Un testo per laici


Il tagliapietre Andrea opponeva lo schema della villa-tempio per il patriziato veneto alle
devastanti militarizzazioni delle città rinascimentali, usava il classicismo per rifugiarsi dalla
barbarie nelle braccia del Sacro. A cinquecento anni dalla sua nascita, la palladiana Vicenza reagisce
alla nuova furia autistica delle città "cainiche" dell'Occidente con l'operazione inversa: il Festival
biblico, che ha coinvolto, nella sua IV edizione, 30mila persone sul tema «Dimorare nelle Scrittu- ,
re», ha portato fuori dal tempio il testo sacro all'origine della laicità dell'Occidente, in qualche
modo de-monumentalizzandolo, per ricollocarlo nella mischia dei conflitti reali. Un modo
originale per cercare di alfabetizzare una puerilità religiosa derivata in larga parte dall'ignoranza
diffusa dei testi fondatori e dalle conseguenti, divaricanti letture preconcette, clericali da un lato,
laiciste dall'altro.

Un'operazione culturale complessa, mirata a decifrare l'attualità attraverso le Scritture, ma anche
a interpellare le Scritture mediante i "segni del tempo", mischiando i linguaggi di teologi (come
Gianfranco Ravasi), architetti (Mario Botta), urbanisti, monaci, artisti, sindacalisti eccetera. La
Bibbia è un libro non religioso, ha detto al Festival Amos Luzzatto, e merita chiavi di lettura non
confessionali al punto che sarebbe consigliabile proporne lo studio non già dentro l'ora di
religione nelle scuole pubbliche, ma come patrimonio culturale comune, interessante anche per
chi non si ritiene o non è credente. Una lettura laica, ha precisato Marinella Perroni, biblista al
Pontificio Ateneo S. Anselmo, non significa che sia fuori o contro la fede, significa partire dalla
sospensione delle appartenenze confessionali, al punto che lo stesso processo di secolarizzazione
potrebbe facilitare la riscoperta della Bibbia.

Dietro i Bersaglieri che entravano a Roma nel 1870 apparve al traino di un asino un carretto pieno
di Bibbie che facevano il loro libero ingresso simbolico nella città dei Papi. Era una risposta ai
divieti della gerarchia che avevano trattato la Bibbia da libro proibito. Pio IV nel 1564 e Benedetto
XIV nel 1757 avevano reagito alla Bibbia di Lutero condannando ogni traduzione in volgare. A
fine 800 Pio IX scriveva ai vescovi italiani una lettera per invitarli a impegnarsi «a ciò che le
pecorelle fedeli aborrano dalla pestifera lettura» della Bibbia tradotta.


Oggi che la gerarchia cattolica ammette il deficit biblico del cattolicesimo, resta da chiedersi se
anche l'insuccesso del Concilio Vaticano II, che aveva invitato la Chiesa a subordinarsi alla
Scrittura, non derivi piuttosto dall'annessione clericale della Parola divina che da carenze
organizzative. L'istituzione di Facoltà teologiche nelle Università di Stato continua a imbattersi
in veti non tanto di segno laicista ma ecclesiastico. E a Vicenza più d'uno dei biblisti cattolici
presenti ha lamentato il ritorno della Chiesa romana a un ecclesiocentrismo invasivo che esaspera
il conflitto tra una fede teologico-ecclesiastica e una fede biblica, finendo per rivendicare di
nuovo il monopolio sulla retta interpretazione della Scrittura, col risultato di esiliarla dai
processi di riforma e di raffreddare l'ecumenismo.

Giancarlo Zizola         Il Sole-24 Ore  29 giugno 2008