolicesimo in giustificazione a quelle che invece sono malattie mentali come l’ossessione, la depressione, l’isterismo, essa è magicamente intesa come un richiamo consapevole delle energie primordiali che sussistono in coesione con l’universo ed è correlabile, nella maggior parte dei casi, alla luna piena che illumina splendidamente i boschi. La sua intera fase raccoglie in se la dolce espressione del fecondo ventre materno, il riflesso in essa della luce solare. Noto è anche l’influsso della luna piena sull’aspetto romantico dell’uomo, sull’istinto animale, sulle maree, sul raccolto nei campi, sulla semina e sulla pesca. Non vi è da stupirsi se il suo disco divenne il simbolo della notte, della madre feconda, del culto della luna - madre ossia di Lilith. Passiva nel riflettere il sole ma attiva nelle influenze che esercita sulla terra.

"Come il sole è il signore del giorno, la luna è la signora della notte". Da qui il simbolismo del “lato oscuro” dell’essere umano: l’animale.

© Domenico Caruso