Il Vaticano alle
prese con le divergenze
Ancora una volta crisi fra il mondo ebraico e il cattolicesimo. Tutti ne
parlano, anche perché questa
volta la crisi chiama in causa capitoli importantissimi e quanto mai tragici
della nostra storia
recente. Anche ben al di là delle insensate dichiarazioni di qualche esponente
più o meno cattolico,
più o meno riconosciuto dalle autorità vaticane. E anche ben al di là delle
rassicurazioni che il
Vaticano si affretta sempre a accordare. Anche questa volta.
La crisi, però, ha radici profonde e antiche, che vale la pena di ricordare e di
rivisitare. Anche senza
riandare al lontano passato, quello che aveva determinato il «perfidi giudei»
delle preghiere
liturgiche da poco corrette.
Nell'ultimo secolo le difficoltà non sono mancate, anche se tutte discutibili.
Le presunte debolezze
cattoliche nei confronti delle atroci persecuzioni naziste contro gli ebrei
hanno lasciato uno
strascico che non si dimentica. Non sono bastati gesti anche importanti, come il
«fratelli maggiori»
dichiarato da papa Giovanni Ventitreesimo nella sinagoga di Roma o la correzione
delle preghiere
liturgiche, che però insistono ancora sulla necessità della conversione. Toni e
posizioni che non
pochi ebrei hanno difficoltà ad accettare.
E forse il Vaticano ha avuto troppa fretta di sanare lo scisma dei
lefebvriani.
Uno scisma che era - è - non soltanto contro Roma, ma contro la verità.
La vicenda di questi giorni dei lefebvriani negazionisti può leggersi come una
conferma di una
situazione generale che sta cambiando. Non tutti i cattolici si uniformano ai
dettati di Roma.
Probabilmente nel futuro anche prossimo Roma dovrà accettare quelle divergenze
che altri cristiani
hanno già accettato da tempo: penso al mondo protestante. Divergenze, comunque,
non sulla shoah.
Commenta Amos Luzzatto, esponente di spicco dell'ebraismo italiano: «Il
Pontefice avrebbe dovuto
reagire subito, e non aspettare tre giorni prima di parlare». E ancora:
«Mi chiedo se non ci troviamo
di fronte a una svolta epocale che va nel senso esattamente opposto a quello del
Concilio Vaticano
Secondo».
Filippo Gentiloni il manifesto 1° febbraio 2009