UNO STATO AUTONOMO

I rapporti fra Stato e Chiesa dovranno entrare, con cautela ma anche con chiarezza e fermezza, nella Fabbrica bolognese del Programma, affinché il centrosinistra possa praticare, nel suo auspicato quinquennio di governo, un nuovo modus vivendi fra l’autorità civile e l’autorità religiosa: non più procrastinabile dopo la devastante invasione di campo del cardinale Ruini nel referendum sulla procreazione assistita. Ruini è il presidente della conferenza episcopale italiana: quando parla di questioni italiane, è come se parlasse la Chiesa. Qualcosa del genere s’è visto in Spagna, tra governo Zapatero e conferenza episcopale spagnola. Ma lì le cose non hanno avuto bisogno di aggiustamenti in qualche fabbrica di programma.

Tutti hanno dimostrato di avere idee chiare. Il re Juan Carlos, a cui i vescovi hanno chiesto di non ratificare la legge sulle nozze fra omosessuali, ricordandogli che il suo collega Baldovino dei Belgi, come lui sovrano cattolico, si sospese per un giorno dalle funzioni per non firmare la legge sull’aborto, ha risposto duro: «Io sono il re di Spagna, non dei Belgi». Lezione di laicità e autonomia dello Stato, da parte di una democrazia più giovane della nostra. Noi siamo ancora al 1946, quando il Vaticano faceva pervenire all’Assemblea Costituente il modello di Costituzione che avrebbe voluto per la repubblica italiana: una repubblica ultraconcordataria, antidivorzista, fondata sulla religione di Stato, presieduta da un presidente cattolico e in ogni caso “non ateo dichiarato” e non appartenente a una minoranza religiosa.

(Chi voglia farsi venire i brividi, legga in proposito le circa 500 pagine di padre Giovanni Sale, De Gasperi gli Usa e il Vaticano all’inizio della guerra fredda, editrice Jaka Book: storia e documenti dagli archivi della “Civiltà Cattolica” nel biennio 1946-47. Oggi continuiamo a fare i conti con l’integralismo di Ruini e i teologi atei alla Ferrara.

Il referendum del 12-13 giugno sulla procreazione assistita ha posto non solo problemi di diritti civili e della libertà della ricerca scientifica in un paese libero; ma anche problemi di autonomia dello Stato e di separazione fra Stato e Chiesa. La cultura laica si scontra ormai con una controversa credenza dogmatica, l’embrione persona, e la sopraffazione della coscienza da parte del principio d’autorità è denunciata nello spettacolare appello dell’agenzia di stampa cattolica “Adista”, con firme di teologi, preti, suore, docenti (ma Tettamanzi e Martini avevano fatto con grande stile la loro parte, contro lo spaventapasseri della “dittatura del relativismo” imbracciato dal papa tedesco). Sicché uno Stato che andasse alla riscoperta della propria autonomia troverebbe sponde al dialogo, così nella base cattolica come ai vertici della gerarchia, senza bisogno di aspettare che l’Italia sia liberata fra un anno del proconsolato ruiniano. Le domande che i firmatari dell’“Adista” hanno posto sono le stesse nostre domande: «Il cristianesimo non è mai stato solo potere.

Che dire allora di questa chiamata all’ubbidienza verso l’autorità? Che ne è del primato della coscienza? Perché non dare fiducia agli uomini e alle donne?

Perché non affidare la ricerca delle soluzioni più giuste al contesto della partecipazione democratica, in cui coscienze responsabili si confrontano e trovano le mediazioni politiche?».

Si parla di coscienze di cittadini italiani. Eppure i responsabili della politica italiana non hanno parlato, nella campagna referendaria, il linguaggio di questi sacerdoti. Ora, a urne chiuse, occorre che essi riaprano il capitolo. I rapporti fra Stato e Chiesa vanno ridiscussi, e la Fabbrica del Programma non può eluderli, perché è qui che si gioca la differenza tra conservatori e liberaldemocratici.

 

Federico Orlando    Dal numero 114 di Critica liberale

Dal sito www.italialaica.it     (30-9-2005)