Togliere il sacro dalle scelte degli uomini
La sentenza della corte di Cassazione che
pone fine al dramma di Eluana Englaro e consente la liberazione dalla prigione
in cui è stata rinchiusa per sedici anni apre una stagione culturale nuova.
Credo che non sia affatto esagerato considerarla un segno del procedere
evolutivo della specie umana in campo etico. E' una tappa importante dell'esodo
storico dal dominio del sacro. E' una spinta decisiva a desacralizzare un
concetto ossificato e ormai inadeguato del vivere e del morire, del noto e
dell'ignoto. Riapre la ricerca sul senso della esistenza, sulla natura e su Dio.
Abbiamo bisogno di occhi nuovi. Ci può esser di aiuto avvicinare
l'esperienza di Pierre Teilard de Chardin, gesuita, teologo, grande scienziato,
geologo e paleontologo. Professore all'Istituto cattolico di Parigi, poi
ricercatore in Cina e quindi negli Stati uniti dove è morto nel 1955. Attraverso
la sua indagine sulla evoluzione biologica giunge alla convinzione che l'ordine
etico è nel futuro, non nel passato: cioè va costruito. L'universo si dipana
nella libertà e nell'autonomia nutrite di relazioni. E sono precisamente questi
valori di trasformazione che costituiscono il compito umano di «costruire la
terra- costruire la natura-costruire Dio». Dio è lì, nella trasformazione, non
nella fissità. Nello stesso periodo, anni 50, sosteneva cose simili Ernst Block,
marxista antidogmatico ed eretico, autore del Principio-speranza. Si possono
avvicinare esperienze e idee simili, vissute e pagate di persona, con senso
critico, ma aprendosi agli orizzonti nuovi che lasciano intravedere.
Ripeto, ci occorrono occhi nuovi. Una nuova percezione della natura
comporta una profonda modificazione nella consapevolezza del rapporto fra vita e
morte. Noi percepiamo la morte come separata dalla vita, anzi contrapposta alla
vita. In particolare il cristianesimo ci ha abituati fin da piccoli a
considerare la morte come punizione per il peccato: «A causa di un solo uomo
(Adamo) il peccato è entrato nel mondo e col peccato la morte e la morte si è
estesa a tutti perché tutti hanno peccato» (Lettera di Paolo apostolo ai
Romani). E non è forse una tale contrapposizione fra vita e morte che rende
tanto aggressivo l'«ordine» mondiale in cui viviamo? Mentre portiamo avanti
l'impegno politico e sociale per la giustizia e la pace e anche per scelte
politiche adeguate alle nuove frontiere dell'etica, al tempo stesso dobbiamo
sporgerci oltre la dimensione socio-politica della lotta. E questo vale anche
per l'impegno intraecclesiale che non può limitarsi a rincorrere con la critica
scelte inopportune o errate delle gerarchie. Bisogna andare finalmente alle
radici.
Va eliminata la sacralità come funzione del potere, del dominio e della
espropriazione dell'uomo. Non ci può essere cultura di pace se non con la
eliminazione del sacro: la fine del sacro è la fine della cultura di guerra (E.
Balducci).
«Mia figlia - ha testimoniato Beppino Englaro - aveva un senso del morire come
parte del vivere e non avrebbe accettato di essere una vittima sacrificale di
una concezione sacrale della vita come realtà separata e opposta alla morte».
Eluana e i suoi genitori ci siano di esempio: hanno fatto una scelta di grande
valore simbolico e profetico, hanno portato a compimento la desacralizzazione di
un concetto inadeguato del vivere e del morire, e hanno riaperto la ricerca sul
senso della esistenza.
E ora puntiamo al testamento biologico che riconosca e rispetti l'autonomia
della persona nutrita di relazioni.
Enzo Mazzi Il manifesto 14/11/08
Meglio l’amore di divieti e direttive
Che la parte più viva del laicato cattolico italiano si senta un po’ come “il
brutto anatroccolo” (per
usare il titolo di un bel libro di Fulvio De Giorgi, ed Paoline) è fuori dubbio.
Alcuni si sentono così disconosciuti da ripiegarsi sulla nostalgia e rinunciare
all’impegno. Altri
resistono e rivendicano il diritto-dovere di crescere e diventare quel cigno (o
quella colomba di pace
e di fraternità) che il Concilio aveva profetizzato per loro.
Così si stanno moltiplicando gruppi, piccole associazioni, reti, siti e blog,
convegni con lo scopo di
scambiarsi le proprie esperienze ecclesiali, delusioni e speranze. Aggiornamenti
sociali (di
novembre) intitola l’editoriale del direttore padre Sorge “Per una Chiesa
audace” che cita il
cardinale Martini: «Se vogliamo proteggere la famiglia e promuovere la
fedeltà coniugale dobbiamo
rivedere il nostro modo di pensare. Illusioni e divieti non portano a nulla».
E ricorda anche una
parola di Benedetto XVI nella Deus caritas est: «Il cristiano sa quando è
tempo di parlare e quando
è giusto tacere di lui e lasciar parlare soltanto l’amore. Egli sa che Dio è
amore e si rende presente
proprio nei momenti in cui nient’altro viene fatto fuorché amare». In
realtà qualche volta (e
soprattutto su certi temi) sembra che alcuni cristiani ecclesiastici giudicano
necessario dare molti
divieti e direttive; mentre altri cristiani, laici ma non solo, credono meglio
lasciar parlare l’amore. E
ritorna il tema della laicità, sul quale la stessa rivista dei gesuiti di Milano
apre un forum ospitando,
come primo intervento, uno studio di Armido Rizzi su “Esperienza morale e
laicità”.
Anche il mensile dei padri dehoniani di Bologna, Evangelizzare a novembre dedica
il Dossier alla
laicità con interventi di Enzo Bianchi, Daniele Rocchetti, Filippo Pizzolato,
Enzo Biemmi…
Rocchetti intervista anche il giornalista Damilano, autore del libro Il partito
di Dio. La nuova
galassia dei cattolici italiani che spiega come l’interventismo politico
dell’episcopato sta
provocando un indebolimento non solo del laicato, ma della presenza viva della
Chiesa nella
società.
E cita: «Per un prete quale tragedia più grossa di questa potrà mai venire?
Esser liberi, avere in
mano sacramenti, camera, senato, stampa, radio, campanili, pulpiti, scuola e con
tutta questa dovizia
di mezzi divini ed umani raccogliere il bel frutto di essere derisi dai poveri,
odiati dai più deboli,
amati dai più forti. Aver la chiesa vuota, vedersela vuotare ogni giorno di più…».
E ancora: «Il
mondo cattolico è un mondo serio, ha tutto da perdere nella spettacolarizzazione
di massa». Parole
di pericolosi eretici? Ma no: la prima è di don Milani, la seconda è di De Rita.
Angelo Bertani
in Europa 14 novembre 2008