Tolstoj? Uno che
insegnò la nonviolenza a Gandhi
I sindaci di Firenze, Venezia, Verona e delle altre città che quest'estate hanno
emesso ordinanze
contro i mendicanti che chiedono la carità davanti alle chiese o sui marciapiedi
dove passano i
turisti intenti a fare shopping, forse non sanno che i tanti cittadini,
cattolici e laici, che si sono
indignati per un provvedimento così odioso e stupido, hanno un predecessore
illustre, il conte Lev
Nikolaevic Tolstoj.
«Una sera d'inverno del 1891, a Mosca, stavo andando alla porta Borovickaja;
presso di essa sedeva
un vecchio, un accattone sciancato, avvolto in cenci fino alle orecchie.
Estrassi il borsellino per
dargli qualcosa. In quel momento dal colle del Cremlino accorse un giovane. Il
mendico, visto il
soldato, balzò in piedi impaurito e corse zoppicando giù verso il giardino di
Alessandro. Il
granatiere prese a inseguirlo, ma si fermò senza raggiungerlo e si mise a
rimbrottare l'accattone
perché non dava retta ai divieti e sedeva presso la porta. Attesi là il
granatiere. Quando giunse alla
mia stessa altezza, gli chiesi "Hai letto il Vangelo?" "L'ho letto." "E hai
letto: - Colui che darà da
mangiare all'affamato ... -?" Al che il poliziotto rispose "E tu hai letto il
nostro regolamento
militare?". Dissi che non l'avevo letto. "Allora non parlare", replicò il
granatiere, scuotendo
trionfalmente la testa e si diresse con baldanza verso il suo posto di vedetta».
(L. Tolstoj, La mia
fede , Giorgio Mondadori, pag. 43-44).
Il problema dell'obiezione di coscienza è tutto in questo dialogo. Quando
la regola sociale non
coincide con la regola morale, si creano le condizioni dell'obiezione di
coscienza. Il suo contenuto
fondamentale è il rifiuto di una legge, o di un ordine costituito, quando questi
vogliono nascondere
o far accettare situazioni di violenza, di ingiustizia o di oppressione.
Tutti sanno che Leone Tolstoj (28 agosto 1828 - 28 ottobre 1910) è il grande
romanziere russo che
ha scritto un capolavoro della letteratura mondiale come Guerra e pace , ma egli
fu anche educatore
e riformatore religioso e sociale, nonché propugnatore della nonviolenza. Gli
ultimi 30 anni della
sua vita, dai 52 agli 83 anni, sono stati consacrati ad una attiva opera di
proselitismo del
cristianesimo nonviolento. Nel 1880, mentre ancora stava scrivendo Anna Karenina
, attraversò una
profonda crisi personale (poi raccontata in Confessione ): avvertiva un senso di
vuoto e di inutilità
che lo portò anche sull'orlo del suicidio. Apparteneva all'aristocrazia, era un
ricco latifondista,
proprietario di servi, famoso ed ammirato in tutta Europa, ma fondamentalmente
insoddisfatto; si
sentiva in piena contraddizione fra le sue idee e il suo modo di vivere. Vedeva
le profonde
ingiustizie del sistema zarista, nel quale era comunque inserito. Riuscì a
superare la crisi
esistenziale riscoprendo l'autenticità del messaggio evangelico, denunciando la
compromissione con
il potere della chiesa ortodossa russa e cercando di vivere in coerenza con il
Discorso della
Montagna. Da allora avvenne la sua personale conversione. Trascurò la narrativa
e si dedicò alla
pubblicazione di scritti di carattere religioso, sui problemi sociali. E' in
quel periodo che scrive il
libro Che fare? , dedicato alle terribili condizioni della povertà urbana, al
degrado fisico e morale
che accompagnava la rapida urbanizzazione dei contadini richiamati a Mosca dalle
nascenti
fabbriche. Comprese che il benessere delle classi privilegiate affondava le
radici nella
disuguaglianza sociale. La soluzione che indica è quella di rinunciare alla
proprietà privata, e
invitare ognuno a vivere del proprio lavoro manuale: «nessuno deve sfruttare gli
altri, ed ognuno
deve tagliarsi la legna con cui cuoce il proprio cibo», una sorta di "comunismo"
evangelico.
Nel libro Resurrezione , Tolstoj indica i suoi cinque fondamentali
comandamenti:
L'uomo non deve mai uccidere il proprio simile ma nemmeno adirarsi con lui.
L'uomo non profani la bellezza di una donna facendone strumento del proprio
piacere.
Mai promettere niente sotto giuramento.
Perdonare le offese, non rifiutare nulla di ciò che gli altri ti chiedono.
Amare, aiutare e servire tutti, anche i propri nemici.
Tolstoj si avvicinò sempre di più ad una interpretazione letterale del vangelo,
cercando di
apprendere da esso insegnamenti pratici per la vita quotidiana. Riassume la
propria personale
filosofia cristiana nel libro Il Regno di Dio è in voi . Fu proprio leggendo
questo testo che
Mohandas Karamchand Gandhi, avvocato indiano intento a difendere i diritti dei
lavoratori suoi
connazionali immigrati nel Transvaal, in Sudafrica, trovò la fede nella «non
resistenza al male» e ne
scoprì le grandi potenzialità pratiche. Nell'autobiografia Gandhi scriverà: «La
sua lettura mi
entusiasmò. Ne ebbi un'impressione indimenticabile. A quel tempo io credevo
nella violenza. Quel
libro mi curò dallo scetticismo e fece di me un fermo credente nell' ahimsa ».
E' grazie
all'ispirazione di Tolstoj che Gandhi applica la nonviolenza anche sul piano
politico. Tra l'ottobre
1909 e il novembre 1910 fra i due vi è un carteggio di sette lettere (quattro di
Gandhi - allora
quarantenne - , tre di Tolstoj - ormai ottantatreenne). Gandhi ha un'ammirazione
sconfinata per
Tolstoj, che considera uno dei pensatori più lucidi del mondo occidentale, tanto
da intitolargli,
ancora vivente, la fattoria "Tolstoj farm", messa a disposizione dei "resistenti
passivi".
Gandhi sintetizza così il Tolstoj-pensiero: gli uomini non devono accumulare
ricchezze; per quanto
male ci faccia una persona dobbiamo fargli del bene; occorre badare più ai
propri doveri che ai
propri diritti; l'agricoltura è la vera occupazione dell'uomo; è contrario alla
legge divina costruire
grandi città, per costringervi centinaia di migliaia di persona a lavorare alle
macchine e a far
arricchire alcuni sfruttando il lavoro di altri che rimangono poveri.
Tolstoj considera la nonviolenza di Gandhi «l'opera più centrale, più importante
fra tutte quelle che
si svolgono attualmente nel mondo, e di essa saranno partecipi necessariamente
non solo i popoli
del mondo cristiano, ma quelli di tutto il mondo». E in una lettera aggiunge:
«Penso che vi farà
piacere sapere che anche da noi in Russia quest'attività si sviluppa rapidamente
nella forma del
rifiuto del servizio militare, che si fa ogni anno più diffuso». Gandhi
raccoglie subito
l'insegnamento e lo rivolge ai suoi seguaci: «Non resistete al male, ma
non partecipate voi stessi al
male, nelle azioni violente dell'amministrazione dei tribunali, della raccolta
delle tasse e, più
importante ancora, degli eserciti; e nessuno al mondo vi ridurrà in schiavitù».
Il pacifismo di Tolstoj è radicalmente antimilitarista. Ci furono molti giovani
che in nome degli
ideali tolstojani rifiutarono il servizio militare e qualcuno anche morì per le
privazioni cui venne
sottoposto. Ciò scosse molto Tolstoj, che vedeva i suoi discepoli andare
incontro alla morte. Molti
testi tolstojani dell'epoca furono proibiti dalla censura zarista per il loro
contenuto "sovversivo" e
per impedire lo sviluppo del movimento pacifista tolstojano. Tuttavia le idee
contro la guerra dello
scrittore russo si andavano diffondendo in tutta Europa, tanto che egli diventò
autorevole difensore
morale di tanti giovani obiettori di coscienza. Nel 1896 scrive I tempi sono
vicini per difendere Van
der Weer, obiettore olandese dell'epoca: «La dottrina cristiana prescrive
la non resistenza al male;
essa gli ordina di amare tutti gli uomini; il cristiano non può dunque essere
soldato, vale a dire
appartenere ad una classe di persone la cui sola ragione di essere è di uccidere
i propri simili. Così i
veri cristiani hanno sempre rifiutato, come ancora rifiutano, di sottomettersi
al servizio militare. Ma
vi sono sempre stati pochi cristiani».
Tolstoj denuncia con forza lo stretto legame esistente fra violenza ed economia.
«Tre sono le cause
della guerra: ineguale ripartizione dei beni, esistenza dell'ordine militare,
dottrine religiose
ingannatrici... Finché profitteremo delle ricchezze privilegiate, mentre le
masse saranno oppresse
dal lavoro, ci saranno sempre guerre. Non vale la pena di rifiutare il servizio
militare e nella polizia
ed ammettere la proprietà, che si mantiene soltanto per mezzo del servizio
militare e della polizia».
Sono tre i principi fondamentali del pacifismo tolstojano. Il primo: «Come non
si può asciugare
l'acqua con l'acqua, non si può spegnere il fuoco con il fuoco, così non si può
distruggere il male
con il male». Per eliminare il male occorre una forza di segno contrario:
l'amore. Se si aggiunge
violenza a violenza, la somma totale della violenza non può che crescere.
Il secondo principio è la non-collaborazione. Per eliminare ogni forma di
violenza e oppressione
politica, basta non parteciparvi: «Rifiutare il servizio militare, rifiutare di
fare il giudice, l'avvocato,
il politico, di lavorare le terre altrui ecc. Ogni oppressione infatti si fonda
sulla complicità degli
oppressi».
Il terzo principio, per la lotta contro il male: «Verrà distrutto il male fuori
di noi, solamente quando
lo avremo distrutto in noi». Il male può toccarci solo se in un modo o
nell'altro vi partecipiamo. E
non vi è nulla di più dannoso per gli uomini del pensare che le cause della loro
situazione non
risiedono in loro stessi, ma in condizioni esterne.
Quando Tolstoj muore, Gandhi scrive: «Il grande Tolstoj ha lasciato il suo corpo
terreno, ma non
può esserci morte per l'anima di Tolstoj. Il suo nome resterà sempre immortale"
( Indian Opinion ,
26 novembre 1910).
Oggi comprendiamo meglio la grandezza di Leone Tolstoj e la modernità del
suo cristianesimo
nonviolento, che ha unito Oriente e Occidente; il suo messaggio, a 180 anni
dalla nascita del
pensatore, è ancora strumento vivo e utile per opporsi alle guerre di oggi,
mentre le ordinanze dei
sindaci di Firenze, Venezia, Verona, contro i mendicanti, sono roba
dell'ottocento, come il granatiere
di vedetta al Cremlino.
Mao Valpiana* Liberazione 26
agosto 2008
*direttore di "Azione nonviolenta"
an@nonviolenti.org
www.nonviolenti.org