Vescovi contro
media e politica. Bagnasco: mai contraddire il papa
Noi incondizionatamente fedeli al papa; gli altri che lo criticano e lo
irridono. Noi che riconosciamo
nell'uomo un fondamento «ontologico»; gli altri «nichilisti gai e trionfanti»
che lo ritengono uno
«sghiribizzo culturale», frutto dell'evoluzione. Noi con le suore misericordine
che hanno assistito
Eluana; gli altri con coloro che vogliono affermare «un diritto di libertà
inedito quanto
raccapricciante a darsi e a dare la morte».
E' manicheo il cardinale Angelo Bagnasco nella sua relazione al
Consiglio permanente della Cei: o
si sta da una parte o dall'altra e la regola deve valere anche dentro la Chiesa.
Dalla sua requisitoria
senza chiaroscuri, nemmeno per sbaglio sfiorata dal dubbio, traspare
nervosismo, come di una
gerarchia che si senta accerchiata da nemici per le critiche al papa sui
lefebvriani, per le reazioni ai
suoi discorsi in Africa contro il preservativo e l'aborto e ancor più per la
conclusione del caso di
Eluana Englaro, una «vicenda manipolata». Alla politica Bagnasco avanza un'unica
richiesta
perentoria: «Approntare e varare senza lungaggini o strumentali tentennamenti un
inequivoco
dispositivo di legge che preservi il paese da analoghe avventure». Il presidente
della Cei tace,
invece, sulle norme contro gli immigrati che pure vengono contestate da una
larga parte del mondo
e del clero cattolico. A proposito della crisi economica, inoltre, si limita ad
evocare l'appello
ratzingeriano a liberare la finanza dal «peccato originale» della «idolatria per
mammona», cioè per
il denaro.
Bagnasco introduce i lavori dell'esecutivo Cei mentre il Papa sta atterrando a
Ciampino di ritorno
dal viaggio in Camerun e in Angola. La visita africana ha fatto rumore, più che
per le masse di
fedeli, per le polemiche sul preservativo e l'attacco di Benedetto XVI al
Protocollo di Maputo per la
salute riproduttiva delle donne. Ed ecco che il cardinale esprime il grande
fastidio che le gerarchie
provano per l'esito di questo pellegrinaggio papale, senza domandarsi se per
caso esso non dipenda
almeno in parte dalle scelte del Papa. Un giudizio analogo compare sull'
Osservatore romano :
contro Benedetto XVI solo polemiche infondate e pretestuose.
Se anche la stampa africana ha finito per parlare di condom e aborto, secondo
Bagnasco, è colpa dei
giornali europei, delle agenzie internazionali e di quei politici che dovrebbero
essere meno
«superficiali e precipitosi». Il Papa è stato travisato, colpito con «irrisione
e volgarità», vittima
«ostracismo». Non tollereremo altri attacchi alla «autorità morale» del
pontefice, afferma il
cardinale, convinto che il vero «scontro di civiltà» in questo «trapasso
culturale» tra una concezione
della vita come dono trascendente e un'altra che la nega. L'ufficio stampa Cei
tiene a sottolineare,
per evitare guai peggiori, che tale scontro non è da intendersi tra credenti e
non credenti. Bagnasco
non resiste neppure alla tentazione di attribuirne la responsabilità ad una
«interpretazione
esasperata» del darwinismo.
L'arcivescovo di Genova se la prende anche con gli uomini di chiesa. Chi ha
criticato Ratzinger per
la revoca della scomunica ai lefebvriani lo ha fatto «in modo discutibilissimo,
persino un po'
insolente, per costruirsi una posizione distinta dal corretto agire ecclesiale».
Insomma, per emergere
nella lotta interna. Ciò non è tollerabile: «Molto meglio identificarsi alla
migliore tradizione del
nostro cattolicesimo», sentenzia il porporato. E quale sarebbe? «Stare con
il papa, sempre e
incondizionatamente». Una tale obbedienza sperticata non l'aveva neppure
immaginata Benedetto
XVI il quale, quando pubblicò il suo libro su Gesù, avvertì il bisogno di
precisare che le tesi esposte
non erano impegnative per tutti.
Il dente che fa più male è quello del "fine vita". Anche in questo campo
Bagnasco manifesta
certezze apodittiche. Si sono dissolte le già rare preoccupazioni pastorali di
fronte a quel dramma. Il
presidente Cei torna all'attacco. La pretesa di quel «diritto a morire», secondo
lui, si è troppo a
lungo «ammantata di pietà», con la morte di Eluana «si è attribuito al sistema
un diritto alla
eliminazione» dei soggetti inabili come «cittadini di serie B». Nessuna
distinzione, dunque, tra uno
stato vegetativo durato diciassette anni e la condizione di anziani o disabili:
Bagnasco vede ovunque
«obnubilamento» e derive «eutanasiche» che condannano chi «non è all'altezza
dello standard
vigente» di qualità della vita. Finché il cuore batte e i polmoni
respirano, si è obbligati a vivere.
Dalla dottrina si passa alla politica mobilitando le parrocchie. L'indicazione è
più esplicita del
solito. I parroci dovranno mobilitarsi a sostegno dell'iniziativa dei tre
organismi ecclesiali prescelti
per la campagna: Scienza & vita, Retinopera, Associazione delle famiglie.
Si tratta del nucleo duro
dell'astensione al referendum sulla legge 40 e del Family day, il braccio più
fedele dell'operazione
che fu inventata da Ruini e dall'ex segretario Cei Betori, per compattare e
mettere in riga i diversi
movimenti del laicato cattolico facendo lobby in Parlamento. I vescovi non
vogliono attendere oltre
la "loro" legge sul fine vita, quella che imporrebbe a tutti il sondino, perché
temono un'ondata di
altre tremila casi Englaro. Temono inoltre lo scarso consenso raccolto
nell'opinione pubblica e
ridotto ulteriormente dal ricorso a sproposito ad accuse forti di omicidio.
Bagnasco consiglia allora
di aggrapparsi alla emozione che il paese intero ha invece provato nel momento
in cui si è conclusa
la tragedia di Eluana. Nemmeno il sospetto che si sia trattato in realtà della
stessa partecipazione
umana con cui molti avevano condiviso la necessità di liberare il corpo della
donna da quella
innaturale condizione.
Fulvio Fania Liberazione 24 marzo 2009