Una vergogna. L’Italia li accolga subito e cessi i respingimenti

Profughi torturati e imprigionati. Il governo è complice Il ministro Maroni conferma di averli consegnati a Gheddafi in modo indiscriminato, senza rispettare le nostre leggi


Li hanno rinchiusi e torturati nelle carceri. Poi, dopo la mobilitazione internazionale innescata dall’impegno di giornalisti e organizzazioni umanitarie, hanno deciso di condannarli ai lavori forzati, senza riconoscimento del loro status di rifugiati. È la sorte toccata ai circa 400 migranti eritrei rinchiusi nel centro di detenzione di Brak, in Libia. Una sorte di cui l’Italia porta senza dubbio l’onta della complicità, a dispetto di quanto detto in questi giorni dal Governo.
L’Italia, purtroppo, è complice, perché da due anni ha deciso di applicare respingimenti in mare nei confronti dei migranti. È complice, perché questi respingimenti vengono fatti in direzione della Libia, dove vige un regime militare e dove i diritti umani continuano a essere violati. Tripoli non ha mai ratificato la Convenzione di Ginevra. Eppure, il Governo non ha avuto dubbi nel consegnare in maniera indiscriminata al colonnello Gheddafi migliaia di vite umane, siano pure bambini e profughi. Prova ne sia ciò che ha detto il ministro Maroni a proposito della situazione dei detenuti di Brak: «Non è dimostrato che queste persone siano tra gli 850 migranti respinti dall’Italia verso la Libia». Senza accorgersene, il ministro ha confermato quello che, dal Parlamento di Strasburgo, io e Patrizia Toia abbiamo denunciato alla Commissione europea: l’Italia ha applicato i respingimenti senza neppure curarsi dell’eventuale status di rifugiato di chi ha respinto. Non si tratta di una premura umanitaria, ma del rispetto delle leggi italiane ed europee, oltre che della Convenzione di Ginevra.

Il ministro Maroni, poi, afferma a cuor leggero che, in questa vicenda, le responsabilità sono dell’Unione europea, che ha mostrato «un atteggiamento di disinteresse incredibile e singolare». Ma è stato proprio il Consiglio d’Europa, dopo una mobilitazione partita dal gruppo dei Democratici a chiarire che l’Italia ha «il dovere di vigilare sul rispetto dei diritti umani», invitando il nostro governo, fino ad allora immobile, a muoversi per risolvere diplomaticamente il caso dei profughi di Brak.
La soluzione è arrivata, ma è stata una beffa: i migranti eritrei hanno ottenuto la libertà, ma a patto di svolgere «lavori socialmente utili» sotto la sorveglianza dei militari libici. In pratica, lavori forzati. Inoltre, sottoscrivendo questo accordo, i 400 profughi diventano dei «migranti economici», e rischiano di perdere la possibilità di ottenere, anche da parte dell’Unchr, lo status di profughi.
Anche di questo l’Italia è complice. Per levarsi di dosso l’onta, il Governo accolga gli eritrei detenuti a Brak. E sospenda, ci auguriamo immediatamente, i respingimenti in Libia.

Rita Borsellino   l’Unità 15.7.10