Una breccia liberatrice
Il 20 settembre è una
festa difficile, ma significativa. Per capirla un po' meglio partiamo da due
voci laiche che parrebbero opposte. Da una parte Carducci che deride la mancanza
di coraggio con cui il governo del Regno d'Italia decise di approfittare del
disastro francese a Sedan per liberare finalmente Roma dalla monarchia assoluta
papalina: celebre il suo sarcastico invito alle oche del Campidoglio a non fare
troppo chiasso. Dall'altra parte c'è la proposta del comunista libero-pensatore
Concetto Marchesi, che, nel 1949, in pieno clima pacelliano, chiese ed ottenne
in Parlamento la restaurazione della festa del 20 settembre scomparsa dopo il
concordato del 1929. Non dimentichiamo che proprio Marchesi, disobbedendo alla
disciplina di partito, aveva votato alla costituente contro l'art. 7.
Avevano ragione entrambi, in un certo senso. Il Regno d'Italia non aveva
brillato nella sua politica nei confronti della ineliminabile istanza di
liberare Roma da un governo anacronistico e tirannico simboleggiato, se così si
può dire, dalla esecuzione capitale di Monti e Tognetti. Marchesi fece bene a
compiere quella coraggiosa rivendicazione che eliminava una delle continuità
post-fasciste del fascismo.
Le persone intelligenti sanno che la fine del potere temporale dei papi fu,
storicamente, di grande giovamento allo stesso cattolicesimo. Non avremmo
avuto lo sprigionarsi, accanto e in antitesi al clerico-fascismo, valorizzato da
Benito Mussolini, di un forte cattolicesimo antifascista, le cui scelte - di
fronte all'attuale divaricazione tra destra iperliberista e sinistra
socialdemocratica - saranno decisive per il nostro paese.
Luciano Canfora il manifesto 20/09/2009
Quando il 20 settembre in Italia era un giorno di festa
La memoria è un bene prezioso quanto
fragile e deperibile. Per questo dimenticare
le proprie origini, perdere la memoria storica equivale a un suicidio sociale e
politico. Significa mettere a rischio la capacità di sviluppo di se
stessi e degli altri. Quando la società è ridotta, come oggi, a consumo di
merci, gli uomini sottomessi a questa logica che cancella la natura e la
volontà, come ciechi brancolano nel vuoto dei valori e campano alla giornata. La
memoria, allora, preda del silenzio, assume l'aspetto di una pagina bianca che
l'oblìo contribuisce a riempire con inchiostro intinto nell'ipocrisia e nella
menzogna. In Italia si coltiva poco la memoria, non a caso, ogni tanto,
fioccano appelli che esortano a non dimenticare e a ricordare momenti
significativi riguardanti la storia del nostro Paese. Il 20 settembre, ad
esempio, una volta in Italia era giorno festivo. Il 20 settembre 1870 il
generale Raffaele Cadorna alla testa di un corpo di bersaglieri aprì a cannonate
una breccia nelle mura di Roma, in corrispondenza di Porta Pia, e occupò
militarmente la città. L'Unità italiana veniva finalmente raggiunta e sanciva la
sconfitta del potere temporale della Chiesa cattolica. Istituita per legge nel
1895, detta festa, almeno fino al primo decennio del Novecento, era stata
popolare soprattutto a Roma, strappata al suo isolamento di secoli e trasformata
profondamente dall'arrivo degli "italiani".
La memoria della festa del 20 settembre (testimoniata dalla presenza in
tante città italiane di vie e piazze a quell'evento intitolate) andò perdendosi
quando le varie forze componenti la società civile, trovando ostacoli a
realizzare in Italia uno Stato veramente laico e una Chiesa cattolica rinnovata,
attenta alla diffusione dei valori religiosi e alle verità di fede, preferirono
praticare soluzioni compromissorie tese ad avvicinare "il Quirinale" e "il
Vaticano". Ma alla scomparsa della festa del 20 settembre contribuì
anche il cambiamento del clima storico segnato dalla Grande Guerra e poi
dall'avvento del fascismo, che quella data importante della storia d'Italia
soppresse nel 1930, sostituendola con la celebrazione dei Patti lateranensi,
sottoscritti l'11 febbraio 1929.
Dopo la caduta del fascismo, in età repubblicana, chi, come il critico
letterario Luigi Russo, aveva deplorato la violenza esercitata sulla nostra
storia con la cancellazione della festa del 20 settembre, venne ingiuriato
dall'organo della Curia di Genova, per il quale la vera festa dell'Unità
nazionale era quella dell'11 febbraio. Ernesto Rossi, invece, promotore del
movimento "Giustizia e Libertà" e redattore con Altiero Spinelli del "Manifesto
di Ventotene", testo base del federalismo europeista, dopo avere commemorato a
Firenze il 20 settembre, venne denunciato per vilipendio alla religione di Stato
e subì una perquisizione domiciliare tendente al sequestro del dattiloscritto
contenente il discorso incriminato. Oggi, associazioni, uomini politici e di
cultura si battono per riproporre la festività del 20 settembre e recuperare
così alla memoria collettiva una data fondante per la nostra nazione. Ma
non sarà facile spuntarla nel Paese degli accomodamenti, dove spesso il
disinteresse per la storia e
l'indifferenza per le idee cooperano a cancellare memorie complesse e
minoritarie, ma vive.
Lorenzo Catania il manifesto 20/09/2009