Un nuovo concilio
magari africano
Crea stupore la solitudine di papa Ratzinger. Dovrebbe invece meravigliare
il contrario. La storia
delle monarchie è storia di solitudini. L’isolamento è un dato costituzionale
del potere regale. La
monarchia papale non fa eccezione. È vero che Ratzinger è forse più monarca di
altri. Ma non è il
carattere personale che crea isolamento quanto l’assolutismo del suo potere di
derivazione diretta da
Dio. È emblematica la storia di un papa che quanto a carattere era
l’opposto dell’attuale pontefice:
papa Giovanni. Ai primi di novembre del 1958, il cardinale Dalla Costa,
l’arcivescovo di Firenze
sospetto al Sant’Uffizio per il suo antifascismo e la sua apertura conciliare e
sociale, di ritorno dal
Conclave, venne a trovarci all’Isolotto, in una delle visite che ci faceva di
frequente in rigoroso
incognito. «Abbiamo eletto un papa che vi piacerà», ci disse con quel risolino
ironico e ammiccante
che addolciva i tratti austeri e taglienti del suo volto scavato. Poiché
conosceva i suoi polli,
aggiunse: «Abbiate fiducia, aspettate e vedrete ». Aspettammo, ma sfiduciati.
Già i trionfalismi
dell’incoronazione ci avevano mal disposti verso questo papa. Presentava sì
tratti di bonaria
umanità, totalmente assenti dalla figura di Pacelli, ma mostrava, una cultura
tradizionalista e
curiale, inadeguata se non contraria ai cambiamenti che si rendevano sempre più
urgenti. Vennero,
poi, le mazzate. Nel dicembre 1958, un intervento vaticano vieta all’Università
cattolica del Sacro
Cuore di conferire la laurea honoris causa in scienze politiche a Jaques
Maritain. Poco dopo, un
ordine del Sant’Uffizio blocca la diffusione di «Esperienze Pastorali» di don
Milani, fino a lambire
lo stesso cardinale Dalla Costa. Agli inizi del 1959 viene allontanato da
Firenze padre Ernesto
Balducci. Il 4 aprile dello stesso anno il Sant’Uffizio rinnova, con la
dichiarata approvazione del
papa, la condanna contro i comunisti, allargandola perfino ai cattolici che con
i loro comportamenti
“favorivano” il comunismo. Nello stesso anno, il cardinale Feltin riceve dal
cardinale Pizzardo,
segretario del Sant’Uffizio, l’ingiunzione di chiudere l’esperienza dei preti
operai, creando ferite
tutt’ora aperte. Il nuovo papa appariva isolato, ostaggio della Curia vaticana.
Ben presto Roncalli si
accorse che egli, dal centro, poteva solo reprimere e soffocare. La riforma
della Chiesa non poteva
partire da lui. Non voleva essere un papa-riformatore. E concepì il
Concilio proprio per rompere il
centralismo romano, per far tacere i “profeti di sventura” e quindi liberare le
esperienze conciliari
delle periferie e dare spazio ai “segni dei tempi”. Non si possono dare consigli
a un papa. Se potessi
farlo gli consiglierei di smarcarsi dalla infida Curia e indire un bel Concilio
novo e di farlo magari
in Africa. Lo sai che svolta storica sarebbe il «Concilio Africano I»?
Enzo Mazzi l'Unità 14 marzo 2009