UNA FINANZIARIA "DI GUERRA": AUMENTANO SPESE MILITARI E FONDI ALL'INDUSTRIA BELLICA
Nella
Finanziaria dei tagli e dei risparmi del governo Prodi, il rischio è che
aumentino di oltre 2 miliardi di euro, cioè dell'11%, le spese belliche, i fondi
per le Forze armate e il finanziamento pubblico al comparto militar-industriale.
Se nel 2006 la spesa totale – comprendente cioè il funzionamento ordinario delle
quattro Forze armate, le missioni militari all'estero e gli armamenti – era di
18 miliardi e 862 milioni di euro (di cui 17.782 milioni dal bilancio della
Difesa e 1.080 aggiunti dalla Finanziaria), per il 2007 si prevede una spesa
complessiva di 21 miliardi e 144 milioni di euro (18.134 milioni dal bilancio
preventivo della Difesa e 3.010 aggiunti dalla legge Finanziaria in discussione
proprio in queste settimane).
A far lievitare la spesa, una serie di motivi: i costi sempre più elevati per il
mantenimento delle Forze armate (da qualche anno, dopo l'abolizione della leva
obbligatoria, formate solo da soldati di professione) che assorbono il 72 per
cento dell'intero bilancio (nel 2002, in base ai dati forniti ad Adista dalla
campagna "Sbilanciamoci!", tale voce di spesa incideva solo per il 48 per
cento); le missioni militari all'estero, diventate sempre più numerose e
costose; l'acquisto di nuovi armamenti; la partecipazione dell'Italia a
programmi di riarmo in partnership con diversi Paesi europei (Gran Bretagna,
Germania e Spagna per la costruzione del cacciambombardiere Eurofighter) ed
extra-europei (Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Danimarca, Norvegia, Olanda,
Australia e Turchia per la progettazione e costruzione di un altro tipo di
cacciabombardiere, l'F35-Lightnight II).
Progetti di lunghissima durata – i primi esemplari del F35-Lightnight II, se
tutto va bene, dovrebbero essere consegnati nel 2012 – e di elevatissimo costo,
che mettono in luce anche un singolare ‘conflitto di interessi': quello degli ex
generali che fino a qualche anno fa indossavano la divisa militare ed erano ai
vertici della Difesa – da dove proponevano e sostenevano i progetti di riarmo –
e oggi siedono nei consigli di amministrazione delle principali industrie
armiere che quelle armi producono e vendono, ovviamente anche alle Forze armate,
e a quei progetti partecipano. Come l'ammiraglio Guido Venturoni, capo di Stato
maggiore della Marina dal 1992 al 1993 e della Difesa dal 1994 al 1999, e ora
presidente di Marconi Selenia Communications (gruppo Finmeccanica, si occupa di
sistemi per le telecomunicazioni militari); il generale Mario Arpino, capo di
Stato maggiore dell'Aeronautica dal 1995 al 1999 e della Difesa dal 1999 al
2001, attualmente presidente della Vitrocisiet (sistemi aerospaziali, radar e
telecomunicazioni); l'ammiraglio Umberto Guarnieri, capo di Stato maggiore della
Marina dal 1998 al 2001, adesso presidente di Orizzonte Sistemi Navali (gruppo
Finmeccanica, unità navali militari); il generale Sandro Ferracuti, capo di
Stato maggiore dell'Aeronautica dal 2001 al 2004, ora presidente di Ams (gruppo
Finmeccanica, radar e apparati elettronici militari); l'ammiraglio Marcello De
Donno, capo di Stato maggiore della Marina dal 2001 al 2004, attualmente
presidente di Agusta (gruppo Finmeccanica, elicotteri); e il generale Giulio
Fraticelli, capo di Stato maggiore dell'Esercito dal 2003 al 2005, adesso
presidente della Oto Melara (gruppo Finmeccanica, artiglierie navali).
Speculare all'aumento dell'11 per cento dei fondi per Forze armate, guerre e
armi, è il taglio del 10 per cento dei Fondi per la cooperazione allo sviluppo.
Lo prevede l'articolo 53 della Finanziaria che riduce le risorse per la
cooperazione di 48 milioni di euro, portando lo stanziamento da 600 milioni,
previsti nella prima bozza, a 552, una cifra inferiore a quanto stanziato dal
governo Berlusconi nella Finanziaria 2006. Che però, da par suo, come denunciato
dalla presidentessa del Fai Giulia Maria Mozzoni Crespi e confermato dall'ex
vice ministro dell'Economia Giuseppe Vegas, ha sottratto dall'8 per mille
destinato dai contribuenti allo Stato per attività culturali, di protezione
civile e di solidarietà sociale circa 80 milioni di euro, cioè un terzo del
totale, per finanziare la missione militare in Iraq.
Intanto, 53 parlamentari del centro-sinistra hanno sottoscritto un documento,
promosso dal senatore di Rifondazione Comunista Francesco Martone, contro
l'aumento delle spese militari e contro i tagli ai fondi per la cooperazione
allo sviluppo. "Le spese militari in Italia – ha dichiarato Martone – rischiano
di raggiungere livelli insostenibili, non in linea con quello che è stato il
nostro impegno con elettrici ed elettori" di una politica "per la pace ed il
disarmo, per la cooperazione, la solidarietà internazionale e la giustizia
economica globale". Il programma dell'Unione, ricorda il documento, prevede
iniziative innovative in sostegno alla riduzione delle spese militari, al
rilancio della cooperazione internazionale, a politiche di disarmo e
non-proliferazione, al rafforzamento dei meccanismi di controllo e monitoraggio
del commercio di armi: "su questo ci siamo impegnati e continueremo a farlo –
scrive ancora Martone – e proprio per questo uniamo la nostra voce per chiedere
una netta inversione di tendenza nelle politiche del nostro Paese, attraverso
una serie di misure che possano realmente marcare il rafforzamento di una
politica estera, industriale e commerciale di pace e prevenzione dei conflitti".
Luca Kocci Adista Notizie n.63 2006