Unioni civili, il giorno della verità all’ombra del Vaticano
Oggi a Roma in Consiglio comunale voto su due delibere e sull’ordine del giorno
del Pd contestato dalla sinistra
È davvero arrivato il giorno della verità per la discussa istituzione nella
capitale del registro delle Unioni civili? Dopo un lungo iter e altrettante
polemiche, oggi in consiglio comunale arrivano due delibere, una di iniziativa
popolare, per istituire il registro e un ordine del giorno, promosso dal Pd, che
sollecita il Parlamento a legiferare in materia, sottolineando la non competenza
comunale e proponendo una delibera quadro su quanto già il Campidoglio fà in
tema di diritti di chi convive. Ad infuocare la vigilia è arrivata la presa di
posizione del Vicariato di Roma contrario non solo al registro, ma anche
all’ordine del giorno. «I cattolici che siedono in Consiglio comunale, e tutti
coloro che considerano la famiglia fondata sul matrimonio come la struttura
portante della vita sociale, da non svuotare di significato attraverso la
creazione di forme giuridiche alternative - è la linea del Vicariato - saranno
dunque presto chiamati a mostrare la propria coerenza e la propria
determinazione».
E l’appello del Vicariato non è caduto nel vuoto: pronti ad accoglierlo An e gli
altri partiti del centrodestra. Ma anche l’Udeur romana, che ha incrinato ancor
di più le posizioni nella maggioranza di centrosinistra che sostiene il sindaco
Walter Veltroni. Il segretario romano e capogruppo capitolino dell’Udeur
Gianfranco Zambelli ha ribadito il no del suo partito all’istituzione del
registro delle Unioni civili e ha annunciato anche il no all’ordine del giorno
di mediazione promosso dal Pd. L’Udeur invita così «i colleghi cattolici» ad
accogliere l’appello del Vicariato e a esprimere un triplo no. La sinistra,
invece, continua la sua battaglia in aula e fuori. Oggi, in piazza del
Campidoglio, ha organizzato in concomitanza con il dibattito in consiglio
comunale, un sit-in, annunciato nei giorni scorsi dalla capogruppo del Prc
Adriana Spera come un nuovo «contro-Family Day», a cui aderiscono le
associazioni e organizzazioni del mondo omosessuale. Prc, Pdci, Verdi, Sd e Ps
hanno già anticipato che voteranno no all’odg del Pd e presenteranno un
emendamento che accoglie l’idea delle «unioni solidali». «Ci auguriamo che le
pressioni messe in atto dalla Conferenza episcopale non portino a bocciare la
delibera. Se ciò dovesse avvenire sarebbe un pessimo segnale per il Paese», ha
detto il capogruppo alla Camera dei Verdi Angelo Bonelli. Il Pd, in Campidoglio,
nonostante le critiche arrivate dal Vicariato, prosegue sulla strada dell’ordine
del giorno di mediazione. Il capogruppo capitolino Pino Battaglia, ha invitato
tutti a «non esasperare i toni», auspicando un «dibattito serio e utile» che
approdi a un «provvedimento condiviso».
UNIONI CIVILI. Roma, rottura Pd-Cosa Rossa
Bocciate tutte le proposte
È ormai notte e sulla Piazza del Campidoglio non ci sono più nemmeno le poche
bandiere che avevano atteso sotto la pioggia il responso quando dall’Aula Giulio
Cesare per le Unioni civili arrivano una dopo l’altra solo fumate nere. Bocciata
la delibera di iniziativa popolare sostenuta da 10mila firme e dai radicali.
Bocciata, con i voti contrari dell’intero Pd, la proposta di delibera presentata
dai consiglieri della Sinistra e dalla Rnp.
FUMATA NERA «Si è formata una nuova maggioranza: il Pd che vota con la destra»,
ironizza il segretario romano di Rifondazione Massimiliano Smeriglio
quando è chiaro che il Registro delle Unioni civili non passerà ma sembra ancora
che la maggioranza sugli ordini del giorno possa ritrovare uno straccio di
intesa. Poi fallisce anche l’ultimo tentativo di conciliazione tra Sinistra e Pd:
un ordine del giorno comune, ridotto all’osso, quanto basta per far avanzare il
dibattito a livello nazionale oltre che comunale. Nemmeno quelle poche parole si
trovano: si scrive «unioni civili» e poi si corregge «solidali», si suggerisce
(lo fa il Pd nel suo odg) «comunioni di vita» e poi si corregge ancora con «vita
comune», nemmeno la lingua sembra uno strumento benigno. E così, insieme alle
delibere, anche gli odg vengono bocciati uno dopo l’altro: quello del Pd, quello
dell’opposizione e quello che la Sinistra ha voluto presentare per tentare di
portare a casa almeno un risultato concreto, senza riuscirci.
Il Pd ci ha creduto fino all’ultimo. «Sta a noi - aveva scandito nel dibattito
iniziale il capogruppo Pino Battaglia - rappresentare il punto di equilibrio in
un quadro attraversato da tensioni contrastanti». Quel punto di equilibrio,
cercato all’interno di un testo limato fino all’ultimo, non c’è al momento del
voto. Il Pd vota compatto (solo l’ex cislino Policastro lascia l’aula per
evitare il no e non incidere però sul quorum), c’è un sì in più dei no, ma l’odg
del primo partito della maggioranza viene bocciato lo stesso: 24 sì (ai
consiglieri del Pd si sono aggiunti quelli della Lista civica e uno dell’Idv),
23 no e 9 astensioni, tutte dai banchi della Sinistra, che in un primo momento
era sembrata disponibile persino a lasciare l’aula per abbassare il quorum.
«Senza la Sinistra, il Pd non ha la maggioranza», scandisce Smeriglio. «Si è
persa un’occasione storica, l’ordine del giorno che avevamo presentato
rappresentava la proposta più avanzata che si poteva fare in questo momento»,
replica invece Pino Battaglia difendendo ancora a votazione conclusa il testo
del Pd che chiedeva al parlamento italiano di «affrontare con urgenza questi
temi» e impegnava consiglio comunale e giunta a lavorare a una «delibera
quadro», rivendicando che da anni già Roma non discrimina ma prende a
riferimento del welfare la «famiglia anagrafica».
Con la fumata nera sugli ordini del giorno, scende l’ora delle accuse
incrociate. E spariscono anche gli esponenti nazionali richiamati dalla vicenda
capitolina. Paolo Cento, Angelo Bonelli, Elettra Deiana, Vladimir Luxuria che
spiega: «Un registro comunale sarebbe stato uno strumento importante perché la
legge in parlamento parla di stabilità dei rapporti e intanto chi voleva avrebbe
potuto iscriversi a quel registro per dimostrare la durata della relazione».
«Nessuno canti vittoria», avverte Paola Concia, piddina ma anche esponente del
mondo Glbt, doppiamente arrabbiata per la bocciatura dell’ordine del giorno del
Pd che «avrebbe rappresentato una presa di posizione importante da parte del
consiglio capitolino». E invece: «Abbiamo raggiunto il peggior risultato
possibile: non dare nessun segnale», attacca il capogruppo della Lista civica
per Veltroni, Carlo Fayer, l’unico ad aver votato a favore per tutte le delibere
e gli ordini del giorno. Amare sono soprattutto le reazioni delle coppie gay
venute a seguire il dibattito e dei rappresentanti dell’Arcigay, Aurelio Mancuso
e Rossana Praitano. L’unica a festeggiare è l’opposizione che interviene a
sbandierare il trionfo dei valori dell’«Europa cristiana» e della «famiglia
tradizionale» tra le urla del pubblico che invece inveisce contro la «Roma
papalina».
L’applauso dal pubblico venuto a tifare per i diritti civili l’opposizione però
se lo prende quando attacca l’assenza in aula del sindaco. In Abruzzo «per un
impegno inderogabile che avevamo fatto presente al momento della
calendarizzazione del dibattito», spiega il suo capo di segreteria Walter Verini.
«Se Veltroni non fosse stato segretario del Pd - dice il consigliere del Pd
Francesco Smedile - il dibattito non sarebbe stato così drammatico». E Battaglia
conclude con amarezza: «Hanno scaricato sul consiglio comunale quello che non
hanno la forza di imporre in parlamento».
Mariagrazia Gerina l’Unità 18.11.07