Il Vaticano revoca
la scomunica alle ronde
Ronde, il Vaticano rettifica, indietreggia, smentisce. «Quando la Santa sede
intende esprimersi
autorevolmente usa mezzi propri e consoni», precisa il direttore della Sala
stampa padre Federico
Lombardi, «ogni altro pronunciamento non ha lo stesso valore». Il messaggio è
chiarissimo. Con
tutti i crismi di una nota ufficiale, il Vaticano prende le distanze dalle
parole sdegnate e civilissime
di un autorevole figura della Curia, monsignor Agostino Marchetto. Il segretario
del Pontificio
consiglio per i migranti aveva criticato duramente il decreto che prolunga la
detenzione degli
immigrati e legalizza le pattuglie di vigilantes, definendolo un'abdicazione
dello stato di diritto.
La sua denuncia campeggiava ieri su tutta la stampa come giudizio del Vaticano.
In effetti il numero
due di un dicastero pontificio è sempre da considerare una voce autorevole d'Oltretevere.
Pur
sapendo che non tutti i pensieri che circolano nei sacri palazzi vanno d'accordo
tra loro e ancor
meno amano esibirsi alla luce. Lombardi prende di mira le "abitudini" della
stampa: «Non di rado -
afferma - i mezzi di informazione attribuiscono al Vaticano commenti e punti di
vista che non
possono essere automaticamente attribuiti alla Santa Sede». Ma la faccenda non
può limitarsi a
questo.
La critica di Marchetto, infatti, ha provocato l'orticaria al governo. Il
ministro Maroni e i leghisti,
che già considerano «eversivo» il settimanale Famiglia cristiana per le sue
denunce contro i
provvedimenti anti-immigrati, non potevano certo sopportare che un attacco
analogo provenisse
direttamente dal Cupolone. E Berlusconi, che sul caso Eluana si è giocato tutto
a favore del
Vaticano, come avrebbe potuto subire una tale ricompensa? Le cose non erano
pacifiche neppure
nell'ambiente Cei. Basta dare uno sguardo all'editoriale di Avvenire: certo, vi
emerge qualche
preoccupazione per la possibile degenerazione delle ronde, ma viene esclusa
qualunque
«costernazione» di fronte ai pattuglioni. «Forse saranno utili», concede anzi il
quotidiano dei
vescovi. Ed è una bella differenza da Marchetto.
La Segreteria di Stato ha deciso quindi di bloccare sul nascere il conflitto con
il governo. Precisa
Lombardi: «La Santa sede, nei suoi organi rappresentativi, manifesta rispetto
verso le autorità civili
che nella loro legittima autonomia hanno il diritto e dovere di provvedere al
bene comune».
Insomma, nessuna interferenza. Almeno quando si tratta di criticare le ronde.
In realtà la mannaia della "precisazione" si abbatte adesso sul caso Marchetto
ma, come fanno
notare in Vaticano, la tirata d'orecchi può riguardare anche altri episodi e
altri prelati di diversa
specie. Ricordate il cardinale Lozano Barragan, "ministro della sanità" che ha
sempre parlato senza
diplomazie di omicidio di Eluana? Ricordate il cardinale Martino che si è detto
«deluso» dal
mancato sostegno del Capo dello Stato al blitz di Berlusconi sullo stesso caso?
E che prima ancora
aveva definito lager l'inferno di Gaza sotto le bombe israeliane? E ricordate la
nota vaticana,
ufficiale, in cui l'8 febbraio si dava notizia di una telefonata del Segretario
di Stato Tarcisio Bertone
al Quirinale per «un cortese colloquio», tanto per evitare una rottura
istituzionale senza con questo
rinunciare all'alleanza con Berlusconi?
Resta il fatto che il richiamo giunge proprio adesso e che la "sconfessione"
riguarda un tema
sicuramente più controverso tra i vescovi.
Il comunicato della Santa sede nasconde anche un altra ragione di nervosismo.
Dipende da quel
"disordine" nella Curia, quegli "errori di gestione" esplosi fragorosamente
nell'affare dei
lefebvriani; dalla sensazione dei vertici di non controllare tutto; dalla
gelosia della Cei per i fatti
italiani che i vescovi nostrani devono già sottomettere alle particolari premure
del cardinal Bertone.
Il quale mise subito in chiaro, appena nominato alla Segreteria di Stato
vaticana, di voler contare
personalmente nei rapporti con l'Italia. Il presidente dell'episcopato Angelo
Bagnasco, a proposito
delle ronde, si è mantenuto infatti possibilista: «Bisognerà vedere i
risultati», ha detto. Linea
classica della Cei: «Nel rispetto della nostra tradizione di solidarietà ma
anche del diritto e della
legalità». Così tutti possono riconoscersi, Maroni come i volontari della
Caritas.
Intanto il capogruppo del Pdl Gasparri e quello della Lega Bricolo esultano per
la «smentita» del
Vaticano. La ronda non è scomunicata. O meglio, non da tutti.
Fulvio Fania Liberazione 22 febbraio 2009
Famiglia assediata
Per un giudizio sulle ronde, non bisognerà aspettare molto. Conoscendo Famiglia
Cristiana il
prossimo editoriale si concentrerà proprio su questa ultima trovata del governo,
fresca di
approvazione. Un antipasto oggi in edicola affidato alla penna di Beppe del
Colle (dal titolo che è
tutto un programma: «Quando il parlamento è ridotto solo a notaio») che
sottolinea come «su 45
leggi approvate nell'attuale legislatura, 44 portano la firma del Governo, una
soltanto quella delle
Camere; per di più, 25 di esse sono conversioni di decreti legge».
Strano caso quello dello storico settimanale paolino fondato nel lontano 1931.
Fedele alla Chiesa
ma sempre rivendicando una propria autonomia di giudizio. Amato e odiato allo
stesso tempo.
Dipende dai punti di vista. E dall'argomento trattato. Gli stessi che la portano
ad esempio come la
verità scesa sulla terra (vedi il caso di Eluana Englaro) gli danno addosso
quando dalle sue pagine si
levano attacchi al governo sulle politiche migratorie. È la stampa bellezza, si
direbbe. No, è
Famiglia Cristiana presa per la giacchetta dall'opportunismo politico di turno.
In Italia funziona
così. Funziona che un giornale è «cattolico e cristiano» finché si schiera
contro l'aborto e diventa
«bolscevico e comunista» quando paventa in Italia il ritorno del fascismo.
Ultimamente il giornale
dei paolini di «nemici» se n'è fatti molti. Specie a destra. «Attacchi
strumentali» lamentano
Berlusconi e i suoi afecionados. «Semplici battaglie di civiltà» risponde il
direttore don Antonio
Sciortino alla guida del settimanale dal 1999. Che giura di non avere nulla di
personale con questa
maggioranza ma che «su determinati temi la carità cristiana impone delle
posizioni nette». E
coraggiose, aggiungiamo noi.
Critiche a destra ...
E così il titolo «Famiglia cristiana contro qualcuno o qualcosa» è diventato un
appuntamento
settimanale quasi fisso, amplificato da mezza stampa italiana. Contro la legge
sull'immigrazione,
ispirata alla xenofobia delle «osterie padane», denunciando la «cattiveria» del
ministro Maroni, che
fa precipitare l'Italia «nel baratro di leggi razziali» con «con i medici
invitati a fare la spia e
denunciare i clandestini». E contro il pacchetto sicurezza giudicato «indegno in
uno stato di diritto»
(febbraio 2009). Contro il ministro dell'Istruzione chiedendo il ritiro dei
decreti Gelmini «per il
bene della scuola e del Paese» (ottobre 2008). Contro le impronte ai bimbi rom
(«quando i bambini
ebrei venivano identificati con la stella al braccio»), e contro il Viminale
accusato di riproporre «il
concetto di razza nell'ordinamento giuridico» (luglio 2008). Contro il sindaco
di Roma Alemanno
«che in giacca e cravatta caccia i poveri dai cassonetti e dagli avanzi dei
supermercati» (agosto
2008). Contro Berlusconi «ossessionato dai pm» (giugno 2008). Contro la Lega che
gioca sulle
«paure degli italiani» perché «non c'è nessun motivo per punire i criminali
stranieri con più forza di
quelli italiani» (maggio 2008). E andando più indietro nel tempo, contro
l'editto bulgaro, contro le
leggi ad personam, contro la legge Bossi-Fini, contro l'invio di militari in
Iraq. E potremmo
continuare ancora per un bel po'.
... E a manca
Ma, come ci tiene a sottolineare don Sciortino, la «nostra battaglia non è
ideologica ma sui
contenuti». Esempio lampante il caso Englaro. Così si leggeva, non più di due
mesi fa, sulle pagine
del settimanale a firma di Alberto Bobbio. «Eluana Englaro morirà? In un
groviglio di polemiche in
un turbinio di incubi e speranze. C'è una ragazza che potrebbe continuare a
vivere, perché c'è
qualcuno che le vuole bene. Ma il padre e i giudici hanno deciso che, invece,
non sarà così. Eluana
andrà a morire nelle feste di Natale e Capodanno? Mentre altri stappano
spumante, affettano
panettoni e mescolano lenticchie e cotechini, una mano staccherà il sondino e
un'altra inietterà
calmanti». Parole durissime che fecero scaldare la sinistra. Come durante
l'ultima campagna
elettorale, quando il giornale sferrò un attacco a Veltroni, reo «di tradire i
cattolici» e farsi
condizionare dai radicali. Uno spunto troppo ghiotto per la destra che in più di
un'occasione
sbatteva in faccia l'articolo all'esponente democratico di turno: «Come, lo dice
pure Famiglia
Cristiana». O nella più classica delle battaglie cattoliche: l'aborto. «Oggi -
si legge sul numero di
Famiglia Cristiana del maggio 2008 - ci sono i numeri in parlamento per
sgretolare il "mito della
194"». Ma, per non farsi mancare nulla, uno schiaffo lo ha sferrato anche al
centro. Ed ha preso in
pieno Casini, «cattolico col bollino ma poco coraggioso» (marzo 2008) per via di
alcune
candidature scomode, vedi Totò Cuffaro.
Risposte poco cristiane
In questa normale diatriba giornalistica è il governo che se l'è presa più a
male. Alternando
nervosismo a risposte al vetriolo. Il più piccato è l'onorevole Gasparri, che
non eccelle certo per il
suo dolce stil novo espressivo. «Catto-comunista», «delirante», «becera», solo
per citare le offese
più "cristiane". In scia il giornale del suo partito, Il Secolo d'Italia, che
l'ha ribattezzata «Fanghiglia
cristiana». E anche un ex unione-democratico-cristiano come Carlo Giovanardi non
le ha
risparmiato bordate, considerandola «l'organo di stampa dei centri sociali» che
usa toni «da
manganellatori fascisti». Posizioni piccate e anche qualche boicottaggio. Famoso
quello di
Berlusconi che si rifiutò, durante la campagna elettorale del 2006, di farsi
intervistare dal
settimanale che aveva osato, qualche giorno prima, uscire in edicola con
un'inchiesta sull'ingerenza
della mafia sulla costruzione del ponte sullo stretto di Messina, facendo
imbufalire l'allora ministro
Lunardi.
Ultimamente dal «con te non parlo» si è passati direttamente al «ti denuncio».
Il ministro Maroni,
che non vuole passare per razzista e xenofobo, ha dato mandato al suo avvocato
di querelare il
settimanale. Ma colpi bassi sono arrivati da tutte le direzioni, perfino dalle
alte sfere ecclesiastiche.
Nel 1997 il cardinal Camillo Ruini, allora presidente della Cei, criticò la
linea editoriale del
settimanale paolino per la sua «estrema spregiudicatezza» nel trattare temi
morali, sessualità in
testa. Giudizi pesanti e autorevoli che costrinsero il direttore, Leonardo Zega,
alle dimissioni e il
giornale fu commissionato per un anno, fino all'avvento di don Sciortino. Che
dopo nove anni di
onorata direzione, voci di corridoio dicono non se la stia passando proprio
bene.
Il calo delle vendite
Ma ai giudizi non proprio lusinghieri don Sciortino è solito rispondere con una
frase del monsignor
Alberione, tra i fondatori della testata: «Criticateci pure ma ricordate che
Famiglia Cristiana arriva
dove molti preti non arrivano». Fino a dieci anni fa era sicuramente così, oggi
un po' meno. Stessa
tipologia di distribuzione (40% delle copie vengono vendute nelle parrocchie,
40% nelle edicole,
20% in abbonamento), ma diverso il «peso» delle copie vendute. La crisi che ha
colpito la carta
stampata non ha risparmiato infatti neanche i giornali religiosi. «Stiamo
subendo una forte crisi di
vendite - spiega l'amministratore unico del Gruppo San Paolo, don Vito
Fracchiolla - e se prima i
suoi utili contribuivano a tenere in vita anche gli altri 13 periodici del
Gruppo, adesso riescono
appena a coprire le spese della rivista stessa». Le cifre sono infatti impietose
e dicono 28mila copie
perse solo nel 2007 che in euro fanno due milioni di euro tondi tondi. E andando
più indietro il
confronto si fa sempre più infausto. Basti pensare che nel 1999 viaggiava
mediamente sulle 550mila
copie vendute, nel 2004 è passata alle 406mila, quattro anni dopo si è arrivati
a 256mila. E un
deficit di quasi 26 milioni di euro. Che vuol dire chiusura immediata delle
redazioni distaccate di
Roma, Bologna, Venezia e Torino, e il trasferimento all'unica sede di Milano di
quattordici
giornalisti. Stiamo parlando di un settimanale che in epoca d'oro, non più di
vent'anni fa, tirava oltre
un milione di copie, con utili da far suonare le campane a festa ai paolini e a
tutto il loro gruppo
editoriale.
Ora tutto è cambiato. E la conferma, piccola ma significativa di questa
irrefrenabile discesa, c'è la
dà l'edicolante dietro la basilica romana di San Paolo. «Si vende di meno, molto
di meno. Anni fa,
la domenica, appena la gente usciva dalla messa passava di qua e chiedeva la sua
bella copia. Era un
quasi un rito, un gesto meccanico per lo più degli anziani». Poi, ammette
sussurrando quasi fosse un
peccato: «Da un po' di tempo si vende meglio L'Avvenire. Vero don Carlo?». Il
prelato mette una
copia del giornale dei vescovi sotto al braccio, annuisce e se ne va.
Tre milioni di lettori
Fondato ad Alba (Cuneo) nel dicembre del 1931, Famiglia Cristiana è il
settimanale cattolico più
diffuso in Italia. Grazie alla sua capillare rete di vendita, diversificata tra
edicole, parrocchie e
abbonamenti viene letto (non comprato) mediamente da tre milioni di persone.
Definito da molti il
giornale religioso più laico del panorama italiano, esattamente come se lo era
immaginato il suo
padre fondatore, il beato Giacomo Alberione: «Famiglia Cristiana non dovrà
parlare di religione
cristiana, ma di tutto cristianamente». Con gli anni la sua linea editoriale si
è fatta sempre più
marcata e battagliera. E le polemiche dei giorni nostri sono qui a dimostrarlo.
Stefano Milani il manifesto 22 febbraio 2009