Una ferita alla democrazia


Fatte salve le forme dell´uguaglianza civile e politica, ogni moderna democrazia funzionante è in grado di scegliere, di selezionare classi di governo in senso proprio, e di consentire il formarsi, nella società, di ceti dirigenti in senso lato, sulle basi dell´ingegno, dell´impegno e del merito. Sono le élites – aristocratiche, borghesi, operaie – quelle che hanno anticipato i nuovi orizzonti della società.


hubrys dominandi sembra rendere il nostro premier incapace perfino di comprendere il senso del limite e della limitazione. Il fatto preoccupante è che nessun contenimento tradizionale del potere sembra efficace abbastanza. La ragione di questa inefficacia non sta nelle strategie costituzionali, che sono chiare e ottime, ma in un fattore che è culturale e per questo difficile da modificare o contenere. Per dirla in parole povere, i contrappesi costituzionali e ogni azione di contenimento di carattere giuridico e istituzionale funzionano soltanto e fino a quando c´è da parte di chi governa la volontà di rispettarli, fino a quando cioè la costituzione formale e quella materiale coincidono. È proprio questa coincidenza che oggi si è spezzata cosicché alla costituzione scritta, come ha messo in evidenza più volte Gustavo Zagrebelsky, se ne è come sovrapposta un´altra, quella che si riflette nelle leggi, nelle politiche e nei comportamenti del governo e del suo leader. La regola che governa il nostro paese è funzionale a uno scopo molto semplice nella sua brutalità: conservare il potere ed esercitarlo per il bene e l´interesse di chi lo esercita. Qui sta il vulnus dispotico del quale soffre la democrazia italiana oggi. Certo, si tratta di un vulnus che gode della maggioranza dei voti degli italiani; ma è bene essere consapevoli che quello che la maggioranza esercita non è un potere innocente, perché è stato costruito affidandosi in larga parte all´uso spregiudicato e poi al dominio diretto e incontrastato dei media. Ieri Berlusconi ha attaccato l´informazione nel suo complesso: ma quante sono le reti televisive e le testate libere in Italia?
Per questa ragione è fuorviante parlare di tirannia della maggioranza, perché, come ben compresero i liberali ottocenteschi, in un governo rappresentativo è sempre e comunque una minoranza a tenere le fila del potere della parola. Questo vale in maniera spropositata nella nostra democrazia, dove il rischio alle libertà civili primarie – in primis quella della libera formazione e manifestazione delle idee– – viene dai pochi, i molti essendo uno strumento di sostegno passivo. I cittadini sono ridotti a semplici spettatori con l´aggravante che lo spettacolo al quale assistono è scientemente manipolato e decurtato. Gli italiani – quell´80% che si affida alla televisione per informarsi– – vivono come in uno stato di autarchia mediatica, chiusi al mondo del loro paese e a quello che del loro paese il mondo pensa e scrive. Questa è la situazione gravissima nella quale ci troviamo.

Il premier considera e tratta l´Italia come il suo cortile di casa: con collaboratori domestici o addomesticati che si preoccupano di allontanare da lui ogni sospetto di dissenso, che confezionano notizie con lo scopo di nascondere la verità ai cittadini e passano leggi per accomodare il diritto alle necessità del premier; con intrattenitori e intrattenitrici che rallegrano la sua vita; con ministri che come visir sfornano politiche che falcidiano la cosa pubblica, dalla scuola alla sanità, e dirottano risorse non si sa bene dove e per fare cosa. Perché tutto questo si tenga il dissenso deve essere azzerato con tutti i mezzi: dal mercato alle strategie intimidatorie. L´obiettivo è terrorizzare e ridurre al silenzio chi pensa liberamente per infine circondarsi di yes-men e yes-women. Che sia un segno di impotenza invece che di forza è evidente, tuttavia per chi tiene ai diritti e alla libertà gli effetti di questo potere di dominio sono disastrosi. Ora, non c´è da dubitare che il Pdl ospiti molti liberali, persone convinte che i diritti di libertà siano un bene prezioso che non può essere sacrificato a nessuna maggioranza – come possono questi liberali restare in silenzio? Come possono non comprendere che nella nostra Costituzione scritta è anche la loro sicurezza? Si usa dire che le costituzioni sono scritte quando il popolo è sobrio e pensando all´eventualità che potrebbe non esserlo sempre. I liberali hanno voluto legare la volontà della maggioranza con le costituzioni perché sono pessimisti abbastanza da non escludere che si possano formare maggioranze non sobrie che traghettino il paese verso acque pericolose. I liberali tutti non possono non vedere che l´Italia si trova oggi a navigare in un mare in tempesta, battuta da un lato da pericolose ondate di razzismo e intolleranza e dall´altro da un leader che ha in disprezzo i diritti fondamentali. L´attacco frontale a Repubblica, quello subdolo all´Avvenire, la critica durissima alla stampa estera - e l´ultima accusa al sistema informativo tout court - costituiscono un pericolo che nessun liberale serio può sottovalutare.
Le strategie di difesa contro questo esorbitante potere sono molteplici. In primo luogo è urgente che l´opposizione di scrolli dal torpore delle sue solipsistiche diatribe che ne paralizzano l´azione politica e si faccia promotrice di un coerente discorso politico alternativo che rimetta in moto un movimento civile di opinione che chieda a voce alta verità e giustizia, che sappia riportare i cittadini nell´agorà pubblica; in secondo luogo vanno usati tutti gli strumenti giuridici di cui il nostro Stato e l´Ue dispongono: portare il caso italiano davanti al parlamento europeo propone Gianni Vattimo, ma si dovrebbe anche aggiungere, rivolgersi direttamente alla Corte Europea dei Diritti; in fine, mettere in moto tutti gli strumenti dei quali l´opinione politica libera può disporre, e visto che non pare facile strappare il bavaglio imposto dalle televisioni nazionali, occorrerebbe attivare una rete di controinformazione tramite il web, i giornali, le associazioni della società civile, i movimenti. Ci troviamo in una condizione di emergenza e di eccezionale rischio. è la nostra dignità di cittadini che deve essere riscattata da questo clima di docilità e servizievole sudditanza. Ed è la nostra Costituzione scritta che ci legittima a fare quello che dobbiamo per difenderla.

Nadia Urbinati     Repubblica 5.9.09

 


La sinistra e i profeti


L ’infimo livello a cui Berlusconi, i suoi cortigiani e i suoi stipendiati hanno trascinato l’agenda politica del nostro paese e il gravissimo attacco di stampo fascista alla libertà di informazione hanno sottratto attenzione ad un evento internazionale che a mio parere riveste grande portata anche per le nostre prospettive politiche: la straordinaria vittoria elettorale della Linke, il partito della sinistra tedesca. Questo risultato non è un episodio rapsodico, ma è stato costruito sulla base di un preciso progetto politico fondato sui grandi valori e sulle battaglie per la giustizia sociale che da sempre sono patrimonio specifico delle sinistre. I pompieri del giornalismo d’accatto, i becchini reazionari o trasformisti, le prefiche profetizzanti la fine della storia che avevano sentenziato la scomparsa della sinistra in quanto tale faranno bene a diventare più cauti e modesti. La lezione tedesca dimostra che la sinistra in Europa è viva e vegeta e può svolgere un ruolo determinante nella costruzione di un’autentica democrazia attraverso la cultura dell’uguaglianza, della pace, dei diritti sociali e della centralità della dignità della persona e della natura di fronte alla mera logica mercantile e del consumo. Per l’Italia la lezione è particolarmente stringente perché il trionfo del berlusconismo e della sua destra reazionaria populista intrisa di fascistume mediatico ha avuto come controcanto la sistematica demolizione di tutto ciò che è sinistra e non solo da parte della destra. Al coro si è unita certa ex sinistra con vocazione all’apostasia e al centrismo spinto. Personalmente non ho il sottile talento dei profeti che prevedono tutto ma ho il sentore che non ci libereremo dal berlusconismo se non si riattiverà anche da noi una sinistra orgogliosa di sé che invece di baloccarsi con le beghe torni ad occuparsi di ciò per cui è nata.

Moni Ovadia     l’Unità 5.9.09