Una idilliaca passeggiata


Vale la pena di riflettere ancora sull'abbraccio fra il papa e Bush: un abbraccio «soffocante» come
ha scritto ieri Enzo Mazzi sulle nostre pagine.
Come mai il Vaticano ha abbandonato la sua tradizionale prudenza e riservatezza? Come mai questo
entusiasmo per il mondo ricco e dominatore? E all'abbraccio con Bush non si può non accostare
l'entusiasmo per il trionfo di Berlusconi.
Il Vaticano cerca evidentemente di schierarsi vistosamente dalla parte vincente. E' reduce da alcune
sconfitte, più o meno clamorose, e le vuole dimenticare. E soprattutto far dimenticare.
Negli Usa lo scandalo della pedofilia e il vistoso calo delle adesioni. D'altro canto il successo delle
chiese «fai da te», anche fra i cattolici. Da noi il rischio di una religione ridotta al privato: perciò la
necessità di uno stato che aiuti (e finanzi, soprattutto le scuole). Ben vengano, allora, le
genuflessioni di Bush, di Berlusconi e dei mass media di tutto il mondo.
Molto significativa la passeggiata dei due grandi nei giardini vaticani. Non era mai successo. I
commentatori della Rai, intanto, parlavano di una possibile conversione di Bush al cattolicesimo.
Sì, forse, ma comunque dopo la fine della presidenza.
In ogni modo una passeggiata idilliaca, in un ambiente bellissimo, surreale. Lontane, lontanissime
tutte le tragedie. Non arrivavano, nel colloquio «familiare» dei due grandi, gli echi delle guerre e la
disperazione degli affamati. E neppure le dispute fra i cristiani e gli islamici. Fisicamente vicini ma
spiritualmente lontanissimi - quasi come Guantanamo - i campi dei rom intorno a Roma.
Per il Vaticano una svolta in pochi decenni: dal Concilio, con la chiesa «dei poveri» e da quella
teologia della liberazione che non si genufletteva, tutt'altro, né davanti al papa né - soprattutto davanti
al presidente Usa. Sono passati pochi decenni, ma il panorama è cambiato: non tanto a
Washington quanto a Roma. Il papa sembra tornare ad essere, come si era detto, il «cappellano della
Casa Bianca».


Filippo Gentiloni      il manifesto   15 giugno 2008