Una lezione religiosa sulla laicità in politica


La stampa nazionale ne ha dato notizia: a nome di Berlusconi, il suo fedelissimo Sandro Bondi ha spedito a parrocchie e comunità religiose di tutta Italia un opuscolo teso a dimostrare che gli ultimi "cinque anni di governo" sarebbero stati in piena, e fruttuosa, sintonia con "la dottrina sociale della Chiesa". Non tutti i destinatari dell'omaggio hanno mostrato di gradire. Ed è significativo che anche Suor Anna Pia De Marchi e suor Tiziana D'Agostino, missionarie comboniane operanti a Palermo, abbiano avvertito il bisogno di una cortese, ma ferma, risposta pubblica.    
Nella loro lettera aperta, le due religiose partono da una premessa di fondo: "Siamo persone libere con testa e cervello, sappiamo fare le nostre scelte senza che voi ci propiniate spiegazioni e  'suggerimenti' elettorali assurdi e inaccettabili! Perché l'ingente spesa per pubblicare questi opuscoli non poteva invece essere utilizzata per sollevare il tenore di vita di tanti cittadini italiani che vivono una squallida povertà?".
L'interesse maggiore della missiva sta, probabilmente, nel fatto che essa dà voce ad esperienze quotidiane molto concrete: "Qui a Palermo, da tempo, noi serviamo uno dei quartieri più degradati del centro storico: mamme che bussano ogni giorno alla nostra porta con l'ansia dello sfratto o della mancanza di soldi per sfamare i loro bambini o per pagare bollette della luce, del gas ecc. Persone ammalate che non possono procurarsi le medicine perché non mutuabili. Ci chiediamo perché nel vostro libretto, così ben fatto e organizzato, non avete spiegato perché i più ricchi possono ottenere sempre tutto e gratuitamente mentre invece i più poveri (e sapete, in Italia ce ne sono sempre di più) non si possono permettere quasi nulla!".   
Le due suore hanno alle spalle decine di anni di servizio in Africa e in America Latina. Sulla base di questa biografia non sembrano stupirsi troppo: "Per noi missionarie questi giochi politici non sono nuovi: quanti ne abbiamo visti nei paesi sotto dittatura! Chiediamo che nella nostra Italia, che si dichiara democratica, ci sia più trasparenza e lealtà!". Eppure non riescono ad accettare la strumentalizzazione che "Forza Italia" consuma, o per lo meno tenta di realizzare: "Abbiamo pure letto sul vostro libretto che avete creato leggi ispirate ai valori del Vangelo. Ma quali leggi? Quelle per gli immigrati? O quelle che tutelano i ricchi davanti alla giustizia? O ancora altre che sono il rovescio del comando divino, che dice di spartire il pane con l'affamato, il vestito con l'ignudo, la casa con il povero senza tetto o l'essere una cosa sola con tutti non escludendo però i poveri e le masse di disoccupati senza speranza! E' solo Gesù  che può farci riconoscere dai frutti l'albero: e i vostri frutti - caro on. Bondi -  quali sono stati? Forse la partecipazione alla guerra in Irak? ".
Chi legga queste righe difficilmente può esimersi dal pensare che  - come nei gloriosi decenni della Democrazia Cristiana -  un partito politico non tenterebbe simili tattiche d'aggancio elettorale se non avesse motivi fondati per supporne il successo. Anche di questo le due missionarie sono convinte e, con coraggioso spirito di autocritica, rivolgono "un accorato appello a tutti i parroci, a tutti i religiosi/e affinché, con coscienza, riflettano sulla loro scelta per le prossime elezioni politiche". E' per loro chiaro che non avrebbe senso chiedere all'attuale presidente del consiglio il "favore di non sfruttare in modo indegno il Vangelo e la Sposa di Cristo, la Chiesa" se non si chiedesse, contestualmente, a "questa Sposa-Madre di non scendere più a compromessi con la politica".        
Non sappiamo che effetto avrà questa lettera aperta. Che due donne, sinceramente credenti, anzi addirittura consacrate totalmente alla causa del Regno di Dio, l'abbiano scritta è già però un segno di speranza. E' una lezione di laicità, insomma, che può forse compensare, parzialmente, la transumanza di alcuni intellettuali anticlericali verso i recinti del confessionalismo più conservatore.    

 

Augusto Cavadi      La  Repubblica di Palermo del 31.03.06