UNA CHIESA CHE SI RICONCILIA DAL BASSO

Il 2005 è stato celebrato dalla Chiesa cattolica romana come l'anno dell'Eucaristia. I suoi presupposti teologici e pastorali, a cominciare dall'Enciclica di Giovanni Paolo II Ecclesia de Eucharistia, hanno allontanato il vivere eucaristico dalla dimensione evangelica della comunione ecumenica. Appare sempre più necessario smaltire queste tossine attraverso un percorso che prenda le mosse dalla rinuncia ad assolutizzare la nostra identità di Chiesa e la nostra concezione di Eucaristia, muovendosi nella direzione della unità plurale dei fratelli in Cristo. Come è stato già sperimentato in altre occasioni, il digiuno eucaristico può diventare la tappa di un tale cammino di ricerca ecumenica. Abbiamo urgente bisogno di spazi liturgici che si affidino al silenzio, alla meditazione, alla "costrizione" stessa del digiuno eucaristico. Abbiamo bisogno di sperimentare nuovi modi di essere Chiesa e inedite forme di ministero. Abbiamo bisogno di emancipare la nostra fede ed il nostro vissuto eucaristico dalla tutela della metafisica e delle gerarchie, mettendo a tacere imposizioni dogmatiche e pretese di autorità che nulla hanno a che vedere con un Vangelo di comunione. Noi non sappiamo nulla del padrone della casa presso cui Gesù mangia la Pasqua (Mc. 14; 13-16). La cena si consuma tra Gesù e i Suoi discepoli, simbolo di tutti i credenti in comunione fra loro e con il Signore. Ma il padrone di casa, raffigurazione delle istituzioni ecclesiastiche, rimane anonimo. È colui che presta la casa, non l'arbitro della mensa che decide chi ammettere e chi lasciare fuori. "Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è Spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità" (Gv. 4; 23-24). Le parole di Gesù alla samaritana non possono non far risuonare nella coscienza di ogni cristiano la priorità di una fede di comunione rispetto ad ogni affermazione dogmatica: quest'ultima è solo un frammento di percezione imperfetta della Verità. Per noi cattolici, accogliere la ricchezza delle diverse forme e concezioni della Cena del Signore significa tornare ad assaporare, dopo tanto tempo, lo spirito profetico del Concilio Vaticano II, che, nella Costituzione dogmatica Lumen Gentium, asserisce l'infallibilità del popolo di Dio nel compiere l'atto di fede (n. 12). A tale atto di fede, compiuto da tutti i credenti di tutto il popolo di Dio, possiamo ancorare saldamente il principio biblico del primato di Pietro, riconoscendo, viceversa, le cause tutte storiche, tutte umane, tutte contingenti, che hanno portato al primato del vescovo di Roma. Pietro, la pietra su cui Gesù ha eretto la Chiesa (Mt. 16; 18-19), è il popolo di Dio, che compie il proprio atto di fede attraverso le stagioni della storia e sulla base delle tante sensibilità differenti che lo compongono. A nessuno, allora, è dato il potere di dichiarare le Chiese sorelle comunità imperfette, tanto meno facendo leva strumentalmente sul vincolo eucaristico.
Riscoprire l'infallibilità dell'atto di fede di tutto il popolo di Dio sarà particolarmente faticoso per noi cattolici, abituati da sempre ad essere la confessione religiosa maggioritaria in Italia e a ritenere noi stessi gli unici, veri interpreti del Vangelo e della Cena del Signore. Ma da un digiuno eucaristico durante la settimana di preghiera per l'unità dei cristiani potremo ricordare che di lì a pochi giorni, il 17 febbraio, le Chiese evangeliche fanno memoria in Italia della Giornata della Libertà: sono appuntamenti e date che non possono non fecondarsi vicendevolmente in una serie di iniziative comuni.
Da questa Chiesa, che si riconcilia dal basso, può levarsi un grido di speranza per un mondo in preda alla guerra, al fondamentalismo, all'idolatria del mercato, può prendere corpo la profezia biblica della pace nella giustizia, cui guardò Dietrich Bonhoeffer: "chi è in grado di rivolgere un appello alla pace, in modo che il mondo lo ascolti, sia costretto ad ascoltarlo? […] Anche la singola Chiesa può testimoniare e soffrire - almeno lo facesse! - ma anche essa è soffocata dall'odio. Solo il grande e unitario congresso ecumenico della santa Chiesa di Cristo da tutto il mondo può dirlo in modo tale che il mondo, sia pur digrignando i denti, debba accorgersi della parola della pace, e che i popoli siano lieti per questa Chiesa di Cristo che toglie di mano ai loro figli le armi in nome di Cristo, impedisce loro la guerra e invoca la pace di Cristo sul mondo impazzito" (Dietrich Bonhoeffer, Chiesa e mondo dei popoli in Idem Gli scritti (1928-1944), Brescia, Queriniana, 1979, pag. 431).


 

Andrea Fedeli, membro del Comitato direttivo del Cipax          ADISTA notizie n. 83