Tra legge naturale e passione per la verità


L'«Almanacco di filosofia» pubblicato in questi giorni da Micromega porta un titolo a tre voci
molto significative: «Dio, nichilismo, democrazia». Dalla filosofia-religione, dunque, alla politica.
Un percorso di grande attualità, come dimostrano i molti nomi che prendono parte al percorso, da
Roberta De Monticelli a Vito Mancuso e molti altri.
Ai tre temi del titolo ne aggiungerei un quarto che nel complesso del volume ha un ruolo molto
significativo: la legge naturale.
Parecchi saggi, infatti, ne parlano, sia attaccandola, sia difendendola. Chi la difende (ad esempio
Monsignor Rino Fisichella) sostiene, secondo la tradizione cattolica, che è necessario che esista una
legge universale e assoluta, senza la quale è impossibile frenare il caos, il relativismo, l'anarchia.
Una legge che sarebbe iscritta - da Dio - nella stessa natura umana e che la chiesa individua e
sostiene.
Ma non pochi autori contestano questa tesi tradizionale. Ormai da secoli - le scoperte geografiche il
mondo è troppo pluralista e variegato perché si possa parlare di una natura umana al singolare.
Lo spiega uno dei saggi più interessanti, quello del direttore Paolo Flores D'Arcais: «Al centro della
controversia sul tema 'Dio nichilismo, democrazia' sta la questione del cognitivismo etico, ossia del
carattere, naturale, oggettivo delle norme. Ma la pretesa di poter conoscere una norma
universalmente cogente... si rivela una necessità puramente consolatoria. Mentre la filosofia deve
restare passione per la verità
».
Tutto o quasi il volume insiste su questa «passione per la verità».
Un altro saggio importante, a firma di Gustavo Zagrebelsky, dimostra come la difesa della presunta
legge naturale abbia portato la religione cattolica a diventare una 'religione civile' «incompatibile
con la democrazia: implica, infatti, il privilegio, mentre la democrazia esige l'uguaglianza».
Uno spostamento di prospettive che è sotto i nostri occhi, di estrema gravità. Ancora Zagrebelsky:
«La religione civile come pratica religiosa dei sacerdoti a vantaggio non della vita eterna delle
anime ma come salute dei popoli e delle città e come fattore connettivo, o presupposto
socializzante, della convivenza delle comunità umane
».
Molto scarsi, a tutt'oggi, i segni di un ravvedimento cattolico.

Filippo Gentiloni      il manifesto 16 novembre 2008