Tutte le paure del
Vaticano
Puntuale, in questi giorni di ripresa del nuovo anno scolastico, viene diffusa
una lettera della
Congregazione vaticana per l'Educazione cattolica che risale al maggio scorso ed
è rivolta alle
Conferenze episcopali di ogni parte del mondo. Qual è il contenuto di
questa lettera? La paura. La
paura del confronto, la paura del dialogo, la paura di un corretto insegnamento
della cultura
religiosa che aiuti le nuove generazioni a crescere senza più temere chi è di
confessione cristiana
diversa dalla cattolica, senza più aver paura di chi è di un'altra religione.
Insomma, anche questa
lettera è impregnata di paura di una scuola libera, in cui i valori siano
riconosciuti, riconoscibili, e
discutibili. Ciò che farebbe dell'insegnamento religioso una disciplina
interessante perché
permetterebbe un confronto di storie di vita e di esperienze diverse, un
crescere e imparare insieme
nella diversità.
Nella lettera firmata dal cardinale Zenon Grocholewski e dal monsignore
Jean-Louis Brugue's,
presidente e segretario del dicastero vaticano, si legge: «La natura e il ruolo
dell'insegnamento della
religione nella scuola è divenuto oggetto di dibattito e in alcuni casi di nuove
regolamentazioni
civili, che tendono a sostituirlo con un insegnamento del fatto religioso di
natura multiconfessionale
o di etica e cultura religiosa, anche in contrasto con le scelte e l'indirizzo
educativo che i genitori e
la Chiesa intendono dare alla formazione delle nuove generazioni».
Basta e avanza questa citazione per prendere atto, una volta di più,
dell'arroganza e della cecità che
abita le stanze vaticane. L'unico interesse è quello di difendere, là
dove questo ancora è possibile, in
Italia per esempio, posizioni grette e discriminatorie nei confronti
degli studenti e delle famiglie che
non sono cattolici romani o che sono cattolici ma hanno ormai maturato una nuova
visione del
problema. Il concetto di una comune cittadinanza non esiste, non interessa, e
non interessano i
numerosi documenti che provengono da diverse istanze e associazioni europee e
che invitano a
modificare i vecchi progetti didattici di insegnamento della religione.
In Europa le cose stanno diversamente e per la maggioranza dei paesi dell'Ue
questa lettera è
assolutamente inutile perché le autorità scolastiche sono autonome e legiferano
in libertà e
responsabilità anche in materia di religione. Ci si può chiedere, per rimanere
in ambito ecumenico,
quale valore abbia la Charta Oecumenica sottoscritta dalle massime
autorità cattoliche che si
impegnano «a promuovere l'apertura ecumenica e la collaborazione nel campo
dell'educazione
cristiana...» (II,3). La chiesa di Roma sottoscrive tante carte ma poi fa ciò
che vuole.
Avanti al centro a testa bassa, questa è la linea. Il fatto, poi, che questo
procedere a testa bassa
venga a cozzare con i principi stessi della Costituzione della repubblica, pare
non costituire
problema. Di ciò, purtroppo, non si discute neppure nell'ambito
dell'opposizione democratica e
parlamentare. Il che è di una gravità imperdonabile.
Ermanno Genre, docente di teologia pratica alla Facoltà valdese di
Roma il manifesto 10 settembre 2009