Nuovo contributo


Il prof. Lello Giorgi nel suo libro SUASA SENONUM espone, anche con documenti convincenti, la sua teoria riguardo alla Via Flaminia.

Ne riportiamo i passi più interessanti:

"..... la questione del tracciato della Via Flaminia rimane incerta sebbene io preferisca credere che già esistessero almeno tre di questi sbocchi sulla Via Flaminia.

La strada Cesanatese lasciando S. Gervasio nei cui pressi si biforcava per portarsi a Fanum e Senagallica, si internava fino a Mons Porcius seguendo il tracciato attuale. Infatti nella costruzione di due tombini, a diversa distanza fra Ponte Rio e Monteporzio si ritrovò, sotto uno strato di terreno, l'antico letto della strada. Inoltre sia a destra che a sinistra si rinvennero tombe, oggetti fictili, ecc. Dopo Monte Porzio la strada doveva inoltrarsi sulla collina, toccando il Muraccio, ove esiste ancora una costruzione in calcestruzzo e dove si trovarono oggetti vari, tombe ecc. mentre nulla di ciò si è rinvenuto ai margini della via attuale.

La strada quindi passando sopra Casa Taddei e a mezzo chilometro sopra il passo di Orciano, raggiungeva l'attuale passo di Corinaldo. Pure ai fianchi di questo vecchio tracciato si rinvennero costruzioni, tombe, oggetti fittili (es.: in podere Taddei, Amatisti, Medici Giuseppe, Pascucci, ecc.).

Presso la croce di S. Michele, la via deviava ancora al . piano S. Michele per ritornare sul tracciato attuale al ponte del Rio Maggio e lo seguiva fin verso il passo di Castelleone. Poi si inoltrava nuovamente sulle colline, ove, poco lungi da S. Lorenzo in Campo, nelle proprietà Monti e mezzadria Manieri, si sono ritrovati ruderi in calcestruzzo, tegoloni, oggetti fictili ed altro materiale in abbondanza.

Altre rettifiche ha subito la strada più oltre; ma, come ora, raggiungeva la Pieve di S. Vito, il passo di Monte Rolo e si inoltrava quindi verso la regione della odierna Pergola. Altre vie Flaminie sono annunciate da documenti di Fonte Avellana. La chartuba del 1194 (vedi C. Pierucci A. Polverari: Le carte di Fonte Avellana 11, Roma 1977, p. 295) " chiama via Flaminia quella che percorre lo spazio che va da S. Andrea di Suasa (Castro Girardi) al Castrum Maris (Marotta).

Un ulteriore documento avellanese di dominio dello storico A. Pagani, della penna dell'abate Morosi: « Memorie di S. Croce nel XVIII secolo », ricorda col nome di Via Flaminia quel raccordo che da Fabriano si inoltra nel Sentinate (Civita) di bellica memoria.

Tre di questi documenti associati al cippo stradale trovato presso Suasa completano quasi quest'altra importantissima arteria consolare. L'abbiamo osservata venire dal mare, toccare Castro Girardi all'altezza di Suasa, continuare il percorso della Val Nevola che inizia presso il vicino S. Lorenzo in Campo, salire l'appennino fin quasi a far scorgere il non lontano Sentino da dove avrebbe attraversato la giogaia appenninica per l'ulteriore víaggio verso Forum Flaminii e Roma. Costituisce questa strada un'altra importantissima via Flaminia.

E' vero che con la costituzione della Flaminia Regio altre strade hanno adottato il nome di Flaminia deducendola da quello della Regione, ma le precedenti sorpassano per importanza ogni competenza e competizione. Se la via Flaminia che univa Roma ad Ancona fosse stata la Flaminia genuina, quella consolare che portava in Suasa sarebbe stata la seconda o meglio un allacciamento. Forse è viceversa? Non sarebbe impossibile, altre ragioni pratiche possono militare per questo scambio. Non possiamo infatti dimenticare che Suasa costituiva il centro principale della Senonia, regione che si estendeva dal fiume Montone, presso Forlì, ed il fiume Esino. Regione, patria di quei Galli, che costituivano sempre il pungiglione più velenoso ai fianchi vulnerabili di Roma. L'ultimo spavento avvenne appunto al sopracitato Sentinum, a breve distanza da Suasa. Galli sempre pronti a insorgere o a non lasciarsene sfuggire l'occasione. Spettava ai soli Romani prevenire ed intervenire in tempo.

Flaminio, censore nel 220 a.C., che era una specie di Ministro dei Lavori pubblici e dei Trasporti, ideò e portò a termine nel suo quinquennio quella grande arteria che in suo onore ne porta il nome: Via Flaminia.

Intendiamoci: anteriormente a lui esistevano tracciati, camminamenti ad uso dei locali. Egli certamente se ne servì correggendoli, abbreviandoli, ampliandoli, pavimentandoli fino a farne diventare un monumento di ingegneria come sapevano fare i Romani che di strade se ne intendevano.

Questo Caio Flaminio però, allorché era tribuno della Plebe nel 232, propose una legge per donare a questa plebe parte delle terre degli odiati Galli nel Piceno. Tale legge certamente suscitò risentimenti di questi ultimi sempre turbolenti per tradizione.

Questo fatto, se la strada non l'aveva fatta passare per Suasa, convinse i Romani di aggiungere presto un altro tronco alla precedente Flaminia troppo lontana dalla contrada interessata e pericolosa dei Galli. Il nuovo tronco, se non era nuovo, sarebbe stato un diverticulum derivato da Camerinum o da Nocera per Sentinum (luogo già battuto da eserciti) avrebbe attraversato Suasa ed il suo territorio. Questa arteria più corta e diretta, e quindi più celere, diventò insostituibile per prevenire i tumultus e per difendere la vita dei coloni colà destinati e Roma stessa.".

Grafica e impaginazione David Guanciarossa