Vaticano. Benedetto XVI rivendica la presenza della Chiesa nella vita pubblica e apre il suo primo Sinodo. E prende un pò le distanze dal cardinale Ruini

Il Dio politico di papa Ratzinger

La società laica e secolarizzata, nella quale la presenza di Dio è relegata all’intimità di ciascuno senza più dominare la vita politica e culturale degli Stati, non piace a papa Ratzinger. E' chiarissima l'omelia pronunciata domenica da Benedetto XVI nella messa d'apertura del primo, importante Sinodo del suo Pontificato. ''Vogliamo - ha scandito riferendosi agli uomini di oggi - possedere il mondo e la nostra stessa vita in modo illimitato. Dio ci è d'intralcio. O si fa di Lui una semplice frase devota o Egli viene negato del tutto, bandito dalla vita pubblica, così da perdere ogni significato''. E, se non fosse abbastanza chiaro, il papa ha ribadito: ''La tolleranza, che ammette per così dire Dio come opinione privata, ma gli rifiuta il dominio pubblico, la realtà del mondo e della nostra vita, non è tolleranza ma ipocrisia”. E ancora: “Laddove l'uomo si fa unico padrone del mondo e proprietario di se stesso, non può esistere la giustizia. Là può dominare solo l'arbitrio d el potere e degli interessi”.
Sono parole dure, precise, che non mancheranno di suscitare polemiche. Parole che sembrano sposare in pieno la linea di Ruini, con una Chiesa in trincea intenta a permeare la politica e la società occidentale dei dogmi cattolici. Una visione che finisce inevitabilmente per cozzare contro il principio stesso della democrazia, che come noto non è mai stato pienamente elaborato dalla dottrina papale, sebbene sia passata molta acqua sotto i ponti dai tempi del 'Sillabo', quando Pio IX la inserì tra i più virulenti errori del secolo. E come non riandare col pensiero alla celebre omelia ratzingeriana per la messa ''Pro eligendo pontefice'', alla vigilia della sua stessa proclamazione, quando attaccò frontalmente la ''dittatura del relativismo, che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie''?
Eppure, come molti attenti osservatori hanno notato (per esempio il vaticanista dell' ''Espres so'' Sandro Magister) gli attacchi, le denunce di Benedetto XVI contro la secolarizzazione hanno un altro tono rispetto a quelli dei suoi predecessori più reazionari, come Pio X o Pio XII. E si inseriscono in un clima ben diverso da quello trionfante di Giovanni Paolo II, che per vincere l'indifferentismo religioso incitava i giovani che amava (riamato) ad ''aprire le porte a Cristo'', e a ''non avere paura''. Quello di papa Ratzinger è un mondo al crepuscolo, pre-apocalittico, avviato su una china pericolosa i cui smottamenti si avvertono ogni giorno. Un'immagine medievale dell'Occidente e della Chiesa di Roma, che presuppone una riforma quasi gregoriana della società e della Chiesa stessa, per evitare il giudizio divino. La cui minaccia, ha ammonito il papa davanti ai 256 vescovi intervenuti al Sinodo, ''riguarda anche noi, la Chiesa in Europa, l'Europa e l'Occidente in generale: il Signore grida anche nelle nostre orecchie le parole che nell'Apocalisse rivolse alla Chiesa di Efeso: 'se non ti ravvederai, verro' da te e rimuovero' il tuo candelabro dal suo posto''. Il grido del pontefice risuona a tratti di autentica disperazione, ed è perfettamente in sintonia con le letture bibliche di domenica scorsa, che raccontano la distruzione di Gerusalemme nel 70 ad opera delle armate romane di Tito. La Chiesa, ha ammonito Benedetto XVI, non è esente da colpe, è tutt'altro che perfetta. Da qui l'invocazione al Signore perché ''non permetta che la sua luce in mezzo a noi si spenga''.
Il tema del Sinodo già fissato da Wojtyla, cioè l'Eucarestia, diviene nelle parole del papa teologo quasi un redde rationem, ben diverso da quel simbolo identitario e assoluto che, da secoli, ne fa uno dei grandi fossati tra cattolici e protestanti. Parole che somigliano a una visione inquieta: “In quest'ora in cui celebriamo l'Eucaristia, Egli ci viene incontro, viene incontro a me. Troverà una risposta? O accade con noi come con la vigna, di cui Dio dice in Isaia: ' 'Egli aspettò che producesse uva, ma essa fece uva selvatica''.
Più che rabbia questo papa, fragile e rigoroso come un asceta o un visionario medievale, dovrebbe suscitare tenerezza in un laico. La sua strategia di riconquista delle società moderne non ha nulla della grossolana invadenza dei vescovi italiani. E si ammanta di toni dolci, come l'invito di ieri ai suoi vescovi per una ''correzione fraterna'' all'interno della Chiesa. Una visione collegiale utile non solo a correggere ''ma anche a consolare e condividere le sofferenze dell'altro e ad aiutarlo nelle difficoltà'', perché ''solo se viviamo un sentimento di profonda pace interiore possiamo essere persone della pace anche nel mondo e per gli altri''.
Insomma, come sempre quando si parla di uomini colti e complessi, il giudizio sul pontefice tedesco rifiuta i facili schematismi. E se da una parte l'ala più conservatrice della Chiesa continua indefessa il lavoro avviato sotto Wojtyla (con il cardinal Angelo Sco la che a sorpresa ha letto la sua relazione in latino, ed ha ribadito il 'no' vaticano ai preti sposati), la versione ratzingeriana del Sinodo sembra aprire importanti spiragli a una maggiore collegialità. Sono raddoppiati gli osservatori ecumenici, ma soprattutto è stata introdotta un'ora di discussione libera tra i Padri, senza l'obbligo di consegnare in anticipo il testo scritto. Dalle 18 alle 19 di ogni giorno la Chiesa di Benedetto XVI potrà parlar chiaro dei suoi problemi e delle sue divergenze, cosa impensabile nel lungo pontificato wojtyliano.


 

Paolo Giorgi      da  www.aprileonline.info    del 02/10/2005