Tutti pazzi per il modello americano

Con la svolta dell'89 va in crisi l'Europa, sia nella versione Urss che in quella socialdemocratica

 

Il fallimento dell'esperimento sovietico e l'eclisse della «politica progetto» socialdemocratica europea hanno dato egemonia alla politica del primato dell'economia, stilizzata nel modello Usa. Per esso la politica è un servizio in funzione dell'interesse economico, un servizio che ha la forma del governo delle politiche pubbliche. Nel grande paese la politica ha da sempre la forma del governo delle politiche pubbliche (locali, statali, federali). Non vi è stato lì un 1789 e dunque nemmeno un 1989. Gli uomini e le istituzioni che pilotano l'opinione pubblica hanno il monopolio di quel governo; e pilotano anche l'ostracismo per la politica come politica progetto all'europea. Dopo il 1989 l'arena internazionale è stata occupata dalla pratica e dalla teoria politica, ispirata al primato dell'economia e legittimate dal declino della tradizione europea nella versione sovietica e in quella socialdemocratica. L'attenzione si è focalizzata sul modello Usa, in rodaggio lì sin dalla nascita del grande paese. Un rodaggio che ha una sua storia, culture, e una forte ideologia. Il modello ha la sua attrazione nel fatto che si basa sul semplice scambio del dare per avere tra due attori concreti. Lo scambio ha una consistenza materiale, privata, individuale che lega colui che decide a colui che esegue in una relazione diretta, senza bisogno di rappresentanza, di trattative, di collegialità, di ideologie del consenso e ancor meno di pratiche costrittive. E' inteso che le élites esercitano un controllo sulle risorse economiche del paese tale da soddisfare da un lato le proprie strategie di potere e dall'altro le aspettative dell'individuo, produttore, consumatore, elettore.

Il potere dello scambio
La politica nella forma del governo delle politiche pubbliche ha una dimensione locale (municipale), regionale (statale), nazionale (federale) con complessità che appunto crescono di livello ma non cambiano di natura: una relazione di scambio tra le parti alla ricerca del proprio privato interesse. In parallelo a livello politico c'è una testa, un voto e ecco eletto un amministratore, un governatore, un presidente, legittimato a far funzionare il rapporto di scambio, dove si intrecciano potere e consenso. Nell'ambito del governo locale il consenso è il risultato dell'incontro tra gli interessi delle parti coinvolte nella distribuzione delle risorse. Le parti sono da un lato gli amministratori locali, gli uomini dell'economia, dei servizi, dell'istruzione, del tempo libero e dall'altro i produttori-consumatori nella veste di elettori. La destinazione e l'uso delle risorse ha il suo punto d'equilibrio nelle aspettative differenti delle differenti parti. E dunque l'elettore si aspetta dall'amministratore che rispetti il programma per cui ha dato il suo voto. L'amministratore si aspetta che le élites economiche locali utilizzino le risorse loro attribuite per l'esecuzione del programma secondo le aspettative del governo locale e del suo elettorato. Gli uomini dell'economia sono la punta di diamante del modello, infatti è dall'utilizzo conveniente delle risorse pubbliche e private che dipende la sopravvivenza politica dell'amministratore, o l'arrivo del suo concorrente. E dunque l'amministratore è legato a chi ha ottenuto la risorsa economica secondo una logica di scambio, simile a quella tra datore di lavoro e lavoratore.

La soddisfazione delle parti
Si tratta sempre di uno scambio con l'obiettivo della soddisfazione delle parti e in quanto tale è politico. In agenda però non c'è il bene comune o l'interesse generale, caratteristiche della tradizione politica europea ma il vantaggio privato del singolo da cui discende il consenso politico per il sistema di potere. La politica come governo delle politiche pubbliche ha oggi una valenza ideologica ben più avvincente dell'esperimento sovietico e della stagione socialdemocratica europea. Difatti in ambedue le versioni la politica come progetto chiedeva al singolo di sacrificare la propria individualità in vista dell'esecuzione del progetto sovietico o del programma socialdemocratico. Era implicito il presupposto che il singolo si realizzava al meglio nell'azione collettiva secondo idee guida che sublimavano le sue personali aspettative. Invece la forma della politica basata sull'interesse economico ha come principio guida che ciascun individuo è legittimato a perseguire il proprio privato obiettivo di vita. Senza preoccuparsi del bene comune e dell'interesse generale. Senza preoccuparsi degli altri se non in relazione al proprio successo. Non esistono basi per azioni collettive giacché lo scambio prevede due soli attori, chi offre e chi prende. La privatizzazione dell'agire del singolo influenza le dinamiche della società. In essa c'è il mondo del lavoro dove domina lo scambio tra chi chiede e chi dà e c'è il mondo dopo il lavoro dove vi sono l'etnia, la religione, la cultura, e legami comunitari volontari.

La sfera politica e quella sociale
Sono questi legami le occasioni che consentono all'individuo di avere rapporti sociali. Non politici. Dal suo orizzonte culturale è sparita la politica come adesione a un obiettivo di interesse collettivo. Non c'è una cultura politica differente da quella potente e attraente del rapporto di scambio tra interessi privati. All'interno delle comunità etniche e religiose esistono organizzazioni o iniziative di sostegno etico/umanitario a favore di coloro che hanno difficoltà a integrarsi nella società dello scambio. Secondo l'ideologia sono difficoltà temporanee, se permangono l'individuo viene emarginato dalla sua comunità, escluso come socialmente inabile. E' una società che prevede come suo cittadino colui che vive per conquistare qualche suo privato obiettivo. Vi sono biblioteche intere di ricerche che definiscono il modello descritto come già compiuto e universale, la quadratura del cerchio delle antiche dispute europee su potere e politica, su élites e masse, su parlamento e governo e partiti. Nella comparazione tra il passato europeo e il presente americano il punto di partenza è la forza dell'ideologia americana. I suoi capisaldi sono i dogmi della libertà, della parità nello scambio, della capacità/forza/meritocrazia, posti alla base di una dinamica esistenziale considerata la più attraente possibile per l'uomo. Sono queste priorità da valutare nel loro inveramento nella vita quotidiana. Da un lato libertà, parità, capacità e dall'altro tre storie concrete di quanto la realtà sia differente dall'ideologia. In assoluto nulla di nuovo se non la peculiarità di questa ideologia così potente da marginalizzare la distanza tra parole e fatti. L'esperimento sovietico è sprofondato nel fossato esistente tra utopia e realtà. Con l'aiuto degli intellettuali che se ne sono lamentati e null'altro hanno saputo fare.

Le regole del contratto sociale
La peculiarità del modello Usa sta proprio nella sua resistenza alla prova dello stato reale delle cose. La resistenza ha più cause. La prima è per l'appunto la forza di un'ideologia secondo la quale il modello consente all'uomo di fare quello che l'uomo desidera per il suo personale successo. Senza vincoli esterni come nelle altre società. Il costo del successo è una questione privata che riguarda le capacità del singolo e lui solo. Le sue vittorie e le sue sconfitte non sono ascrivibili all'esterno ma a se stesso sulla base del contratto che nascendo ha stretto con il suo paese. Si tratta di un contratto dove le regole sono state elaborate nel tempo dall' élite del primato dell'economia, la quale ha via via consolidato le sue capacità di controllo ideologico e di potere di fatto. Sono regole che prevedono l'integrazione o l'estraneazione del singolo, spetta a lui adeguarsi o vivere ai margini. Iscriversi nelle liste elettorali oppure non votare, accettare sul posto di lavoro il rapporto di scambio a due senza pretendere sindacato e contratto, diventare membro di una comunità etnica, religiosa, ricreativa o altrimenti esistere senza identità socialmente riconosciute. Le regole infatti non prevedono portavoci o rappresentati per coloro che non si adeguano alle regole. Essi esistono perché per mantenersi in vita lavorano. Sono, però, una massa di lavoratori e consumatori senza voce che costituiscono involontariamente un'altra importante testimonianza di resistenza del modello alla prova della realtà. Infatti la massa senza voce vive ai margini e non è in grado di utilizzare alcuno strumento di dissenso dal modello semplicemente perché istituzionalmente non esistono strumenti. O si è dentro o si è fuori. Non è previsto essere dentro per cambiare le regole. C'è la libertà di accettarle o di rifiutarle. Ancora una volta è una scelta individuale che può essere cambiata dimostrando di essere capaci di integrarsi nella società del lavoro, nelle comunità del dopo lavoro, offerte dal modello. Nella vita del grande paese lasciare senza voce le masse è sempre stata una rendita di posizione di cui hanno storicamente goduto le élites economiche prima ancora di ricorrere all'ideologia con le sue norme che regolano l'integrazione del singolo o il suo ostracismo. Su tali norme si è venuto costituendo un ambiente sociale ben precedente al 1789. E' come se ancora Hobbes e Locke e Spinoz a dovessero raccontare come è l'uomo. Il modello prospetta infatti un ambiente per l'uomo dello stato di natura, forte e capace, l'uomo dello scambio, l'uomo solo.

Primato dell'economia
Libertà dell'individuo e solitudine dell'uomo contraddistinguono una società dove il dissenso, i conflitti, le tensioni, le lotte collettive, il cambiamento sono considerati desideri alla stregua di tradimenti nei confronti del proprio paese. E diversamente dal caso sovietico gli intellettuali sono integrati nel modello e forniscono alle élites economiche un gran sostegno. Suggeriscono strumenti e tecniche perché la politic a del primato dell'economia sia offerto come soluzione universale, la quadratura del cerchio del governo degli uomini. All'egemonia Usa si contrappone oggi la teocrazia di alcuni paesi, ex colonie europee, ex terzo mondo. Il resto del mondo, Europa in testa, sembra irresistibilmente attirato dal modello. Sino al 1989 nei paesi europei e in quelli a lungo influenzati dal modello europeo, la politica come progetto - e il progetto politico come strumento per cambiare la società - era un dato identitario irreversibile. Poi così come era successo all' ancien régime con lo stato-nazione, nell'immaginario collettivo la dissoluzione dell'Urss e l'eclisse socialdemocratica hanno coinciso con il declino della politica progetto. Dopo il 1989 politici e intellettuali europei che vi avevano fatto riferimento, hanno calato una saracinesca sull'intero passato e senza pudori si sono girati dall'altra parte. Difficile oggi trovare qualcuno disposto a dire no alla politica e alla società e alle comunità all'americana. A dire no e a proporre qualcosa di europeo.

Rita Di Leo   Il manifesto 4/7/2007