"Una tetra mezzanotte,
mentre debole e stanco meditavo su strani volumi d'un sapere dimenticato,
mentre il capo reclino quasi cominciavo a sonnecchiare,

d'improvviso sentii bussare,
bussare alla mia porta…"

(E.A. Poe)

"Conosci la paura di chi si addormenta?
E' terrorizzato fino alla cima dei capelli,
perché la terra gli frana sotto i piedi,
e il sogno comincia..."

(Friedrich Nietzche)

"Scruto i tuoi tratti, calmi e bianchi alla luce del cero:
le tue palpebre dalle scure ciglia,
dietro il cui riparo ci sono occhi che non vedono domini terreni.
"
(H.P. Lovecraft)

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Era un costume comune a quasi tutti i pittori del ‘400 e del ‘500 raffigurare sé stessi in uno dei personaggi delle storie sacre o profane da loro dipinte, e tramandare ai posteri le sembianze degli amici nei quadri loro commissionati da Papi e Sovrani.
Le pitture del Perugino, di Raffaello sono piene di ritratti più o meno rassomiglianti che, riconosciuti dai contemporanei, furono col loro vero nome trasmessi fino a noi. Michelangelo, che anche in questo volle distinguersi dagli altri, battendo “vie men calpestate e sole” , non fece ritratti di nessuno, in quanto pensava che il ritratto fosse una lusinga alla vanità e alle imperfette illusioni dei sensi. Per questo suo carattere schivo, il Garnault affermo’ che Michelangelo non aveva alcuna tendenza a fare dei ritratti; quelli rarissimi, che egli eseguì, furono delle vere eccezioni. Quanto al suo proprio ritratto e’ assolutamente certo che egli stesso non lo fece mai.
Vasari scrisse infatti:

aborriva il fare somigliare vivo, se non era d’infinita bellezza

Ecco perché, unica eccezione, ritrasse il giovane Messer Tommaso dei cavalieri. Per i propri autoritratti invece, Michelangelo Buonarroti accondiscese al desiderio degli Strozzi, che lo avevano ospitato e circondato amorevolmente, facendosi ritrarre da Jacopo Del Conte da Giuliano Bugiardini.Il carattere sempre modesto di Michelangelo lo portò a consolare il Bugiardini, nonostante non fosse soddisfatto del ritratto e dell’arte dell’autore, affermando che il difetto era del soggetto “non del pennello ne’dell’arte”.

E’ partendo da questi studi che il Professor Francesco La Cava, medico e filosofo, nel 1923 iniziò a studiare la Cappella Sistina. Esaminando il Giudizio Universale la prima impressione era quella di una folla anonima dominata dal gesto minaccioso di Cristo Giudice. Ma, come afferma lo stesso studioso, dopo poco:

con un brivido lungo la schiena vidi la figura di Michelangelo che mi guardava…era proprio lui!”.

Un’agitazione intrepida lo spinse a guardare, riguardare, controllare meglio. Dentro la guida, nessun accenno al ritratto; i custodi della Cappella negarono che nel giudizio Universale ci potesse essere una qualche traccia fisica di Michelangelo…erano lì da tanti anni e nessuno si era accorto che la testa di Michelangelo (così come il volto di Cristo nella Sacra Sindone), era inscritta nella pelle ancor fresca e sanguinante di San Bartolomeo, uno degli apostoli martirizzati (vedi immagine).
La testa di Bartolomeo è calva mentre l’altra, quella di Michelangelo, no. Michelangelo volle distinguere le due figure: Bartolomeo, anziché la propria, mostra la pelle di un altro scorticato vivo. Michelangelo, appunto.
Un’altra differenza, forse ancora più evidente è che, mentre in San Bartolomeo notiamo una fronte ampia e liscia, nella raffigurazione della propria pelle scorticata, la fronte è veramente quadrata. E le differenze sono numerose: dal naso agli occhi, anch’esse nettissime. Scrive il professor La Cava:

nell’attimo luminoso, mentre le altre figure del “Giudizio” si dileguarono dalla mia vista, il volto di Michelangelo, corrusco di ira e dolore, mi apparve nel suo tragico significato simbolico”.

Per confermare questa supposizione il professor La Cava paragona la figura del volto di Michelangelo della Cappella Sistina al ritratto che gli fu fatto da Jacopo Del Conte tra il 1544 e 1545, dopo la grave malattia nella quale Michelangelo fu amorevolmente curato dagli Strozzi. Questo ritratto, custodito agli Uffizi, di tre anni posteriore alla pittura del “Giudizio”, conferma la fisicità di Michelangelo: capelli identici, neri e crespi; la fronte quasi quadrata che, di profilo, “quasi avanza il naso” (Ascanio Condivi). E ancora: i solchi profondi della faccia, il naso labiale, vicino al mento e un po’ schiacciato. Nessun dubbio vi è quindi che il volto disegnato nella pelle del santo scorticato appartiene proprio a Michelangelo.

Michelangelo Buonarroti volle dunque rappresentarsi semplicemente per tramandare ai posteri la sua immagine? Probabilmente no. Tale vanità contrasterebbe infatti con tutto quello che sappiamo di lui e con la sua famosa frase:

far somigliare il vivo se non era d’infinita bellezza”.

Michelangelo era invece perfettamente consapevole della sua bruttezza.
L’autoritratto della cappella Sistina nasconde però alcune sue caratteristiche fisiche, come le rughe trasversali sulla fronte, gli occhi (sostituiti da grandi occhiaie), le orecchie, la bocca e la barba. Tali tratti, sono stati forse omessi per mascherare la figura dell’uomo terribile, che nel ritratto di Jacopo Del Conte mostra invece uno stato psicologico in cui l’ira atrocemente compressa si accoppia a un dolore profondo e quasi rassegnato...

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