UN ATTO CONTRO I CATTOLICI
C'è da
chiedersi, di fronte al discorso del cardinale Ruini all'assemblea permanente
della Conferenza Episcopale Italiana, in quale Paese il cardinale pensi di
vivere e quale rapporto abbia la gerarchia ecclesiastica che egli rappre-senta
con il mondo cattolico italiano. Sono trascorsi ormai più di trent'anni da
quando i cattolici italiani hanno di-mostrato con il voto di tanti di loro nel
referendum sul divorzio (1974) e poi sull'aborto (1981) di regolarsi sulle
grandi questioni della società in maniera auto-noma e indipendente dalle
gerarchie ecclesiastiche.
E sono passati ormai più di dieci anni da quando non esiste più un partito che
raccoglie i cattolici in quanto tale, ma cattolici sono presenti in tutte le
for-mazioni politiche della Repubblica, a destra come a sinistra. Chi scrive ha
da molto tempo amici che distingue per il grado di affinità politica e culturale
ma non certo in base al fatto che siano cattolici oppure no. Insomma le grandi
battaglie civili repubblicane, come la fine del partito cattolico, hanno segnato
per fortuna ormai da tempo la laicizzazione della politica e la distinzione in
base alle idee che si hanno sulla società e non in base alla fede religiosa o ad
altre caratteristiche di tipo confessionale.
E, alla luce di simili considerazioni che difficilmente lo stesso cardinal Ruini
potrebbe negare o respingere in maniera pregiudiziale giacché sono dati
obbiettivi della nostra storia recente, il suo discorso che chiede alla politica
italiana di non legiferare sui Pacs e di limitarli alla sfera del contratti di
diritto privato (cosa già possibile con la legislazione vigente) non appare
soltanto come una discutibile interferenza sull'attività legislativa in corso
(visto che esistono già diverse proposte di legge sia della maggioranza che
della opposizione) ma anche e soprattutto come una vera e propria ghettizzazione
dei cattolici in Italia.
Quelli che dovrebbero essere - secondo la dottrina cattolica - il "sale della
terra" e andare nel vasto mondo a portare le verità del vangelo sono spinti da
un simile atteggiamento a rimanere distinti e separati dal resto della società,
essere lodati se seguono le direttive della Chiesa (come fa tardivamente l'ex
radicale Rutelli alla ricerca del mitico "centro") e invece additati
negativamente (come accade a Romano Prodi) se ragionano con l'autonomia e
l'indipen-denza conquistata in questi anni.
Il risultato è negativo prima di tutto per il mondo cattolico a cui il
presidente della Cei crede di parlare e poi per l'intera società politica e
civile italiana che è ricacciata indietro in una situazione peggiore di quella
che c'era quando esisteva il partito cattolico volto a me-diare di continuo tra
le esigenze delle gerarchie ecclesiastiche e dunque quasi sempre consapevole
della necessità di non portare la Chiesa in prima linea nella politica
nazionale.
Il fatto è che una questione come quella dei patti di solidarietà civile di cui
ha parlato il leader dell'Unione risponde ad esigenze di giustizia e di civiltà
che nulla hanno a che fare con questioni di fede o di difesa dell'istituto
attuale del matrimonio (art. 29 della Costituzione) e non può essere affrontato
come un problema che riguardi soltanto le coppie omosessuali giacché concerne le
une e le altre.
Le conseguenze di una legge sui Pacs sono importanti proprio perché final-mente
consentirebbero a persone che hanno liberamente scelto la convivenza piuttosto
che il matrimonio di usufruire di diritti che oggi non esistono, e non
potrebbero esistere attraverso contratti di diritto privato, come il diritto ad
assistere il proprio compagno in ospe-dale, a prendere decisioni decisive per la
sua salute. I contratti di diritto privato, al contrario, non eliminano la norma
attuale sulla quota legittima di eredità e vietano che un compagno possa
disporre sulla modalità dei funerali e della sepol-tura del convivente. E si
potrebbe continuare ancora su tanti diritti riservati ai coniugi ma non ai
conviventi, anche se si tratta di convivenze ultradecennali.
Di fronte a dichiarazioni come quelle di Ruini o a prese di posizione come
quelle di Rutelli si rischia di esser presi da una crisi di rabbia o di
malinconia. Perché si vuole ancora oggi racchiudere i cattolici in un ghetto? E
che senso ha oggi una battaglia contro le coppie omosessuali?
di Nicola Tranfaglia l'Unità - 20 settembre 2005