Il Vaticano punisce i preti pro-Eluana

Alla vigilia della ripresa del dibattito parlamentare sul testamento biologico, dal Vaticano parte una
dura nota di censura contro 41 preti e religiosi che cinque mesi fa firmarono un appello «per la
libertà sul fine-vita» promosso dalla rivista Micromega. Una vendetta a freddo nei confronti di un
gruppo di sacerdoti ritenuti troppo svincolati dal pensiero unico delle gerarchie ecclesiastiche.
Ma
anche un attacco preventivo per serrare le fila e per scongiurare il ripetersi di analoghe iniziative
ora
che la Camera si prepara a riprendere la discussione di un disegno di legge che lo stesso presidente
dei deputati Gianfranco Fini ha auspicato venga modificato, rivendicando l'autonomia del
Parlamento dai desiderata della Chiesa.
A marzo scorso, mentre il Senato incalzato dalle pressioni cattoliche e sull'onda emotiva della morte
di Eluana Englaro stava per approvare l'obbligo di idratazione e nutrizione per i malati in stato
vegetativo, 41 preti e religiosi sottoscrissero un appello poi pubblicato su Micromega. «La legge sul
testamento biologico che il governo e la maggioranza si apprestano a votare imprigiona la libertà di
tutti i protagonisti coinvolti al momento supremo della morte», diceva il testo. «Con la forza della
ragione e la serenità della fede ci opponiamo ad un intervento legislativo che mortifichi la libertà di
coscienza», sostenevano i sacerdoti che affermavano: «Come credenti riteniamo che chiunque come
è stato libero di vivere la propria vita, così possa decidere anche di morire in pace, quando non c'è
speranza di migliorare le proprie condizioni di esistenza umana».

Adesso, a cinque mesi di distanza, la reazione della Santa Sede. Ad agosto - segnala l'agenzia di
informazioni Adista - la Congregazione vaticana per il clero (cioè il Sant'Uffizio) ha inviato una
lettera riservata ai vescovi delle diocesi di appartenenza dei 41 preti con un ordine preciso:
convocarli per richiamarli all'ordine ed eventualmente punirli. La libertà di pensiero e di
espressione è il peccato mortale dei 41, secondo il Vaticano:
hanno dato la loro adesione ad un testo
contrario alla dottrina cattolica e pubblicato, inoltre, su una rivista che Oltretevere si ritiene laicista
ed anticlericale.
Alcuni vescovi si sono attivati, altri lo faranno nei prossimi giorni, alla ripresa dopo la pausa estiva.
Dovranno decidere se usare il guanto di velluto o il pugno di ferro nei confronti dei loro preti:
ovvero se limitarsi ad un rimprovero con la promessa di non farlo più, oppure se utilizzare la clava
del diritto canonico che prevede sanzioni che possono andare dall'obbligo del silenzio fino alla
sospensione a divinis. Sul banco degli imputati, fra gli altri, don Andrea Gallo della Comunità di
San Benedetto al Porto di Genova, don Albino Bizzotto, dei Beati i Costruttori di Pace, che dal 19
agosto digiuna a sola acqua contro la costruzione della nuova base militare Usa al Dal Molin di
Vicenza; don Enzo Mazzi della comunità di base dell'Isolotto e don Alessandro Santoro della
comunità delle Piagge entrambe a Firenze; don Vitaliano Della Sala, già in passato messo sotto
accusa dalle gerarchie ecclesiastiche e poi totalmente reintegrato in una parrocchia dell'Irpinia; don
Angelo Cassano, parroco a Bari, in prima fila nelle battaglie per i diritti degli immigrati; padre Nino
Fasullo, direttore di Segno, una delle riviste di punta dell'antimafia palermitana; i preti operai Carlo
Carlevaris e Roberto Fiorini. E poi altri parroci, sacerdoti e religiosi di tutta Italia molto impegnati
anche sul terreno sociale.
Un primo risultato l'offensiva del Vaticano lo ha già incassato: uno dei 41, un prete della diocesi di
Cremona, pochi giorni fa ha inviato una lettera a Micromega chiedendo di ritirare la propria firma
dall'appello. Segno che probabilmente le pressioni del Vaticano e del vescovo hanno sortito l'effetto
desiderato: una ritirata silenziosa e in buon ordine.
Comunque vada a finire la storia, l'iniziativa della Santa Sede che colpisce non un singolo
sacerdote, come avvenuto negli ultimi anni, ma un intero gruppo rimanda a tempi lontani: restando
all'Italia, alla battaglia referendaria per il divorzio del 1974 quando molti preti schierati per il «no»
subirono la repressione da parte delle gerarchie ecclesiastiche; o più recentemente al 1989, quando
vennero puniti in vari modi gran parte dei 63 teologi, molti dei quali laici che persero la cattedra
universitaria, che firmarono una «Lettera ai cristiani» a favore di una attuazione più decisa del
Concilio Vaticano II; e don Vittorio Cristelli, direttore del settimanale diocesano Vita trentina, che
osò pubblicare la lettera, venne licenziato in tronco. Anche loro, come i 41 di oggi, colpevoli di aver
esercitato la propria libertà di coscienza e di parola.

Luca Kocci     il manifesto 1 settembre 2009