Vangelo e razzismo nel Veneto profondo

Don Matteo Ragazzo siede davanti al computer nella sua canonica e comincia a raccontare. «Dopo
la Messa esco sul sagrato per salutare i miei parrocchiani e sento che parlano come Bossi e
Borghezio contro gli immigrati.
Allora mi chiedo: che cosa hanno capito della mia omelia?
Probabilmente nulla».
La minuscola chiesa di Ca' Onorai quasi si confonde con le case di questa frazione di Cittadella
(Pd) dove il sindaco Massimo Bitonci (Lega Nord) inventò la celebre ordinanza che proibiva la
residenza in paese dei migranti poveri. Un successone. Tanto che Bitonci è diventato parlamentare e
continua a sfornare ordinanze. Le ultime prevedono cinquecento euro di multa per chi urina o
vomita nei luoghi pubblici, e vietano l'elemosina. E poi, per chi prende l'agognata residenza in
città, controlli a sorpresa per verificare se gli alloggi sono puliti e decorosi. (E don Matteo sorride:
«Probabilmente caccerebbero anche me, se venissero a vedere la canonica»). A vigilare sul decoro
urbano scendono in strada, accanto ai vigili urbani, una truppa di ausiliari in borghese pronti a
staccare multe anche fino alle ore piccole del sabato sera.
I cittadellesi, tutti, sono contenti di Bitonci. «Ci voleva un poco di ordine -spiega un
edicolante -in fondo si tratta di punire la cattiva educazione. Se sporcano devono pagare». Non
si tratta naturalmente soltanto di buone maniere. Il signor Piero ha appena cantato i salmi ad un
funerale, è praticante, e non vede contraddizioni tra il Vangelo e la cacciata dei (pochi) mendicanti
dal centro storico: «I delinquenti non li vogliamo»
.

Il profondo Veneto vive una contraddizione per il momento insanabile. Ad una altissima
percentuale di credenti e praticanti corrisponde una altissima percentuale di leghisti.
Prendiamo Ca' Onorai: nella zona tutti i bambini vanno a catechismo e arrivano alla cresima. Il
25-30% degli adulti va in chiesa tutte le domeniche, la media nazionale si ferma al 12-13%.
Nel seggio della frazione alle ultime elezioni il Carroccio guadagnò il 73,4%. E' facile pensare
che molti approvino le sparate razziste di Giancarlo Gentilini. Il quale, nello stesso giorno, è
riuscito a inaugurare un crocefissone alto tre metri in centro a Treviso e nel frattempo chiedere
che i parroci stranieri se ne stiano lontani dalle terre del Piave. Attirandosi le ire di don Vallotto,
responsabile immigrazione della Caritas trevigiana: «Non si può esibire un crocifisso nel
giardino del Comune e poi sbatterlo sulla testa degli immigrati».

Nei mesi scorsi don Matteo prese carta e penna e scrisse un articolo duro contro il respingimento
dei migranti africani in Libia e lo pubblicò sul bollettino parrocchiale accanto ad una foto del
ministro Roberto Maroni. Titolo: "Forti con i deboli". Vale la pena citare un passaggio: "Se
trovassi leggi, ordinanze o decreti che tentano di fermarmi non mi spaventerei, perché anche io
come te, ho il diritto di dare un futuro ai miei figli e alla mia famiglia". Un chiaro segno di
malessere nei confronti delle politiche leghiste e , soprattutto, delle ordinanze anti-stranieri di
Bitonci. Apriti cielo. Il sindaco lo chiamò immediatamente per protestare.

«Mi sorprese tuttavia la reazione dei miei parrocchiani. Erano stupefatti. Mi dicevano: perché fai
politica? Ho tentato di spiegare che l'accoglienza non è una parola vuota, e che mi indignavano
le immagini dei barconi affondati. Alcuni mi diedero ragione, ma furono pochi
», continua don
Matteo. Convinto che, ormai, «Chiesa e Lega sono arrivati ai ferri corti per la contesa del
territorio
». E che, ma questo non lo dice, il Carroccio non mostra deferenza ai paramenti sacri e,
anzi, si permette di criticare apertamente le gerarchie ecclesiastiche.
Non è soltanto Calderoli contro Tettamanzi. E' anche Gentilini contro don Aldo Danieli,
parroco di Paderno di Ponzano Veneto, paesello a pochi chilometri da Treviso, che ogni venerdì
apriva regolarmente le porte della parrocchia ai fedeli musulmani per la preghiera. «Svuoteremo
la chiesa del parroco rosso!» aveva tuonato il vice-sindaco di Treviso. A far retrocedere don Aldo,
però, ci pensò la Curia che estrasse dai libri polverosi una vecchia disposizione secondo la
quale non è possibile praticare due religioni differenti nel medesimo luogo. Alla prudenza delle
gerarchie Don Aldo, 72 anni e un passato da professore di greco e latino, ha risposto con una
mezza disobbedienza: ora concede i locali dell'oratorio saltuariamente ai musulmani, per le grandi
feste, e ogni domenica alle chiese evangeliche e pentecostali dei ghanesi e dei nigeriani, una
baraonda di canti e balli che disturbano i vicini. «Col buonismo non si va da nessuna parte»
critica il tabaccaio di Paderno, che va a messa ma pensa che il Vangelo «è comunque severo con
chi sgarra». Ma come, non parla di perdono, di amore, di accoglienza? «Chissenefrega di quello
che dice Gesù: l'oratorio è dei parrocchiani, non degli stranieri»
. In provincia sono molti a
chiamare santo don Aldo. Tranne la gente della sua parrocchia. E qualche ruggine col vescovo.
Perché don Danieli, come don Ragazzo di Ca' Onorai, è anche critico nei confronti delle rigide
norme interne e firmerebbe volentieri la lettera di alcuni parroci della diocesi trevigiana che
chiedono l'elezione diretta del nuovo vescovo dopo la partenza di mons. Bruno Mazzocato,
destinato a Udine. "L'elezione di un vescovo deve essere frutto della partecipazione del clero e
del popolo - scrivono - e invece le nomine vengono fatte direttamente dal dicastero della Curia
romana, ma è evidente che a Roma poco si conosce della realtà locale". Lettera interessante,
poiché in controluce è possibile leggere uno dei motivi di vittoria della Lega nella zona:
rappresentanti del popolo vicini al popolo, conosciuti dai cittadini.
Sacerdoti come don Matteo
lo dicono apertamente: «La Chiesa deve dare un segno di cambiamento altrimenti la gente si
disaffeziona». Perché ormai sente più vicine le parole di Luca Zaia, onnipresente ministro
trevigiano, delle parole dei pastori della Chiesa. Per il momento le proteste dei sacerdoti
provocano soltanto irritazione. Quando don Matteo scrisse, sempre sul bollettino parrocchiale, che
papa Ratzinger veste paramenti che valgono milioni di euro e che questo non è lo spirito della
Chiesa, ricevette una dura reprimenda dal vescovo. Obbedienza, solenne obbedienza.
Intanto le chiese si svuotano e la Lega si gonfia di voti. Da quando don Aldo ha aperto l'oratorio
agli stranieri di fedi diverse e persino ad un corso domenicale di arabo rivolto ai bambini,
alcuni parrocchiani hanno cominciato ad andare a messa in altre parrocchie. L'ecumenismo non
piace. Il sacerdote tiene duro: «Dicano quello che vogliono, i musulmani lasciano pulito, non
bevono e non fanno confusione. Preferisco un musulmano che prega ad un cristiano che
bestemmia».

Certamente più cauto don Eros Pellizzari, giovane parroco a Campigo di Castelfranco Veneto
(Tv), finito sui quotidiani nazionali per uno sciopero della fame. «Certi giorni alla messa non
veniva nessuno, ho fatto un piccolo digiuno per sensibilizzare i miei parrocchiani»,
minimizza il sacerdote che, dopo l'esposizione mediatica, sceglie il silenzio. Tuttavia dicono che
don Angelo preferisca non parlare di politica durante le omelie per non offendere la sensibilità dei
fedeli, che da queste parti sono un terzo del Pdl, un terzo della Lega e un terzo del Pd. Con una
unica eccezione: l'affare Feltri contro Boffo, il direttore dell'Avvenire, originario di queste parti,
costretto alle dimissioni dopo una subdola campagna del Giornale sulla sua presunta
omosessualità. Ecco, in quel caso don Pellizzari ha sentito l'urgenza di stigmatizzare 1'episodio
prendendo le difese di Boffo. E anche qui, apriti cielo. I fedeli del centrodestra si fermarono, dopo
la funzione, a parlare col sacerdote per chiedere spiegazioni. Alcuni però si convinsero: «Forse
hai ragione, don Eros». E andarono a confessare i loro peccati. Quali? Aver pensato male del
direttore del quotidiano dei vescovi.

Laura Eduati      Liberazione  13 dicembre 2009