Il trionfo dell'anonimato

 Dai palazzi vaticani partono continuamente segnali che dovrebbero indicare il successo del cattolicesimo romano. Sia nei confronti delle altre religioni - islam compreso - sia, e soprattutto, nei confronti delle altre forme di cristianesimo. Roma insiste soprattutto nella fedeltà italiana: per gli altri paesi anche a maggioranza cattolica il discorso sarebbe molto più difficile.
Perciò valgono le cifre della presenza alla lezione di religione cattolica nelle scuole, dei battesimi e anche - ma molto meno - dei matrimoni (aumentano, però, le cifre dei matrimoni civili e dei divorzi). Il Vaticano sottolinea la cifra - enorme - delle frequenze in piazza San Pietro.
Non mancano, però, le indicazioni di segno opposto, da contrapporre alle prime. Basti uno sguardo alla editoria. E' significativo che nell'elenco delle copie dei libri venduti nel corso delle ultime settimane figuri, sì, il libro del papa su Gesù, ma accanto o subito dopo troviamo il «Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici)» di Piergiorgio Odifreddi. Subito dopo, nella graduatoria, l'«Inchiesta su Gesù» di Augias e Pesce, un libro di grande valore, certamente non anticlericale ma non «genuflesso». Contraddizioni anche in campo politico. Accanto ai molti politici «genuflessi» troviamo i sacerdoti che prendono parte - forse organizzano - le manifestazioni di Vicenza contro la presenza militare americana.
E così via. Una situazione complessa, difficile da interpretare, spesso contraddittoria. Anche perché si tratta di una situazione nella quale non manca il dissenso nelle sue varie forme, anche se difficili da scoprire.
Una situazione dominata più che mai dai mass media, sempre più onnipotenti. Con due conseguenze di estrema gravità. La prima è il posto preponderante attribuito ai «palazzi» e proprio al papa. Tutto il resto sembra quasi scomparso. Anche quel rapporto personale, quelle parole io-tu, che pure per secoli hanno costituito il collante, la forza di quella «assemblea» che, appunto, chiamiamo «chiesa». I media distruggono quell'essenziale contatto personale.
La seconda conseguenza, analoga, riguarda la struttura della chiesa: scompaiono quei gradini intermedi che per secoli ne hanno costituito la forza. Il «mio» parroco (o vescovo) perde di importanza: conta solo o quasi il papa che parla dal televisore.
Trionfa l'anonimato. Ma l'applauso in piazza San Pietro non è sinonimo della preghiera personale e non comporta l'accettazione delle beatitudini. Un bel problema per la chiesa - cattolica, ma non soltanto - del nuovo secolo.

 Filippo Gentiloni     Il manifesto 6/1/2008