Un gesto che lascia il segno


Il gesto del card. Tettamanzi, è di quelli che lasciano il segno. Per la sua forza simbolica e perché marca una differenza. Ha i suoi limiti. Diciamoli subito. È chiara la mancanza di laicità. L'8 per mille a cui attinge il fondo di solidarietà è frutto di un compromesso spurio che calpesta fondamentali principi di autonomia, libertà e dignità dello stato e delle chiese. Utilizzarlo per scopi nobili è una specie di riduzione del danno. Meglio sarebbe rinunziare al privilegio.

Altrettanto evidente è la carenza di diritto. «Ogni individuo ha diritto… alla protezione contro la
disoccupazione», recita l'art. 23 della Dichiarazione universale dei diritti. Qui invece siamo alla
discrezionalità del privato: pericolosa per chi la offre che rischia il clientelismo e per chi la riceve
che deve riconoscenza.
Resta però la forza simbolica del gesto. Il quale s'inserisce nella grande tradizione di solidarietà e
mutualità dalla quale è nato il movimento dei lavoratori. E resta il solco che traccia rispetto al
carattere caritativo assistenziale della «normale» pastorale sociale ecclesiastica. Mi sembra di poter
rilevare un altro elemento di valore. Il gesto di Tettamanzi, così fuori dal coro, incoraggia il pluralismo nella Chiesa. È un sostegno ad esempio ai 5 preti fiorentini, fra cui chi scrive, che di recente hanno manifestato solidarietà verso Eluana e la scelta del padre considerata scelta di vita.
Normalmente - scrivono - «si identifica la Chiesa col Papa e i Vescovi, dimenticando che il popolo
cristiano è una realtà composita. Noi affermiamo che nella Chiesa, a tutti i livelli, c'è una legittima
pluralità di opinione. È una grande ricchezza che sia così».

don Enzo Mazzi      l'Unità 28 dicembre 2008