Via dalla Calabria il vescovo anti-'ndrangheta.

Aveva denunciato le cosche di San Luca, il Vaticano lo trasferisce. Il suo vice: «Vincono i poteri occulti»

«E' una mazzata per la Calabria. L'ennesima». Scrive bene Matteo Cosenza, direttore del Quotidiano della Calabria, quando racconta lo scoop del suo giornale sul trasferimento di Giancarlo Maria Bregantini, vescovo coraggio della diocesi Locri-Gerace. Dopo la promozione del super prefetto Luigi De Sena (che lascia Reggio per fare il vicecapo della Polizia), dopo l'avocazione delle inchieste scottanti al sostituto procuratore della Repubblica di Catanzaro Luigi De Magistris, adesso viene spostato pure Bregantini. Il Vaticano ha scelto, cercando di mantenere nascosta la notizia fino all'ultima ora. Il presule, uomo simbolo di una regione che non si arrende alla mafia, è stato trasferito a Campobasso. Così la Calabria resta ancora più sola, abbandonata nel fondo di una penisola che sembra avvertirla come una zavorra.
Bregantini è un prete di frontiera, un uomo radicato nel sociale che, partito dal Trentino, ha scelto di stare fra gli ultimi. Da Crotone era stato assegnato alla diocesi di Locri, ormai il 7 maggio del 1994. Già il giorno dopo il suo ingresso a Gerace, fu trovato un ordigno rudimentale vicino al palco dal quale aveva parlato poche ore prime. Giancarlo Bregantini è anche l'ispiratore della cooperativa «Valle del Bonamico», nata per dare una possibilità ai giovani disoccupati del territorio locrideo. Dal 1995 riunisce i figli dei pastori di San Luca, li fa lavorare nelle serre e dalle loro mani trovano vita more, ribes e lamponi programmati per la raccolta di Pasqua. Da novembre a metà gennaio, quando il clima si fa un po' più freddo, quelli della «Bonamico» coltivano il lampone. Pure lì, dove si pianta speranza, la 'ndrangheta ha lanciato i suoi messaggi. Solo pochi mesi fa decine di ettari di serre sono stati distrutti. L'ennesimo avvertimento per il vescovo buono che non ha mai calato la testa di fronte alla baldanza mafiosa.
Della mattanza di Duisburg, dove a ferragosto furono uccisi sei sanluchesi per un regolamento di conti, Bregantini disse: «Quest'orrenda strage apra finalmente gli occhi delle famiglie coinvolte nella faida, perché possano vedere (soprattutto le donne) il precipizio verso il quale stanno cadendo e spinga tutti ad interrogarci sulle terribili conseguenze riservate a coloro che coltivano sentimenti di vendetta. Le offese, che sempre ci sono in tutte le case, vanno subito lavate nelle lacrime e nel perdono e non nel sangue». E a Prodi rivolse un appello: «Il governo centrale, attraverso la presenza in loco dei massimi livelli istituzionali, elabori con i sindaci della Locride una serie di provvedimenti straordinari, intelligenti e propositivi. Gli strumenti ordinari si sono rivelati infatti deboli e inefficaci».
Un uomo di pace, insomma, che ha messo radici in una terra di guerra. La notizia del suo trasferimento ha indignato molti. Fra politici che scrivono a Benedetto XVI e associazioni che denunciano l'ennesimo schiaffo, parla mons. Piero Schirripa, presidente della «Bonamico» e braccio destro del vescovo di Locri. Un intervento che lascia sgomenti: «Ad agire sono i poteri occulti a cui abbiamo pestato i piedi». E' sempre la Calabria del torbido a emergere, quella zona grigia che soffoca una regione in maniera subdola e costante. Schirripa è impietoso: «Uno come lui spedito a fare il prete di campagna». Racconta il momento difficile vissuto dal presule, gli attimi di turbamento e dolore che lo stanno accompagnando: «Piange. Qui piangono tutti». Versa lacrime Bregantini di fronte alla consapevolezza che c'è un'obbedienza alla Chiesa a cui si deve rispondere.
«Occorre trovare una soluzione - dice monsignor Schirripa - Bisogna trovare il modo di conciliare l'ubbidienza con le esigenze della nostra terra. In questi lunghi e difficili anni abbiamo combattuto massoni, poteri forti, 'ndrangheta, di tutto. Tutte le persone che abbiamo scomodato e vinto adesso si sono presi la rivincita». Col suo sconcerto, Schirripa disegna una guerra combattuta giorno per giorno alle pendici dell'Aspromonte. Adesso, però, la battaglia è spogliata di uno dei suoi generali più influenti. Bregantini andrà via. A malincuore ma andrà via. Ancora una volta, la Calabria si ritrova a essere una frontiera scoperta.

Francesco Paolillo        Il manifesto 07/11/07