Il Vaticano: muore lo stato di diritto Il futuro del paese sarà l'apartheid

«Così si va verso l'apartheid». «E' l'abdicazione dello Stato di diritto e si criminalizza
l'immigrazione». E' senza appello la bocciatura del Vaticano e dei rappresentanti delle comunità di
accoglienza sul decreto sicurezza. In particolare, alla Chiesa preoccupano i due capisaldi del
decreto, le ronde antistupro e il prolungamento dei tempi di permanenza degli irregolari nei centri di
identificazione (Cie). Analoghe critiche nei giorni scorsi erano state fatte da ambienti cattolici anche
per il disegno di legge che obbliga i medici a denunziare i malati clandestini ora al vaglio del
Parlamento. Critiche completamente ignorate dal premier Berlusconi alla ricorrenza dei Patti
Lateranensi del 18 febbraio, quando aveva assicurato che «tra governo e Vaticano c'è piena identità
di vedute».
Ieri la doccia fredda. Varare le ronde «rappresenta una abdicazione dello Stato di diritto e non è una
strada da percorrere perché la tutela della sicurezza spetta sempre alle autorità»
, lamenta il vescovo
Agostino Marchetto, segretario del pontificio consiglio dei Migranti. Per il monsignore, c'è il
fondato pericolo che il decreto possa «alimentare un clima di criminalizzazione dei migranti»,
causando una incontrollabile caccia al clandestino e un clima di intolleranza verso gli stranieri. Per
cui il decreto «certamente non trova il consenso della Chiesa». Analoghe riserve anche per il
prolungamento della permanenza nei Cie e per l'obbligo dei medici a denunziare i clandestini. «Se
gli irregolari si fanno prendere dalla paura - ragiona il vescovo - perderanno la fiducia e, non
conoscendo i propri diritti, potrebbero preferire non curarsi, o favorire la creazione di strutture
illegali. Criminalizzare le migrazioni irregolari significa non riconoscere il diritto ad emigrare, un
diritto - conclude Marchetto - tutelato dalla dichiarazione sui diritti umani e difeso dalla Chiesa».
«Purtroppo con decreti simili stiamo scivolando verso l'apartheid», denunzia don Vinicio Albanesi,
presidente del Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza (Cnca). «Siamo solo capaci
a mostrare i muscoli e ad affrontare il fenomeno migratorio in termini razziali, senza però - accusa
ancora Albanesi - disdegnare di sfruttare clandestini e badanti in quei lavori che gli italiani non
vogliono fare più, come l'edilizia e l'agricoltura e l'assistenza agli anziani». Anche per il Servizio
dei Gesuiti per i rifugiati, «nel paese c'è un clima di intolleranza e xenofobia» provocato anche dalle
«dichiarazioni ad effetto di alcuni politici».

Orazio La Rocca     la Repubblica  21 febbraio 2009

 

Accusa del Vaticano: l'Italia ha abdicato

Parla di «abdicazione dello Stato di diritto», teme la «criminalizzazione dei migranti», soprattutto
vede un «grande rischio» nelle ronde di cittadini, «un tentativo di soluzione che secondo me non
farà che creare altri problemi ». La voce dell'arcivescovo Agostino Marchetto è posata, tranquilla,
ma ciò che dice è una stroncatura pesante per il governo. Tanto più che viene dal segretario del
pontificio Consiglio per i migranti e gli itineranti.
Ai piani alti del Vaticano, peraltro, si fa osservare come il parere «autorevole» di Marchetto sia
tuttavia «personale» e non esprima la linea della Segreteria di Stato. La quale, come regola, ritiene
che su questi temi la competenza sia della Cei. Ieri la Chiesa italiana non è intervenuta
ufficialmente sul decreto anti-stupri approvato dal governo. E del resto il cardinale Angelo
Bagnasco, presidente della Cei, aveva spiegato la settimana scorsa al Corriere che in tema di
immigrazione «occorre saper coniugare insieme quel principio dell'accoglienza che ha sempre
innervato l'anima profonda del nostro Paese con un altro principio non meno necessario, quello
della legalità, di cui tutti si avverte la necessità per la convivenza sociale. I due principi stanno o
cadono insieme». Una posizione di grande equilibrio che non interveniva sulle ipotesi di legge:
«Spetta alla politica determinare i criteri di questa dialettica sempre nuova, visto che sempre nuove
sono le emergenze». Lo stesso Marchetto, peraltro, ripete: «A me pare — e dico: a me pare — che
la misura delle ronde sia un'abdicazione dello Stato proprio perché è lo Stato che ha il compito di
difendere i cittadini
». Il fatto che le ronde non siano armate e si dia la precedenza ad ex agenti ed ex
militari «è certo un desiderio di migliorare, ma la sostanza rimane quella», considera l'arcivescovo.
«I cittadini possono essere soggetti ai loro sentimenti, ai loro moti xenofobi o di discriminazione. È
questo il grande rischio». Teme una deriva xenofoba? «Una cosa è l'intolleranza, un'altra la
discriminazione o il disprezzo per l'altro, un'altra ancora la xenofobia o il razzismo. È difficile
sapere cosa c'è nei cuori delle persone. Ma il momento è delicato, si agisce influenzati dall'umore
diffuso, e la fragilità umana è un dato di fatto
». Anche il prolungamento della permanenza degli
immigrati nei centri, da due a sei mesi, rivela «una tendenza a criminalizzare gli immigrati e a non
riconoscere il diritto umano all'emigrazione, sancito nel '48».
Quella di Marchetto non è l'unica voce preoccupata. «Si fa fatica a immaginare che uno strumento
extraistituzionale come le ronde possa rappresentare una soluzione e soprattutto un fatto positivo
per la cultura della legalità nel Paese
», commenta Francesco Marsico, vicepresidente della Caritas
italiana. Povertà, crisi, solidarietà, ma anche immigrazione sono stati proprio ieri al centro del
colloquio con Napolitano del presidente e del direttore della Caritas, il vescovo Giuseppe Merisi e
monsignor Vittorio Nozza. Anche i gesuiti del centro Astalli di Roma, che si occupa di rifugiati,
sono in allarme: «Crescono gli episodi di intolleranza e xenofobia, le frasi fatte, gli insulti sui bus,
l'insofferenza del diverso».

Gian Guido Vecchi     Corriere della Sera  21 febbraio 2009