Verso la catastrofe
Era
inevitabile che accadesse. L’insensato atto di pirateria militare israeliano
contro il convoglio navale umanitario con la sua tragica messe di morti e di
feriti non è un fatale incidente, è figlio di una cecità
psicopatologica, della illogica assenza di iniziativa politica di un governo
reazionario che sa solo peggiorare con accanimento l’iniquo devastante status
quo. Di cosa parliamo? Dell’asfissia economica di Gaza e della
ultraquarantennale occupazione militare delle terre palestinesi, segnata da una
colonizzazione perversa ed espansiva che mira a sottrarre spazi esistenziali ad
un popolo intero.
Dopo la stagione di Oslo, il sacrificio della vita di Rabin, non c’è più stata
da parte israeliana nessuna vera volontà di raggiungere una pace duratura
basata sul riconoscimento del diritti del popolo palestinese sulla base della
soluzione due popoli due stati. Le varie Camp David, Wye Plantation, Road Map
sono state caratterizzate da velleitarismo, tattiche dilatorie e propaganda allo
scopo di fare fallire ogni accordo autentico. Anche il ritiro da Gaza non è
stato un passo verso la pace ma un piano ben riuscito per spezzare il fronte
politico palestinese e rendere inattuabili trattative efficaci. Abu Mazen
l’interlocutore credibile che i governanti israeliani stessi dicevano di
attendere con speranza è stato umiliato con tutti i mezzi, la sua autorità
completamente delegittimata. L’Autorità Nazionale Palestinese è stata la
foglia di fico dietro alla quale sottoporre i palestinesi reali e soprattutto
donne, vecchi e bambini ad una interminabile vessazione nella prigione a cielo
aperto della Cisgiordania e nella gabbia di Gaza resa tale da un atto di
belligeranza che si chiama assedio.
Ma soprattutto l’attuale classe politica israeliana brilla per assenza di qualsiasi progettualità che non sia la propria autoperpetuazione. È riuscita nell’intento di annullare l’idea stessa di opposizione grazie anche ad utili idioti come l’ambiziosissimo “laburista” Ehud Barak che per una poltrona siede fianco a fianco del razzista Avigdor Lieberman. Questi politici tengono sotto ricatto la comunità internazionale contrabbandando la menzogna grottesca che ciò che è fatto contro la popolazione civile palestinese garantisca la sicurezza agli Israeliani e a loro volta sono tenuti sotto ricatto dal nazionalismo religioso di stampo fascista delle frange più fanatiche del movimento dei coloni, una vera bomba ad orologeria per il futuro dello stato di Israele. La maggioranza dell’opinione pubblica sembra narcotizzata al punto da non vedere più i vicini palestinesi come esseri umani, ma come fastidioso problema, nella speranza che prima o poi si risolva da solo con una “autosparizione” provocata da una vita miserrima e senza sbocco. Le voci coraggiose dei giusti non trovano ascolto e anche i più ragionevoli appelli interni ed esterni come quello di Jcall, vengono bollati dai falchi dentro e fuori i confini con l’infame epiteto di antisemiti o antiisraeliani. Se questo stato di cose si prolunga ancora il suo esito non può essere che una catastrofe.
Moni Ovadia l’Unità 1.6.10
La condanna della
marionetta
Nessuna spiegazione può giustificare o mascherare il crimine commesso da Israele
e nessun pretesto può motivare l'idiozia del suo governo e del suo esercito.
Israele non ha inviato i suoi soldati a uccidere civili a sangue freddo, in
pratica era l'ultima cosa che voleva che accadesse, eppure una piccola
organizzazione turca, dall'ideologia fanatica e religiosa, ostile a Israele, ha
arruolato alcune centinaia di pacifisti ed è riuscita a fare cadere lo Stato
ebraico in una trappola proprio perché sapeva come avrebbe reagito e fino a che
punto era condannato, come una marionetta, a fare ciò che ha fatto.
Non si spara sulle opinioni "È stato un atto criminale destinato a riaccendere
la spirale di odio e vendette" Grossman: "Il blocco di Gaza è un errore" Non
tutti i partecipanti al convoglio sono animati da intenzioni umanitarie e alcune
dichiarazioni sulla distruzione di Israele sono infami, ma queste opinioni non
prevedono la pena di morte.
Quanto deve sentirsi insicura, confusa e spaventata una nazione per
comportarsi come ha fatto Israele! Ricorrendo a un uso esagerato della
forza (malgrado aspirasse a limitare la portata della reazione dei presenti
sulla nave) ha ucciso e ferito civili al di fuori delle proprie acque
territoriali comportandosi come una masnada di pirati. È chiaro che queste mie
parole non esprimono assolutamente consenso alle motivazioni, nascoste o
evidenti – e talvolta malvagie – di alcuni dei partecipanti al convoglio diretto
a Gaza. Non tutti sono pacifisti animati da intenzioni umanitarie e le
dichiarazioni di alcuni di loro riguardanti la distruzione dello stato di
Israele sono infami. Ma tutto questo ora è irrilevante: queste opinioni non
prevedono, per quanto si sappia, la pena di morte.
L´azione compiuta da Israele ieri sera non è che la continuazione del prolungato
e ignobile blocco alla striscia di Gaza, il quale, a sua volta, non è che il
prosieguo naturale dell´approccio aggressivo e arrogante del governo israeliano,
pronto a rendere impossibile la vita di un milione e mezzo di innocenti nella
striscia di Gaza pur di ottenere la liberazione di un unico soldato tenuto
prigioniero, per quanto caro e amato. Il blocco è anche la continuazione
naturale di una linea politica fossilizzata e goffa che a ogni bivio decisionale
e ogni qualvolta servono cervello, sensibilità e creatività, ricorre a una forza
enorme, esagerata, come se questa fosse l´unica scelta possibile.
E in
qualche modo tutte queste stoltezze – compresa l´operazione assurda e letale di
ieri notte – sembrano far parte di un processo di corruzione che si fa sempre
più diffuso in Israele. Si ha la sensazione che le strutture governative siano
unte, guaste. Che forse, a causa dell´ansia provocata dalle loro azioni, dai
loro errori negli ultimi decenni, dalla disperazione di sciogliere un nodo
sempre più intricato, queste strutture divengano sempre più fossilizzate, sempre
più refrattarie alle sfide di una realtà complessa e delicata, che perdano la
freschezza, l´originalità e la creatività che un tempo le caratterizzavano, che
caratterizzavano tutto Israele. Il blocco della striscia di Gaza è fallito. È
fallito già da quattro anni. Non solo tale blocco è immorale, non è
nemmeno efficace, non fa che peggiorare la situazione, come abbiamo potuto
constatare in queste ore, e danneggia gravemente anche Israele. I
crimini dei leader di Hamas che tengono in ostaggio Gilad Shalit
da quattro anni a questa parte senza che abbia ricevuto nemmeno una visita dai
rappresentanti della Croce Rossa, che hanno lanciato migliaia di razzi verso i
centri abitati israeliani, vanno affrontati per vie legali, con ogni mezzo
giuridico a disposizione di uno stato. Il prolungato isolamento di una
popolazione civile non è uno di questi mezzi. Vorrei poter credere che il trauma
per la sconsiderata azione di ieri ci porti a riesaminare tutta questa idea del
blocco e a liberare finalmente i palestinesi dalla loro sofferenza e Israele da
questa macchia. Ma la nostra esperienza in questa regione sciagurata ci insegna
che accadrà invece il contrario: che i meccanismi della violenza, della
rappresaglia e il cerchio della vendetta e dell´odio ieri hanno ricominciato a
girare e ancora non possiamo immaginare con quale forza.
Ma più di ogni altra cosa questa folle operazione rivela fino a che punto è
arrivato Israele. Non vale la pena di sprecare parole. Chi ha occhi per vedere
capisce e sente. Non c´è dubbio che entro poche ore ci sarà chi si affretterà a
trasformare il senso di colpa (naturale e giustificato) di molti israeliani, in
vocianti accuse a tutto il mondo.
Con la vergogna, comunque, faremo un po´ più fatica a venire a patti.
David Grossman
Repubblica 1.6.10