Il Vaticano si incensa

Pio XII è stato dichiarato “venerabile” il 19 dicembre dal papa, in una decisione inattesa e per di più
presa ben prima che gli storici abbiano potuto consultare l'insieme degli archivi.
Anche se certi ricordano che Pio XII fu realmente preoccupato della sorte del popolo ebraico, il
problema del suo pesante silenzio resta intatto.
Una decisione così prematura e poco consensuale è
deplorevole.
E la deploriamo per altre due ragioni.
La prima è che indirettamente essa sminuisce ciò che era acquisito attraverso il Vaticano II. Quando
si ascoltano le dichiarazioni di Padre Gumpel, relatore della causa di beatificazione, che assicura
che “Benedetto XVI vede in Pio XII un grande teologo, precursore del Vaticano II”, si fa fatica a
reprimere una smorfia... Che cosa devono pensare, nel paradiso dei servi di Dio, i Congar, i de
Lubac, i Chenu, quei pilastri dell'edificio conciliare che Pio XII, alcuni anni prima, aveva
allontanato e umiliato, a cui aveva proibito l'insegnamento perché preconizzavano una Chiesa
“popolo di Dio” e non “struttura gerarchica”, o perché vedevano emergere un laicato sul quale lo
Spirito anche poteva soffiare?
Senza alcun dubbio, loro che sono veramente dei grandi teologi, ci inviterebbero ad aprire gli occhi,
perché è proprio una rimessa in discussione metodica e profonda del Vaticano II quella per cui
Benedetto XVI si sta impegnando.

La seconda ragione è che si resta colpiti soprattutto per lo scarso numero di laici a cui questa
onorificenza viene attribuita (nessuno, nella lista comunicata da La Croix) e per la sua inopportunità
politica (anche se si vorrebbe farci ingoiare l'amara pozione “Pio XII” attraverso il carisma di
Giovanni Paolo II).
Questa decisione porta il segno evidente di una scelta personale del papa, e conferma la nostra
analisi: esiste un abisso profondo tra la grande massa dei cattolici e una gerarchia che conosce e
guarda solo se stessa e non ascolta più nessuno.
Non ci si potrebbe impegnare a contemplare le bellezze morali degli uomini e delle donne di oggi
(la beatificazione di grandi figure contemporanee non avanza affatto: E. Michelet, De Gasperi, R.
Schumann)?
No, pochi “happy few” eleggono i loro pari. Un papa incensa i suoi predecessori. Che cosa spera? Il
rinvio dell'ascensore da parte dei suoi successori? A meno che: “Specchio, mio bello specchio...”
Forse ci viene suggerito che essere papa è in sé un fatto eroico?

Un po' di sanità morale, o di semplice deontologia, vorrebbe che i papi si astenessero quando si
tratta di un predecessore e lasciassero ad altri, commissione o collegio indipendenti, di esprimere i
loro giudizi. Non è opportuno essere giudice e parte.
Perché alla fine Pio XII avrebbe potuto restare al suo onesto posto, nella galleria dei ritratti
pontifici. Quello di un uomo onesto, né santo né malvagio, semplicemente un pover'uomo che,
come molti, fece quello che poté, con il suo coraggio e con le sue paure, in un mondo devastato e
sconvolto dalle atrocità.
La decisione di Benedetto XVI è il risultato, pare, di una fine e complessa politica, il cui obiettivo
sarebbe di salvare “capra e cavoli”.
Se così è, noi deploriamo il cattivo uso di quel prezioso tesoro cattolico che è il riconoscimento
della santità. Che peccato farlo precipitare al rango delle medaglie e delle decorazioni “del secolo”,
con il loro seguito di vanità, di vana politica, di sterili manovre e di arbitrio del principe.

Noi, cattolici comuni, vorremmo continuare a cantare la litania dei santi senza essere ostaggi di lotte
di sensibilità, o di tardive rivincite.
Ma fortunatamente nel lungo corteo di santi aureolati, spazzando via con la sua mano le vanterie di
illusionisti, Dio saprà sempre riconoscere i suoi.

 

Christine Pedotti e Anne Soupa       in “www.conferencedesbaptisesdefrance.fr” del 21 dicembre 2009