Il vuoto delle
religioni
I tempi di crisi, a senso di logica, dovrebbero sollecitare pensieri e
riflessioni che consentano agli
esseri umani di proiettarsi al di là dei semplici aspetti materiali
dell'esistenza per interrogarsi sul
senso profondo della vita. La religione dovrebbe essere l'ambito ideale
per siffatte interrogazioni ma
non è così. La questione sia chiaro non è tanto quella dello scandalo pedofilia
che ha di recente
travolto la Chiesa cattolica, né quella di rabbini dei partiti religiosi dello
schieramento politico
israeliano che tengono in scacco la democrazia dello stato ebraico con la scusa
della religione dietro
alla quale si mascherano biechi interessi di potere. E neppure l'islamismo
politico con le sue derive
terroriste è il vero punctum dolens.
Il vero problema è che le istituzioni religiose non
hanno saputo cogliere le preziose opportunità
offerte dal formarsi di società democratiche e aperte per farsi maestre di una
spiritualità laica
fondata sull'etica del primato della coscienza, della libertà, dell'uguaglianza
della giustizia sociale,
dell'amore. Hanno continuato a baloccarsi col potere per garantirsi le
solite rendite di posizione, o si
sono accaniti con furori normativi sui i presunti fondamenti naturali della
sessualità, non solo
manifestamente falsi ma persino ridicoli, hanno preteso di confinare la famiglia
entro schemi
storicamente frusti, la famiglia, una struttura sociale in evoluzione e in
particolare negli ultimi lustri
in impetuosa evoluzione. Da tempo non esiste un solo paradigma di famiglia ma
molti modelli di
famiglie. Le istituzioni religiose si ostinano a pretendere il potere
della verità assoluta su l'origine
della vita, sul senso ultimo della morte e solo a parole accettano il confronto
laico delle opinioni sui
grandi temi della bioetica. Ossessionate dal monopolio della verità, le
religioni hanno abbandonato
l'uomo al culto di Mamona.
Moni Ovadia l'Unità 24 luglio 2010