Un
passo indietro di mezzo secolo
Il principale canale televisivo pubblico di questo paese sta
dedicando ben quattro prime serate al
concorso di Miss Italia, in cui vengono scrutati e votati centinaia di corpi
femminili. Dubito che ciò
accada in altre nazioni progredite. La più nota manifestazione culturale di un
partito di governo si
chiama Miss Padania, celebrata alla presenza del suo segretario politico che è
anche ministro della
Repubblica.
Notevole clamore suscitò la presenza al Telegatto del futuro ministro alle Pari
Opportunità,
particolarmente ammirata in tale circostanza dall'attuale presidente del
Consiglio. La stessa Mara
Carfagna, del resto, deve la sua prima notorietà a spettacoli televisivi
incentrati sull'esibizione
seduttiva della femminilità.
La mercificazione del desiderio sessuale maschile è un fenomeno esasperato da
tale offerta
consumistica, che viene riconosciuta fra le cause principali del boom della
prostituzione. Comprare
le prestazioni di una donna – in un contesto culturale che autorizza la
mortificazione pubblica della
sua dignità – è scorciatoia considerata sempre meno riprovevole, come dimostra
l'espansione del
mercato anche fra i giovani e le fasce sociali abbienti. La fatica di un
rapporto sentimentale, la
ricerca di partner gratificanti in quanto corrispondono al modello pornografico
televisivo,
determinano fenomeni crescenti di violenza sopraffattrice e di impotenza.
Moltiplicano il bisogno di
incontri occasionali e le frustrazioni di coppia.
Eludendo tale enorme questione culturale, che incrementa il mercato delle
ragazze dell'est e di
colore con il falso mito della loro sottomissione, oggi il governo accomuna
nella sbrigativa nozione
di "reato" le prostitute e i loro clienti. Si illude di fare pulizia,
compiendo un passo indietro di
mezzo secolo. Al contempo bacchettona e sporcacciona, nel segno dell'ipocrisia,
la destra di
governo legifera sovrapponendo il volto di uno Stato intrusivo nel magma
dell'eros da marciapiede.
Quelle ragazze si vendono sotto giganteschi tabelloni pubblicitari di cui
riproducono la volgarità.
Tanto bastò, nel giugno scorso, perché un emendamento al decreto sulla sicurezza
poi ritirato le
indicasse tra le «persone pericolose per la sicurezza e la pubblica moralità».
Un binomio ideologico
che è tutto un programma: «sicurezza» e «pubblica moralità», ovvero Autorità e
Valori.
Ma ora che il disegno di legge Carfagna aggiunge tra i colpevoli pure i loro
clienti, il decisionismo
governativo deve per forza autolimitarsi, occupandosi solo della visibilità del
fenomeno: punibile
sarà la prostituzione di strada, indubbiamente sgradevole per molte categorie di
cittadini perché
contribuisce al degrado urbano.
Il ministro Carfagna dichiara «orrore» di fronte alle persone che vendono il
loro corpo, senza
distinguere fra coloro che lo fanno per scelta (quanto libera?) e quelle
sfruttate da organizzazioni
criminali. Si espone così all'obiezione della portavoce delle prostitute Carla
Corso, la quale le
ricorda che – sebbene in forma diversa – anch'essa ha utilizzato la
desiderabilità del suo corpo per
conseguire il successo professionale. Ma pur senza addentrarsi nel rapporto
elusivo e insincero con
il proprio passato del ministro Carfagna, è lecito chiederle: se la
prostituzione è un «orrore», perché
vietarla solo per strada?
Vietare la prostituzione di strada sarebbe accettabile – così come la legge già
punisce i rapporti a
pagamento con minorenni e il racket – se contemplasse ambiti legali e tutelati
per il sesso
mercificato. Invece la falsa categoria dell'«orrore» – che è solo un'invettiva,
una manifestazione di
disprezzo, e consente di chiudere gli occhi di fronte alla malattia dell'amore
degradato – viene
esibita per negare pure l'alternativa di una prostituzione esercitata in luoghi
più degni. Cioè per
evitare scelte politiche che la stessa dottrina cattolica accetta come
"riduzione del danno".
Non stupisce allora che la stessa Caritas si opponga al nuovo reato di
"prostituzione di strada",
denunciando il rischio di favorire lo sfruttamento nella clandestinità delle
persone più deboli. Così
come il "reinserimento nel paese d'origine" dei minorenni risponde più a una
logica di espulsione
sbrigativa che di accudimento pietoso.
Se davvero venisse applicato l'arresto e l'incarcerazione di prostitute e
clienti, al di là di qualche
retata spettacolare da trasmettere nei telegiornali, le nostre prigioni ne
verrebbero ben presto
saturate. Suppongo che le forze dell'ordine impegnate sul fronte del crimine
abbiano altre priorità, e
dunque non si preveda di andare oltre l'effetto dissuasivo e simbolico. Anche se
con la capienza
degli istituti di pena non si può scherzare a lungo: tra non molto, c'è da
giurarci, il decisionismo
governativo troverà il modo di importare pure in Italia il business delle
carceri private, unica
soluzione per una popolazione detenuta destinata a rapido incremento.
Avremo con ciò un paese più pulito o più sporco?
Davvero qualcuno crede che la lezione di morale
sessuale del ministro Carfagna risulti credibile ai suoi stessi elettori? E che
questa destra diretta
emanazione dello show business televisivo, specializzato in vallettopoli, sappia
tutelare il rispetto
per il corpo femminile?
La prostituzione è un fenomeno alimentato dalla povertà e dalla misoginia
reazionaria, cause
difficili da estirpare. E infatti secoli di storia del potere italiano,
clericale e libertino, narrano di vizi
occultati e di svergognate colpevoli puttane. Il futuro non promette di meglio.
Gad Lerner la Repubblica
12 settembre 2008