Voci cristiane sul
crocifisso
Il dibattito sul crocefisso ha evidenziato alcune posizioni sulle quali vale la
pena di riflettere. La
questione è nota: la corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha stabilito
che porre il crocefisso
sulle pareti della scuola pubblica viola la libertà religiosa degli alunni e dei
genitori. Le reazioni
italiane a questa sentenza hanno oscillato dalla ferita alla «identità
cattolica» alla garanzia, al
contrario, della libertà religiosa e della laicità dello stato. Vediamo.
Scontato, prima di tutto, lo sdegno del cattolicesimo ufficiale. «Stupisce - ha
dichiarato il portavoce
del Vaticano - che una Corte europea intervenga pesantemente in una materia
profondamente legata
all'identità storica, culturale e spirituale del popolo italiano». Reazioni di
questo tipo si sono
moltiplicate, come era prevedibile.
Meno prevedibili, invece, le reazioni di buona parte del mondo politico,
soprattutto di destra. I laici
cosiddetti «genuflessi». Fra gli altri il segretario del Pd Bersani:
«Una antica tradizione come il
crocefisso non può essere offensiva per nessuno. Penso che su questioni delicate
come questa
qualche volta il consenso finisce per essere vittima del diritto». Parecchie
altre voci analoghe, a
dimostrazione della crisi che la laicità sta attraversando nel nostro paese.
Ma non sono mancate, anche se decisamente minoritarie, le voci cristiane -
soprattutto protestanti,
ma anche cattoliche - d'accordo con la sentenza di Stasburgo. La moderatora
della Tavola Valdese:
«È una sentenza che tutela i diritti di chi crede, di chi crede
diversamente dalla maggioranza, e di
chi non crede. Ancora una volta emerge la fragilità, logica prima e giuridica
dopo, della tesi
secondo cui il crocefisso esposto nelle aule italiane non è un simbolo religioso
ma sarebbe
l'espressione della cultura nazionale».
E Giovanni Franzoni («Confronti»): «Sbaglia chi opponendosi alla sentenza della
Corte europea
declassa strumentalmente un simbolo di fede a fatto culturale. Appeso in un'aula
scolastica il
crocefisso è oggetto della consuetudine e della disattenzione degli alunni e
così rischia di collocarsi
fra gli emblemi del potere istituzionale».
Scarse, purtroppo, le reazioni a questo declassamento, compiuto da laici ma
anche da molti cattolici.
Filippo Gentiloni il manifesto 2 febbraio
2010