Un convegno senza chiavi

Anche se non tutti e non sempre lo hanno riconosciuto esplicitamente, il convegno ecclesiale di Verona è stato attraversato da una preoccupazione più o meno condivisa: la presenza dei cattolici nel nostro paese è insufficiente, non è all'altezza delle loro possibilità. Su questa diagnosi, tutti più o meno d'accordo. Incertezza sulla cura, fra chi, come il cardinale Tettamanzi, insiste su una maggiore apertura al dialogo e chi, invece, come il papa nella sua lezione, insiste sulla validità della dottrina, nell'insieme di ragione e fede.
Ma sui motivi profondi di una certa mancanza di voce non si è forse insistito abbastanza. Nel corso dei decenni è profondamente cambiato il panorama politico italiano: la fine della Democrazia cristiana ha segnato la fine, per la chiesa cattolica, di una grande possibilità: quella di parlare, da un centro aperto, sicuro e dignitoso, a tutti gli italiani. Oggi non più: oggi o destra o sinistra. Inevitabile la scelta, la preferenza e anche l'esclusione.
E chi non vuole né la preferenza né l'esclusione è necessariamente ridotto quasi al silenzio. E' quello che è accaduto - sta accadendo - alla chiesa italiana. Una sorta e di passo indietro e di riduzione ad alcune questioni soltanto, quelle più marginali e meno significative.
Un magistero che ha dovuto rinunciare ai capitoli più significativi della famosa «dottrina sociale» della chiesa (il lavoro, l'occupazione, l'avvicinamento dei poveri ai ricchi) per ripiegare su questioni di un'etica più confessionale e meno popolare, un'etica più interna al mondo cattolico. Quella che è emersa, appunto, dalla lezione del papa che è apparsa più attenta alle questioni particolarmente cattoliche che alle grandi questioni epocali, come l'immigrazione, la fame e la povertà nel mondo, il grande divario fra i ricchi e i poveri, la pace e le guerre.
E' probabile che i vescovi, pro bono pacis, come si suole dire, non vorranno scegliere fra una chiesa di sinistra e una di destra. Fra Prodi e Berlusconi. Sarà inevitabile, allora, una certa insignificanza, proprio quel silenzio sulla scena pubblica che il papa deplora. Un dilemma ben difficile da superare e per il quale lo stesso convegno di Verona non ha fornito le chiavi.

 

 

Filippo Gentilonil       il manifesto 22/10/06