Un Vaticano da paura

Un vescovo che nega l'esistenza delle camere a gas e derubrica l'olocausto a evento secondario della
storia. Il Vaticano è arrivato ad accettare questo pur di far rientrare nel suo grembo lo scisma
lefebvriano.
Attirandosi addosso le giuste accuse di tutto il mondo dotato di memoria - o di
semplice buon senso -, la rabbia delle comunità ebraiche, appena attenuate dalla prudenza
diplomatica dello stato d'Israele. Un fatto che nessuna «scusa» degli ex scismatici può rendere meno
grave. E' solo l'ultimo episodio che rivela una crisi profonda d'Oltretevere, una crisi che si estende
al di là dell'Atlantico, visto che il Vaticano si dichiara «deluso» dalla nomina di Obama a presidente
degli Usa, perché sui più delicati temi di etica - aborto, staminali - le posizioni del neopresidente
sono contrarie a quelle vaticane. Poco dopo è arrivato il reintrego nella chiesa cattolica dei vescovi
di Lefebvre, con annesso il negazionista Williamson. Un rientro clamoroso: non è parsa sufficiente
la giustificazione offerta e proclamata, il desiderio di sanare uno scisma che «vale» 600.000 fedeli.
Ma ai lefebvriani e a Obama si devono aggiungere parecchi altri dati, anche se difficili da
quantificare. Anche dalle nostre parti aumentano i segnali di sconfitta o, per lo meno, di imbarazzo.
Basti pensare a tutta la vicenda della povera Eluana con la contestazione che la posizione vaticana
ha suscitato quasi dappertutto. Una contestazione che sta salendo come non mai sia sulla grande
stampa che nell'opinione pubblica non specializzata. Basta pensare alle posizioni di Vito Mancuso e
altri. Mai, prima di oggi, una opposizione così estese e autorevole. Per non parlare dell'abbraccio, a
dir poco discutibile, fra le posizioni del papa e quelle di pensatori come Marcello Pera.
Come mai?
Che cosa sta succedendo nei palazzi d'Oltretevere? Non è facile dirlo. Ma si può con relativa
certezza, anche se con dolore, parlare del declino di un'epoca. Siamo al declino dell'epoca del
Concilio Vaticano II. Un'epoca che, con le importanti conseguenze che l'avevano caratterizzata,
aveva segnato una svolta. Fra le conseguenze penso, fra le altre, alla teologia della liberazione e a
tutta una fioritura di posizioni cattoliche che favorivano il dialogo e l'ecumenismo. Verso il mondo e
la cultura moderna, verso altre forme di cristianesimo e di religione.
Anni e decenni che oggi, alla
luce di quello che accade in Vaticano, sembrano lontani non decenni ma secoli. Sembrano mai
esistiti, appena accennati. Oggi sembra proprio prevalere la paura. Paura che si perda quella unità e
compattezza che secondo Roma costituisce l'essenza stessa della chiesa cattolica. Paura di quella
religione «fai da te» che si sta diffondendo nel mondo e che sfugge al controllo di Roma. La voce
incontrollata dei mass media si sta sostituendo a quella dei vescovi e dei parroci. Soprattutto, ma
non soltanto, in America Latina e in Africa. Logico l'imbarazzo di Roma, mentre non pochi
cominciano a pensare alla necessità di un altro concilio.
 

Filippo Gentiloni        il manifesto 28 gennaio 2009